google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0 SALUTIAMOCI google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0

Niente alimenti pericolosi nei nostri piatti

Grazie al sistema di allarme rapido dell'UE, i prodotti alimentari pericolosi vengono ritirati prima di arrivare nei piatti dei consumatori.
Qualcuno ha detto che solo una cosa è peggio che trovare un verme nella mela che si sta mangiando: trovarne mezzo. Un verme in un frutto, però, è un cosa naturale e potrebbe anche essere la prova che si tratta di un alimento biologico; altri tipi di contaminazione, invece, possono essere pericolosi sul serio. Si pensi alle diossine e alla melamina negli alimenti per neonati in Cina.
Per impedire che siano in vendita prodotti alimentari pericolosi, l'UE ha istituito già trent'anni fa un sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi (noto anche con la sigla inglese RASFF), che permette ai paesi europei di scambiarsi velocemente informazioni sui prodotti a rischio e di prendere provvedimenti immediati.
Se i problemi vengono individuati e comunicati in modo tempestivo, è possibile ritirare rapidamente dal mercato i prodotti interessati nell'intera UE o, meglio ancora, bloccarli prima che comincino ad essere venduti. Alle autorità nazionali sono comunicati anche i casi in cui, per motivi di sicurezza, viene vietata l'importazione di un prodotto nell'UE.
Se nel 2008 il numero degli allarmi trasmessi è stato più o meno simile a quello del 2007 (circa 7 000), solo in 528 casi - la metà che nel 2007 - è stato necessario ordinare il ritiro del prodotto dal mercato; questo fa pensare che i prodotti pericolosi vengano individuati con più anticipo, prima di essere messi in vendita. Circa il 62% degli allarmi riguardava prodotti originari di un paese dell'UE. La causa più frequente di contaminazione è rappresentata dai micro-organismi patogeni e dalle micotossine.
Il trentesimo anniversario del sistema di allarme è stato celebrato con una conferenza a Bruxelles il 16 luglio. I partecipanti hanno discusso la possibilità di migliorare il sistema ed estenderlo ad altri paesi. L'UE ha già finanziato l'istituzione di un sistema di allarme nel Sud-est asiatico e ha organizzato seminari di formazione in altri paesi per aiutarli a creare un sistema di allarme nazionale. L'obiettivo a lungo termine potrebbe essere la fusione di tutti i sistemi nazionali e regionali in una rete mondiale.

Il travaglio produce scariche ormonali che riducono il dolore e fanno “innamorare”

Nove mesi senza fretta, niente ansie e tanta fiducia nelle proprie forze di persona e di madre. Un frugoletto che cresce e viene al mondo non è un “prodotto”, la mamma non è una macchina. Partecipazione, presenza personale, apertura fino all'abbandono completo e alla separazione, consentono il miracolo pià naturale e più bello: l'arrivo di un bimbo, sempre più spesso trasformato in evento chirurgico. Mediamente in Italia, quasi 4 bambini su 10 vengono fatti nascere con il taglio cesareo (con punte del 62% in Campania), benché non sia più sicuro e in moltissimi non sia necessario, come hanno chiarito grandi esperti su Acqua & Sapone di aprile.

Una mamma ha tutte le forze

Ansie e timori non si giudicano. Sarebbe però grave non vedere e non dire che meraviglia ha dentro naturalmente la donna in dolce attesa. «Il parto fisiologico sicuramente aumenta la salute della donna, la rafforza, permettendole di affrontare il limite e superarlo con grande gioia e soddisfazione finale, favorendo da subito il legame con il bimbo. In realtà le ragazze hanno paura di un altro dolore, non quello fisiologico, ma quello che deriva dalla medicalizzazione e dagli interventi» spiega Verena Schmid, direttrice della Scuola Elementale (con la “elle) di Arte Ostetrica. Con l'associazione Il Marsupio, promuove il parto in casa.
Nostaglie del passato superate dalle tecnologie? «Quella dell'ostetrica è un'arte, mettiamo insieme la scienza e l'esperienza – assicura la Schmid ad Acqua & Sapone –, il parto naturale si crea in gravidanza, a cominciare da uno stile di vita più sano, così facendo si può tranquillamente partorire in casa. Con il parto medicalizzato le mamme non vengono messe in condizione di disporre di tutte le risorse che hanno. Il boom di cesarei è coerente con il nostro modo di vivere: tutto è economico, non c'è tempo per aspettare gli eventi, non si sa stare nell'incognita. Ci sono invece i protocolli e i controlli da fare. Ma in realtà, più che controllare c'è da comprendere che il parto appartiene alla vita, non alla medicina. Il rapido sviluppo della tecnologia ha creato illusioni di benessere e sicurezza ed ha favorito atteggiamenti di “fuga”».

