Andropausa è un termine coniato in epoche recenti per indicare il naturale esaurimento delle capacità riproduttive maschili in età avanzata. Questo neologismo richiama la menopausa femminile in maniera piuttosto evidente, anche se il suffisso "pausa" mal si addice al declino delle capacità procreative dell'uomo. Il tipico profilo ormonale di un individuo in andropausa si instaura infatti in maniera tutt'altro che drastica, scontata o repentina, mentre nella donna la menopausa è un processo ben definito, una tappa obbligata che inizia con la scomparsa del ciclo mestruale e si accompagna ad un rapido calo della produzione di estrogeni.
Per l'uomo non possiamo quindi parlare a tutti gli effetti di vera e propria "cessazione" delle capacità riproduttive; piuttosto, l'andropausa andrebbe descritta come un processo parafisiologico (quindi per molti aspetti normale), che si manifesta con estrema variabilità nella popolazione. Il termine, non c'è dubbio, rende l'idea, ma proprio in virtù di queste considerazioni la stessa esistenza dell'andropausa è stata per molto tempo, e spesso ancora oggi, messa in discussione.
L'andropausa "vera", intesa come la completa perdita della capacità procreativa, non si manifesta in tutti gli uomini, ma solo in un numero limitato di individui; si tratta infatti di un fenomeno soggettivo, dal momento che numerosi fattori ambientali (sovrappeso, sedentarietà, tabagismo ed eccessi di vario tipo) possono incidere in maniera sostanziale sulla fertilità maschile. Nella comunità medica, in riferimento all'andropausa, si preferisce quindi parlare di PADAM, acronimo anglosassone derivato da "Partial Androgen Deficiency in Aging Male", ossia "sindrome da parziale carenza di androgeni nella terza età". Altri autori, meno permessivi, eliminano il carattere di parzialità e parlano semplicemente di ADAM (Androgen Deficiency in Aging Male o sindrome da insufficienza androgenica in età anziana).
L'ANDROPAUSA, anche se intesa nel suo significato più ampio, NON è una malattia, bensì un processo parafisiologico che si manifesta con estrema variabilità.
Cause dell'andropausa e fattori di rischio
L'ineluttabile fenomeno dell'invecchiamento si accompagna ad un progressivo calo della testosteronemia, cioè dei livelli sierici di testosterone. Un declino, questo, in realtà piuttosto lento e progressivo, che inizia inesorabilmente intorno ai 25/30 anni di età e si correla inversamente con il BMI. In altre parole, tanto più grave è la propria condizione di sovrappeso e tanto maggiori sono le probabilità che l'andropausa bussi alla porta, anche in età relativamente precoce. Il rischio, in particolare, diviene consistente dalla sesta decade di vita in poi.
Esaminando i risultati di ampi studi popolazionistici, a partire dai 25/30 anni di età, la sintesi giornaliera di testosterone diminuisce dell'1-2% all'anno, tanto da risultare pressoché dimezzata intorno ai 70/80 anni. Oltre a quelli del testosterone, nell'andropausa diminuiscono sensibilmente anche i livelli degli altri androgeni, come il diidrotestosterone (DHT), il DHEA e l'androstenedione.
Nell'uomo, la sintesi di testosterone è affidata alle cellule testicolari del Leydig, la cui riduzione numerica è tipicamente correlata all'andropausa; non a caso, il volume testicolare di un anziano è normalmente ridotto rispetto a quello di un soggetto giovane. Anche il centro ipofisario che dirige la sintesi di testosterone attraverso il rilascio di LH, può dimostrarsi deficitario. In particolare, la diminuita ampiezza della pulsatilità di tale ormone - a sua volta controllata dal GnRH ipotalamico (ormone per il rilascio delle gonadotropine) - è tipica della senescenza. Ricordiamo brevemente che la pulsatilità è quel fenomeno per cui un ormone non viene secreto in maniera costante nel tempo, bensì ad ondate di intensità e ampiezza variabile, ripetute ad intervalli di tempo più o meno regolari (nella donna la pulsatilità del GnRH è fortemente correlata alle varie fasi del ciclo mestruale, mentre nell'uomo è relativamente costante). Proprio per questa pulsatilità, nel giovane i livelli sierici di testosterone presentano un classico andamento circadiano (più alti al mattino ed inferiori alla sera), che tende ad appiattirsi fino a scomparire nell'anziano.
Il termine medico utilizzato per descrivere l'insufficiente sintesi di testosterone da parte del testicolo non è "andropausa", bensì "ipogonadismo". Nell'andropausa si ha sempre ipogonadismo, ma non è valida la relazione opposta, poiché questa situazione clinica può manifestarsi anche in giovane età. Pertanto, anziché ricondurre eventuali sintomi dell'andropausa al naturale processo di invecchiamento e rassegnarsi ad esso, è bene sottoporli all'attenzione di un andrologo. Le possibili cause di ipogonadismo sono infatti numerose e ancor di più sono quelle responsabili della sua manifestazione più nota e temuta: la disfunzione erettile.
Un ultimo appunto di carattere fisiologico va fatto sulla differenza tra testosterone totale e testosterone libero. Ques'ultimo costituisce senza dubbio l'elemento diagnostico più importante, poiché esprime la frazione di testosterone "sganciata" dalle proteine di trasporto, e come tale libera di espletare la propria azione (è la forma attiva dell'ormone). Viceversa, il testosterone legato alle proteine di trasporto è di fatto biologicamente inattivo; per questo, bassi livelli di testosteronemia totale non sono necessariamente indice di ipogonadismo o andropausa, mentre il riscontro di un serio deficit di testosterone libero reiterato nel tempo ha carattere "patognomico". Andrebbe inoltre valutata la sensibilità cellulare all'azione degli androgeni, influenzata soprattutto dal numero di recettori a livello del nucleo e, in misura inferiore, del plasmalemma.
fonte: my-personaltrainer.it