I livelli di testosterone non sono correlati soltanto alla fertilità dell'individuo; l'influenza sulla capacità riproduttiva è infatti affiancata da un importante supporto a diverse funzioni "esistenziali", come quelle metaboliche, cardiovascolari, locomotorie, psichiche, comportamentali e sociali. Alti livelli di testosterone, spesso frutto di sconsigliatissime pratiche dopanti, si accompagnano tipicamente ad un aumento dell'aggressività, della libido e delle masse muscolari, mentre l'ipogonadismo è in genere associato a disfunzione erettile, debolezza, atrofia muscolare, depressione ed ansietà.
Queste doverose premesse sostengono il pensionamento del termine "andropausa" a favore dell'espressione medica "sindrome da carenza di androgeni nella terza età". In medicina, infatti, la sindrome rappresenta un insieme di sintomi e segni clinici riconducibili a più malattie o a più eziologie. Questi sintomi, nel caso dell'andropausa, sono particolarmente variegati e possono coinvolgere diverse sfere della funzionalità corporea. Tra tutte, l'interessamento di quella sessuale desta in genere particolari preoccupazioni, tanto da costituire il maggior impulso alla richiesta di un consulto medico.
Terapia dell'andropausa
La terapia sostitutiva con estrogeni è oggi indicata per le donne con sintomi climaterici particolarmente accentuati e mal tollerati. Anche in questo caso il paragone con l'andropausa (vale a dire la terapia sostitutiva con androgeni nell'uomo) non calza esattamente a pennello. Comuni possono essere i rischi, dato che queste terapie sono assolutamente sconsigliate in presenza di tumore prostatico nell'uomo o alla mammella nella donna, mentre vanno valutate con estrema attenzione nel caso sussista una qualche predisposizione per tali patologie. Ma ciò che differenzia in maniera netta le due pratiche è il numero degli studi clinici finora effettuati, elevato per la controparte femminile ed ancora esiguo, con spiccate sfumature contraddittorie, per l'altra faccia della medaglia. Secondo alcuni studi, ad esempio, l'universalmente accettata relazione tra somministrazione di testosterone esogeno e cancro alla prostata è di gran lunga sovrastimata (a dosaggi fisiologici).
La terapia sostitutiva con testosterone durante l'andropausa può avvenire per via intramuscolare (iniezioni periodiche ogni 10-14 giorni) o transdermica (applicazione cutanea, giornaliera di cerotti o gel); quest'ultima soluzione viene in genere preferita per la sua capacità di mantenere l'uniformità dei livelli di testosterone nel tempo (cosa non ottenibile per via orale, anche per le ripercussioni negative a livello epatico). Il rapporto rischi/benefici di tale pratica è ancora lontano dall'essere chiarito. In linea generale, sappiamo che la somministrazione di androgeni può ridurre l'incidenza di molti dei problemi precedentemente citati, aumentando la massa magra a sfavore di quella grassa e prevenendo osteoporosi ed anemia; l'impiego di testosterone nel trattamento della disfunzione erettile non sempre sortisce risultati apprezzabili, probabilmente per l'origine multifattoriale di questa condizione.