Anima, ormoni, vita! Ecco cosa succede dando alla luce

È meraviglioso vedere cosa succede tra mamma e bimbo durante il parto vero e proprio, quasi un “duello danzato” , spigoloso, in salita, infine liberatorio e pieno d'amore! Questione di ritmo, pazienza, ormoni ed anima. «Il parto fisiologico necessita di un atteggiamento di “attacco” – dice Verena Schmid –, di andare verso. Fa paura per via del dolore, di fronte al quale la risposta naturale è il movimento che permette alla donna di assumere istintivamente le posizioni migliori, che riducono il dolore, diminuendo lo stress suo e del figlio. Una delle caratteristiche principali del travaglio naturale è la ritmicità – spiega l'ostetrica -, tra alti e bassi, accelerazioni e rallentamenti, ed il ritmo è individuale, secondo la personalità e dai vissuti della partoriente. Il dolore sembra un paradosso: la mamma riceve un “attacco” dal bambino, che mette in allarme il corpo. Il bimbo spingendo stimola l'utero, provocando contrazioni, prima irregolari poi regolari. Aumentano le catecolamine, ormoni che stimolano la produzione di endorfine, ossitocina e di tutti gli ormoni sessuali che servono a contenere il dolore e a farlo dimenticare, a partorire con gratificazione e a creare il primo legame mamma-bimbo».



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Una droga chiamata cibo

Il problema di avere una relazione normale con il cibo interessa non tanto il nostro stomaco, ma soprattutto la nostra volontà, ovvero la nostra incapacità di opporci alle nostre debolezze.
Ci adagiamo all'idea che essere grassi o meno sia un destino inevitabile dettato dai nostri geni: “mamma era grassa, lo sarò anch'io!”.
Invece la scienza, proprio quella stessa che parla tanto di genetica, ci rivela che la fame, l'eccessivo appetito non sono innati, ma possono essere indotti, trovando terreno fertile là dove c'è una persona debole.
Le ultime scoperte scientifiche dimostrano che se si continua a mangiare anche quando si è sazi, questa “necessità” può avere cause esterne ed essere provocata con l'assunzione di alcuni tipi di cibo (probabilmente fatti apposta) piuttosto che da altri. Quando si allunga la mano inconsapevolmente per ingerire sempre e proprio quel tipo di cibi, spesso ricchi di grassi, probabilmente siamo in presenza di alimenti prodotti per ingenerare una sorta di dipendenza a livello cerebrale: ci danno piacere per il semplice fatto di assumerli, senza che razionalmente sappiamo valutarne le controindicazioni. Proprio come avviene, una volta diventati “dipendenti”, con le droghe, l'alcool, la nicotina e alcuni tipi di farmaci.

La finta fame

Un gruppo di ricercatori del Southwestern Medical Center di Dallas (Texas - USA) ha dimostrato il fondamentale ruolo della grelina (dall'inglese ghrelin – parola associata al verbo “to grow” - crescere) negli eccessi di alimentazione. La grelina è un ormone gastrico che per circa il 90% viene prodotto dalla parte finale di qualsiasi stomaco animale e umano.
È il cosiddetto “ormone della fame”, che raggiunge il suo picco percentuale nel sangue circa mezz'ora prima dei pasti (quando sentiamo un certo appetito) e decresce dopo circa un'ora dall'assunzione di cibo, per poi risalire nell'imminenza del pasto successivo.
Fino a poco tempo fa si pensava che questo ormone fosse prodotto autonomamente dal nostro stomaco, ma ora si comincia a capire che ci possono essere anche cause “esterne”, introdotte nei cibi proprio per provocare una inesistente sensazione di forte appetito, se non di vera e propria fame persistente.

