Etimologia: Il termine èctima deriva dal greco (èkthyma = pùstola). Il termine ORF deriva invece dal tedesco (schòrf = cròsta).
Sinonimi: stomatite pustolosa contagiosa degli ovini e caprini, sheep and goats scabby mouth (bocca crostosa degli ovini e caprini), vaiolo da stalla (barnyard pox).
Cenni storici: le prime notizie su questa malattia risalgono al 1520, ma solo nel novembre 1937 il Dermatologo scozzese Dr. Grant Peterkin, riuscì a dimostrare che il contagio nell'uomo, potesse avvenire da una pecora infetta. La denominazione di "ectima contagioso" (contagious ecthyma) risale invece agli anni '60 ad opera del Dermatologo inglese Dr. Robert Douglas Sweet. Finora tale patologia è stata descritta unicamente nella razza bianca.
Come si presenta: si tratta di una malattia esantematica autolimitante che si trasmette dagli animali infetti (generalmente agnelli e capre) all’uomo (es: contadini, pastori, veterinari). Una volta contratta, essa conferisce immunità permanente. Essa è causata da un'infezione da parapoxvirus ovis (PPOV) e colpisce prevalentemente gli ovini giovani. Dopo circa 10 giorni di incubazione, il parapoxvirus ovis causa negli animali infetti una stomatite (bocca crostosa o scabby mouth) e nell'uomo delle macule rossastre sulla cute, che si trasformano rapidamente in pustole (rilievi cutanei contenente pus). Man mano che passano i giorni, la pustola diventa man mano un nodulo essudante (vedere foto) ricoperto da una crosta che cade dopo qualche giorno senza lasciare cicatrici. Nell'uomo il numero di noduli varia da 1 a 10, mentre forme più diffuse si possono riscontrare negli immunodepressi. Le lesioni cliniche sono abbastanza caratteristiche (foto) ma la diagnosi di certezza è di tipo istologico (degenerazione ballonizzante dei cheratinociti, nel cui citoplasma si riscontrano inclusioni eosinofili simili ai corpi del Guarnieri). Alla microscopia elettronica è possibile osservare il virus nel citoplasma dei cheratinociti. Gli esami del sangue sono generalmente normali. In alcuni casi può insorgere un'eritema polimorfo a distanza di circa 2 settimane dall'insorgenza della malattia. Febbre ed orticaria sono state descritte in pochissimi casi. Attualmente non esiste una terapia specifica e nella maggior parte dei casi, la guarigione avviene spontaneamente. Le terapie dermatologiche locali (es: acido fusidico, mupirocina, clorexidina, perossido di idrogeno, fucsina fenica, eosina, etc) per via orale servono per lo più a prevenire e trattare eventuali sovrinfezioni da Staphylococcus aureus o da Streptococco beta emolitico. Nell'animale si può praticare invece la vaccinazione. Sebbene questa patologia sia abbastanza diffusa negli agnelli, solo raramente attacca l'uomo.
I giovani animali (agnelli) sono più esposti alla malattia perché hanno le difese immunitarie meno efficienti rispetto agli adulti e cominciano a sviluppare noduli infiammatori vicino alla bocca. Spesso negli agnelli, vi si può associare la comparsa di papule marroni, intorno alla bocca, alla mammella e alla vulva. Nel periodo primaverile il personale agricolo che si occupa della stalla è più esposto alla malattia, mentre in autunno (periodo della tosatura) è proprio il pastore ad essere più a rischio di contagio. Anche il veterinario che viene a contatto con l'ovino infetto è a rischio di ectima contagioso ORF.