Per quanto riguarda i rischi della terapia ormonale sostitutiva durante l'andropausa, va considerato che la somministrazione di testosterone in presenza di livelli ormonali fisiologici, può avere a lungo termine delle ripercussioni negative sulla salute del paziente. Ne sanno qualcosa i culturisti e tutti coloro che utilizzano steroidi anabolizzanti per esaltare le performance sportive, anche se in questi casi vengono assunti a dosaggi nettamente superiori rispetto a quelli terapeutici. Nel caso dell'andropausa, invece, l'obiettivo terapeutico è semplicemente quello di somministrare quel tanto di testosterone che basta per riportare i livelli ormonali nella norma. Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che quest'ormone non è l'unica possibilità terapeutica; esistono ad esempio suoi derivati con attività androgena meno spiccata od altri farmaci che bloccano l'enzima aromatasi. Infine, si stanno sviluppando i cosiddetti SARMs (modulatori selettivi per i recettori degli androgeni), con l'obiettivo di mantenere i benefici della terapia sostitutiva androgenica, minimizzandone i potenziali effetti collaterali. Anche il settore degli integratori pullula di prodotti studiati allo scopo di aumentare i livelli di testosterone, vista l'importanza di questo aspetto nella performance sportiva. A tal proposito basti sapere che se tali prodotti fossero effettivamente in grado di mantenere quanto promesso, non sarebbero certo di libera vendita. Ciò non toglie, comunque, che un'integrazione adeguata - inserita in un contesto alimentare sobrio ed equilibrato affiancato alla giusta dose e tipologia di esercizio - sia un'ottima strategia per promuovere il naturale aumento dei livelli sierici di testosterone. Si tratta in ogni caso di un effetto sinergico globale; chi spera di ottenere lo stesso risultato ingerendo semplicemente qualche compressa a base di arginina, tribulus terrestris, maca andina o analoghi, il più delle volte butta i propri soldi. Anche se alcuni estratti vegetali, come la yohimbina, possono effettivamente rinvigorire il desiderio e la funzione sessuale, i non trascurabili effetti collaterali ne limitano le applicazioni d'uso nell'anziano in andropausa. Anche sulla presunta utilità del DHEA nel trattamento dell'andropausa ci siamo già espressi, con un articolo "cattivello" ma utile per smorzare ingiustificati entusiasmi verso queste sostanze. Per quanto riguarda i farmaci di provata efficacia nel trattamento della disfunzione erettile, effetti collaterali e meccanismi d'azione sono ampiamente presentati in questo articolo.
Nel caso il medico decidesse, in accordo con il paziente, di intraprendere una terapia ormonale sostitutiva per prevenire o combattere l'andropausa, si consiglia di sottoporsi con maggiore frequenza ad esami che valutino la salute della prostata ed i livelli circolanti di emoglobina, colesterolo e testosterone.
Concludiamo ricordando l'esistenza di un metodo naturale e privo di controindicazioni, capace di agire sulla stragrande maggioranza dei fattori di rischio per l'ipogonadismo e l'andropausa. Prevenzione del diabete, dell'obesità, dell'ipertensione e dell'aterosclerosi, miglioramento della salute mentale e - tanto per restare in tema - attenuazione del declino età-correlato dei livelli di testosterone. Semplice, naturale, economico ed efficace, una vera e propria "panacea" la cui efficacia - nota dai tempi più remoti - è stata dimostrata in maniera inequivocabile anche in epoche recenti... "tutte le parti del corpo che hanno una funzione, se usate con moderazione ed esercitate nell'attività alla quale sono deputate, diventano più sane, ben sviluppate ed invecchieranno più lentamente; ma se non saranno usate e lasciate inattive, queste diventeranno facili ad ammalarsi, difettose nella crescita ed invecchieranno precocemente" - Ippocrate IV secolo a.C -
MODIFICAZIONI FISIOLOGICHE DELL'ATTIVITÀ SESSUALE: rallentamento della fase eccitatoria e dell'erezione; riduzione della rigidità penica; offuscamento della sensazione dell'inevitabilità orgasmica, calo della libido e della fertilità, riduzione delle erezioni spontanee (come quelle notturne), riduzione dell'intensità orgasmica e del volume dell'eiaculato, allungamento del periodo refrattario. Il calo della spinta sessuale è in genere un processo molto lento, tale per cui passa spesso inosservato o viene semplicemente associato all'invecchiamento. Anche quando si manifesta in maniera brusca - salvo la presenza di sottostanti patologie - mantiene comunque tale carattere e viene perlopiù percepito come tale a causa delle ripercussioni psicologiche di un'improvvisa e palese difficoltà sessuale.
MODIFICAZIONI DELLE VARIE ATTIVITA' CORPOREE: aumento della massa adiposa a discapito di quella muscolare, riduzione della densità ossea con maggiore suscettibilità alle fratture, ginecomastia (eccessivo sviluppo della mammella maschile), pelle più sottile e diminuita o arrestata crescita dei peli, calo delle energie e del senso di benessere, anemia, insonnia o altri disturbi del sonno, depressione, riduzione della concentrazione e dell'autostima.