Il “richiamo” dei cibi grassi

L'esperimento è stato condotto su animali da laboratorio, ma fa supporre che i risultati siano estensibili agli esseri umani, in quanto sono interessate le stesse funzioni e le stesse zone cerebrali, quelle che predispongono le risposte fisiologiche interne ed esterne all'organismo. È stato scoperto che alte dosi di grelina nel sangue portano gli individui a continuare a mangiare cibi “piacevoli” anche se sono già sazi, accumulando quindi grasso corporeo. Inoltre tendono a recarsi in quei luoghi che già gli hanno dato questa piacevole sensazione nel passato.
Per l'esperimento, sono stati condotti alcuni test comportamentali. Inizialmente è stata somministrata della grelina aggiuntiva nel sangue delle cavie. Si è verificato che queste, pur non essendo affamate e dovendo scegliere tra due stanze dove in precedenza avevano trovato del cibo, preferivano decisamente quella accoppiata con una dieta ad alto contenuto di grassi. Le cavie a cui non era stata somministrata grelina, non hanno mostrato alcuna preferenza. L'esperimento ha funzionato anche quando nella “stanza dei grassi”, le stesse cavie non trovavano alcun cibo. C'era quindi anche un effetto apprendimento; come se andando solo in quella stanza, le cavie sapevano che avrebbero trovato quel tipo di piacere; nell'altra era inutile cercarlo. Mentre gli animali che non hanno ricevuto la grelina aggiuntiva, hanno rinunciato molto prima alla ricerca di cibo, sia “grasso” che non.
I ricercatori hanno anche scoperto che, bloccando l'azione di questo ormone gastrico, le stesse cavie smettevano di recarsi nella stanza associata ai cibi grassi. La correlazione tra alte dosi di grelina nel sangue e la sensazione di piacere nell'assunzione di cibo in eccesso, rispetto cioè alle reali necessità fisiologiche, risulta quindi chiara.
E visto che l'ormone e gli organi cerebrali interessati sono identici anche negli esseri umani, i ricercatori ritengono che siano condivisibili anche le sensazioni presenti nei cosiddetti “centri del piacere” nei nostri cervelli, gli stessi interessati dalle altre forme di dipendenza.

I grassi alimentari portano fame e viceversa

Ma un'altra recente ricerca, condotta presso l'Università di Cincinnati (sempre USA), condotta dal Prof. Matthias Tschöp, ha dimostrato che la produzione della grelina nel sangue viene attivata anche e soprattutto da alcune componenti del cibo che mangiamo. In particolare un eccesso di acidi grassi stimolerebbero un'altrettanto eccessiva produzione di grelina. Questo ormone normalmente ha la funzione di un meccanismo adibito allo stoccaggio di riserve energetiche, che formano i grassi corporei a partire da quelli presenti nel cibo: si accende quando le riserve scendono e si spegne, anche se non del tutto, quando le riserve sono ripristinate. Aggiungendo acidi grassi al cibo, sembrerebbe che il meccanismo “non stacca mai”. Quindi, secondo i ricercatori americani, alti livelli di grassi presenti nei cibi determinerebbero a loro volta alti livelli di grelina nel sangue. Alti livelli di grelina determinerebbero a loro volta un persistente bisogno di piacere nell'assumere proprio quei tipi di cibi. Come un cane che si morde la coda all'infinito. Bilancia e sensi di colpa poi, completano il disastro. La fame (quella vera) e l'appetito in tutto questo meccanismo c'entrerebbero poco o nulla.



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Parti cesarei: perché così tanti?

Care donne, siete fatte bene. Avete tutte le carte in regola per accogliere, sostenere per 9 mesi e dare alla luce i vostri bambini.
La scienza e le innovazioni aiutano e servono, ma è essenzialmente nella vostra natura di donne che c'è già tutto ciò che serve per generare nuova vita. Eppure in Italia ormai quasi 4 bebè su 10 vengono al mondo attraverso il taglio cesareo, anziché con il parto vero e proprio.
Un boom che non ha uguali nel mondo, con punte assurde in alcune regioni del Sud. Gli esperti lo confermano ad Acqua & Sapone: si tratta di un eccesso assurdo, meglio il parto naturale. Eppure le mamme finiscono sempre più per suggellare “sotto i ferri” la meravigliosa esperienza della gravidanza.