In molti casi, alcuni giorni dopo la comparsa dei noduli, può insorgere una sintomatologia intensamente dolorosa agli arti, dovuta alla linfangite (infiammazione transitoria e reversibile dei vasi linfatici). Più raramente si può osservare un rigonfiamento temporaneo dei linfonodi (linfoadenopatia regionale). La patologia si trasmette normalmente da animale infetto ad animale sano e solo raramente da animale infetto ad uomo. Normalmente non si trasmette da uomo ad uomo, sebbene in letteratura il Prof. James Buchan abbia segnalato nel 1995, gli unici 3 casi al mondo di sospetto contagio interumano. (James Buchan - Orf: An overview. Dermatol Pract November/December:9, 1995). La guarigione, sia per l'uomo che per l'animale, avviene mediamente in 4-6 settimane.
Il contatto con le pecore o i prodotti delle pecore è la causa più frequente di infezione agli esseri umani. Il parapoxvirus penetra infatti nella cute umana attraverso i tagli o le abrasioni. Attualmente, si sta sperimentando per gli animali un vaccino avente come subunità il gene F1L del parapoxvirus. E' importate praticare la vaccinazione ORF degli ovini, così come è importante evitare ai cani di mangiare le frattaglie degli ovini che muoiono nei cespugli.
L'ectima contagiosa ORF, come tutte le zoonosi, va segnalata al Servizio Veterinario della propria ASL. I veterinari dell’azienda sanitaria oltre a fornire informazioni sulla malattia eseguiranno delle indagini per stabilirne l’origine e la diffusione e metteranno in atto le misure sanitarie necessarie di prevenzione. Sia l'uomo che gli animali affetti da ORF, una volta guariti, difficilmente si reinfettano. Negli ambienti agricoli, il virus può rimanere attivo per anni, rappresentando un problema per i piccoli agnelli, in grado di infettare il gregge (raramente capre, conigli, camosci, renne, cammelli, scoiattoli) e solo in pochissimi casi interessa l'uomo come malattia professionale.
Il virus: il parapoxvirus ovis (detto anche ORF virus) è molto resistente e sopravvive per mesi sui recinti, sulle mangiatoie e nelle stalle (infatti la ORF era denominata un tempo “vaiolo da stalla”. Chiaramente la patologia è completamente benigna sia per l'uomo che per l'animale, e non ha niente in comune con il vaiolo. Date le sue grosse dimensioni (250 x 160 nm) il parapoxvirus ovis è tra i virus più voluminosi. Il parapoxvirus ovis ha un DNA a doppia elica (di circa 140 Kbp), è lievemente più piccolo degli ortopoxvirus e rispetto a questi contiene nel proprio DNA una percentuale molto alta di coppie di basi G-C (circail 64%). Si distingue dagli altri parapoxvirus perchè ha una forma ovoidale. Questo virus resiste al calore (es: a 58°C per 30 minuti), ai solventi, ai comuni disinfettanti e al cloroformio. Il parapovxirus ovis ha una predilezione per l'epidermide, causando un'iperplasia cellulare autolimitante. Il virione è ovoidale e circondato in modo regolare da tubuli di superficie. Nella foto in alto possiamo osservare un parapoxvirus ovis al microscopio elettronico a circa 600.000 ingrandimenti, colorato con acido fosfotungstico, in grado di evidenziare la struttura tubulare. I parapoxvirus ovis sono i più grandi virus animali e ciò permette l'osservazione in microscopia ottica a contrasto di fase o in preparati colorati. Le particelle virali (corpi elementari) hanno una struttura centrale, detta nucleoide, circondata da due strati membranosi. La superficie è ricoperta da creste che possono essere tubuli o filamenti. Il parapoxvirus ovis, esprime un antigene di membrana denominato VEGF-like, in quanto simile al fattore di crescita endoteliale. I cheratinociti esprimono sulla membrana un recettore VEGF receptor 2, in grado di legare l'antigene virale. A questo punto, il virus entra nel citoplasma del cheratinocita per fagocitosi, e vi libera il DNA, senza tuttavia provocare la lisi cellulare. Il virus produce una proteina che inibisce la produzione di interleuchina 2.
a cura del Dott. Del Sorbo Medico Chirurgo - Specialista in Dermatologia e Malattie Veneree
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