E' bene ribadire che questi sintomi sono per molti aspetti assolutamente fisiologici e in genere solo in parte sostenuti dal declino dei livelli di testosterone. Tanto per citare alcuni esempi, fenomeni vascolari occlusivi di natura ateromatosa (ergo aterosclerosi) possono diminuire l'afflusso di sangue al pene e causare disfunzione erettile. I principali fattori di rischio per questa malattia sono il diabete, l'obesità, l'ipercolesterolemia LDL, il fumo e l'ipertensione, tutti pesantemente influenzati dalle abitudini di vita del soggetto. L'obesità, dal canto suo, è tipicamente associata ad una riduzione dei livelli di testosterone libero e totale, accompagnati ad un relativo aumento dell'estradiolo (un tipico ormone femminile). Come nel peggiore dei circoli viziosi, l'aumento del grasso viscerale peggiora l'ipogonadismo, che a sua volta aggrava la condizione di obesità. Nel tessuto adiposo, ed in modo particolare in quello localizzato a livello addominale, si concentra infatti un enzima, chiamato aromatasi, che opera la conversione del testosterone in estradiolo. L'attività dell'aromatasi è potenziata non solo dall'ipertrofia degli adipociti, ma anche dall'iperinsulinemia (anticamera del diabete mellito di tipo II), e dall'alcolismo. Passando alle alterazioni del metabolismo glucidico, soggetti diabetici sviluppano disfunzione erettile con frequenza tre volte maggiore rispetto ad uomini non diabetici.
L'iperglicemia può infatti danneggiare le fibre nervose ed i vasi sanguigni coinvolti nell'erezione; inoltre, predispone all'aterosclerosi e, similmente all'obesità, riduce la sintesi di ossido nitrico, un importante vasodilatatore coinvolto anche nei fenomeni erettivi (il meccanismo d'azione di Viagra ® ed analoghi si basa sul blocco della degradazione di un'altra sostanza vasodilatatoria, che viene rilasciata in risposta all'aumento dell'ossido nitrico).
Sottolineiamo, in ultima analisi, che i sintomi dell'andropausa sono per molti aspetti simili a quelli dell'ipotiroidismo, una malattia dovuta all'insufficiente attività della ghiandola tiroide.
Diagnosi
Nel caso la comparsa dei sintomi sopra-riportati susciti il sospetto di un'imminente ingresso in andropausa, la cosa migliore da fare è sottoporli all'attenzione di un medico. Solo in questo modo si potranno indagare le cause che li hanno prodotti e stabilire il trattamento più opportuno; a tal proposito è bene tener presente due concetti chiave, che dopo l'analisi delle conseguenze e dei sintomi dell'andropausa dovrebbero essere ormai chiari. Il primo è che nella maggior parte dei casi si tratta di una condizione assolutamente fisiologica, per molti aspetti prevenibile o perlomeno attenuabile attraverso uno stile di vita più salutare; il secondo è che i sintomi dell'andropausa non sono necessariamente correlati all'ipogonadismo, ma possono nascondere sottostanti e ben più gravi malattie. Quest'ultima eventualità, in particolare, andrebbe a maggior ragione intesa come un pressante invito a sottoporre i propri sintomi all'attenzione di un andrologo, in maniera onesta e trasparente.
La percezione e la corretta interpretazione dei sintomi dell'andropausa è molto importante ai fini della sua diagnosi. A parità di livelli circolanti di testosterone libero, le manifestazioni sintomatologiche possono infatti variare - anche in misura sensibile - da individuo a individuo. A meno che i livelli ematici di testosterone, ed in particolare quelli della sua frazione libera, non siano francamente deficitari, risulta infatti difficile porre diagnosi di ipogonadismo e/o andropausa tramite una semplice valutazione della testosteronemia.
fonte: my-personaltrainer.it
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