cesarei: RECORD MONDIALE

Diminuire ad un valore nazionale pari al 20% entro il 2004 la frequenza di pance tagliate per far nascere i bambini era uno degli obiettivi del Ministero della Salute dieci anni fa. Lo avevano annunciato i suoi esperti in un documento dall'inequivocabile titolo: “L'eccessivo ricorso al taglio cesareo”.
I dati più recenti parlano invece di oltre il 38% di cesarei nel 2008.
Più di tutti sulla Terra. In Europa la media è tra il 20 e il 25%. Abbiamo così superato enormemente il limite massimo raccomandato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (10-15%). Il fenomeno si concentra nelle strutture piccole (con meno di 500 nascite l'anno) e private e riguarda anche le donne più giovani: una su 3 fino ai 24 anni e tra 25 e 29 anni (Istat 2006). Del resto con un cesareo s'incassa quasi il doppio che con un parto spontaneo. Quello che è un estremo rimedio, al quale ricorrere solo in presenza di evidenti rischi, è ormai una moda nel Belpaese. Solamente una volta su tre è praticato per motivi di salute di mamma e bimbo. Ciò vuol dire che solo 12 volte su 100 sarebbe giustificato anestetizzare la donna e tagliarle la pancia. Di recente hanno colpito i casi di due cliniche in zone vip di Roma: in una, al quartiere Parioli, l'84,4 per cento dei bimbi sono nati con tagli cesarei, nell'altra all'Eur, l'86,2 per cento. Quasi 9 su 10.

Più sicuro il parto naturale

«Da che mondo è mondo le donne hanno sempre affrontato bene il parto. Sicuramente il parto naturale è la scelta migliore per la salute sia della mamma che del bambino» assicura ad Acqua & Sapone la dottoressa Serena Donati, dell'Istituto Superiore di Sanità.
«Il cesareo è un intervento chirurgico, una pratica salvavita insostituibile quando esiste appropriata indicazione medica. Tuttavia è fondamentale una corretta informazione alle donne già durante la gravidanza per aiutarle a scegliere consappevolmente le modalità del parto» spiega la Donati, che è tra i coordinatori della “Linea guida al taglio cesareo”, in distribuzione in tutta Italia tra addetti ai lavori, genitori ed associazioni. Il mito della maggiore sicurezza del taglio rispetto al parto fisiologico va dunque sfatato. «Il cesareo è una procedura d'urgenza, la gente lo ritiene più sicuro, ma ciò non è affatto provato, non è assolutamente più sicuro. Anzi il parto spontaneo è più tranquillo perché non richiede intervento chirurgico», ci conferma il Prof Massimo Moscarini, presidente dell'Associazione Ostetrici ginecologi universitari italiani (Aogoi), direttore del Dipartimento di Ginecologia dell'università La Sapienza di Roma e del Dipartimento di Ginecologia dell'ospedale romano Sant'Andrea. «Il parto più naturale possibile è la miglior cosa mentre un parto non spontaneo, se non ce ne sono i presupposti medici, è un rischio per madre e figlio» assicura il docente.

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Curarsi con le erbe fa bene davvero?

Da sempre gli esseri umani hanno usato determinate erbe e loro miscele per curare alcune malattie. Ed oggi in commercio ci sono addirittura dei farmaci ricavati da essenze vegetali. Dal punto di vista scientifico, questo uso è sempre stato visto con scetticismo, perché non è chiara la modalità di azione nel nostro corpo. Ma una recente ricerca americana ha sviluppato un metodo per testare in laboratorio l'effettiva azione di determinate erbe sugli organismi viventi. I primi risultati sono sorprendenti.

IL FUNZIONAMENTO DI OGNI SINGOLO COMPOSTO

Il primo problema è quello di capire come funziona ogni singolo composto estratto da un'erba o da una miscela e non solo sapere come opera nel suo complesso. Così un team dell'Università del Maryland (Baltimora) ha pensato di usare dei nematodi (piccoli vermi della lunghezza di 1 mm) della specie Caenorhabditis elegans, per testare singole erbe e/o miscele di esse. Questi organismi vivono normalmente nel terreno per circa 20 giorni. Hanno in tutto 959 cellule, ma dispongono di un patrimonio genetico che per il 60 – 80% è identico a quello degli esseri umani. Per tali motivi vengono molto usati nei laboratori scientifici.

ELISIR DI LUNGA VITA

Il team dell'università americana ha effettuato una valutazione sistematica della somministrazione di due particolari miscele di erbe, molto usate nella medicina tradizionale cinese, coreana e giapponese per contrastare e prevenire anche gravi malattie (diabete, disturbi gastrointestinali e tumori). Ma, soprattutto, sono miscele che hanno la fama di migliorare e allungare le aspettative di vita. In particolare, queste formidabili proprietà medicinali sarebbero attribuite a due essenze vegetali presenti in alcune miscele: la corteccia dell'albero della cannella e la radice del ginseng.

Agopuntura e Terapie non convenzionali: consigli dagli esperti

L’estate è alle porte: tempo di diete veloci, abbronzatura, integratori e vacanze alle terme. Ma sappiamo davvero cosa stiamo facendo? Il Dottor Carlo Di Stanislao, Dirigente medico all’Ospedale S. Salvatore de L’Aquila e uno dei massimi esperti italiani di agopuntura e terapie non convenzionali, ci guida in un viaggio nella medicina alternativa, alla scoperta della nostra unicità: la vera, autentica bellezza.

Qualità della vita: cosa possiamo fare subito?

Fondamentali per la nostra salute sono l’alimentazione e la respirazione. Funzioniamo con comburente e combustibile: aria e alimenti. Di conseguenza, se speriamo di ottenere una sorta di eterna giovinezza solo perché ci concediamo trattamenti estetici una volta a settimana o andiamo in beauty farm per le nostre vacanze, non comprendiamo il senso della nostra esistenza. Mangiamo tre volte al giorno e respiriamo 18 volte al minuto: considerando la durata della vita, ci rendiamo conto che è fondamentale controllare cosa respiriamo e cosa mangiamo.

Quali sono gli errori più comuni che si fanno in questi casi?

Il primo errore è quello di immaginarsi un’alimentazione basata esclusivamente sul consumo delle calorie. Per cui, secondo chi ragiona così, basterà saltare un pasto per risolvere il problema. Non si rendono conto che lo stesso problema è molto più articolato, che i pasti devono essere da tre a cinque e non è una questione di calorie ma di distribuzione fra proteine, zuccheri e grassi, in quanto la macchina umana si serve di tutti e tre questi elementi per funzionare egregiamente. Non c’è niente di più sbagliato, oltre che saltare i pasti, fare in maniera selvaggia le cosiddette diete iperproteiche dimagranti, le quali, se non condotte da un medico specialista, possono davvero pregiudicare lo stato di salute psichica e fisica della persona.

Perché psichica?

Perché, nelle diete iperproteiche, come la ricerca scientifica recente dimostra, vengono modulate risposte che riguardano sostanze chimiche ( neurotrasmettitori ) correlate con il tono dell’umore. Di conseguenza, depressioni o stati ansiosi possono essere causati o aggravati da queste diete.
Quindi, un eccessivo consumo di carne può portare a tutto questo, soprattutto nelle diete fai da te. Esistono specialisti che studiano questo argomento e che hanno creato un nuovo modo di concepire la dieta, che si chiama crono alimentazione, in cui non solo si rispettano le proporzioni delle sostanze chimiche, ma gli orari di assunzione, per far funzionare al meglio l’orologio biologico, pur perdendo peso. Lo scopo attuale è perdere peso, lo scopo delle diete cronobiologiche moderne e ragionate è quello di perdere peso ma acquistando anche in salute.



Nutrizione e tossicità alimentare

Con la sessione dedicata a nutrizione e tossicità alimentare si è aperto il sessantesimo congresso dell’AIPaCMeM (Associazione Italiana di Patologia Clinica e Medicina Molecolare) in corso a Montesilvano (PE) fino al 21 maggio 2010. Il corso, coordinato dal dr. Henos Palmisano, ha sviluppato i rapporti tra chimica, biologia, medicina ed alimentazione spiegando come lo studio coordinato di queste discipline possa da un lato garantire la qualità e la salubrità dei prodotti e dall’altro conoscere i limiti e gli aspetti positivi dell’agrifood italiano, ivi compresa la bevanda nobile che è il vino.
“La domanda più frequente in materia di nutrizione da parte dei consumatori è se sia sicuro ciò che mangiamo” ha appuntato sin dall’inizio il dott. Fabrizio Conti, esperto di sicurezza alimentare. Ma l’analisi ha innanzitutto messo in evidenza come la percezione di ciò che sia potenzialmente rischioso non corrisponda, spesso nel sentore comune, ai reali dati scientifici. Il problema, però, è fortemente sentito non solo dai singoli cittadini ma anche da parte delle strutture sanitarie e dei governi. A fronte di una dichiarata alta attenzione, i dati, illustrati dal dott. Conti, parlano di “circa 130 milioni di persone che hanno ogni anno delle affezioni connesse alla tossicità alimentare. Con un incremento nell’ultimo decennio nei Paesi occidentali”. Sono infatti più di 200 malattie trasmesse tramite gli alimenti (tra quelle tramite le infezioni veicolate da alimenti, le intossicazioni alimentari e le tossinfezioni alimentari in “sensu strictu”) quindi affianco alle più famose salmonella e botulino, molte altre magari scarsamente conosciute. Per rispondere a questa esigenza sono nate una serie di regolamentazioni e protocolli internazionali (sotto la dicitura Food Low) volti a garantire la salubrità from farm to fork, ovvero dal produttore al consumatore con una serie di aggiornamenti nati anche dopo fenomeni quali il dopo crisi della diossina o BSE. Di qui la nascita dell’European Food Safety Authority per la sicurezza alimentare per vigilare sul rispetto della normativa europea nonché meccanismi quali la tracciabilità e l’etichettatura chiara e arricchita con una serie di informazioni necessarie. In ordine ai provvedimenti da prendere per ridurre al minimo il rischio, le disposizioni prevedono una regolamentazione concernente “la gestione della temperatura, dell’umidità, la tensione di ossigeno, il PH, la composizione chimica dell’alimento correttamente gestiti possono prevenire la tossicità dell’alimento in quanto si prevengono i fattori che sono legati all’habitat del germe” ha specificato Conti.
Tra gli strumenti maggiori messi in campo internazionale, il più efficace è l’HACCP ovvero Analisi del Rischio e dei punti critici di controllo ideato nel 1969 dalla NASA che consente di studiare un processo di produzione dell’alimento, i pericoli, mettere in atto le misure preventive, monitorare ed intraprendere misure preventive se mi rendo conto di essere andato fuori controllo.
Una delle novità di maggior rilievo è stata sicuramente per tutti gli operatori del settore alimentare l’adozione, oltre che le procedure HACCP, l’obbligatorietà di controlli microbiologici almeno semestrali.

La seconda parte della sessione è stata dedicata a vizi e virtù del vino spiegata dal dr. Ugo Zampetti e dal dott. Romano d’Amario.
Negli ultimi anni si è assistita a una flessione notevole del consumo di vino in Italia, dimezzatosi più che dimezzatosi in circa 50 anni. A fronte di ciò, però, una crescita delle patologie legate all’abuso di alcool, specie superalcoolici.
“Ma il vino rimane il migliore degli alimenti alcoolici possibili” ha precisato in apertura il dr. Zampetti medico e sommelier.
“Medicina, chimica ed enologia devono andare a stretto contatto per garantire la qualità del prodotto, il gusto ma anche la sicurezza alimentare e per sapere cosa ogni persona può bere e in che quantità”, ha rilevato il dr. Palmisano a commento.
I dati, scientifici, hanno quindi chiarito molti dubbi degli astanti. Così dal lato degli abusi è risultato che la mortalità dei giovani alla guida aumenta del 14% se abbiano superato la soglia di 0.5 g/l, oggi limite legale. O come per calcolare i tempi di smaltimento (medio) sia necessaria un’ora per bicchiere ingerito di vino.
“Gli effetti (negativi) dell’alcolismo possono andare dal’epatite, al deterioramento sociale, la fase psicologica della negazione e le conseguenze nei rapporti familiari e di lavoro, la demenza, il delirium tremens fino a gravi neuropatie” ha illustrato il dr. Zampetti, il quale ha proseguito presentando anche il profilo medio dell’alcoolista determinato spesso essenzialmente da 3 fattori: biologici (disfunzioni del sistema dopaminergico mesolimbico), psicologici e familiari.
“Bere però, salvo particolari patologie, ed entro le dosi consigliate, ha dei forti benefici, oltre al valore in sé del gusto” ha proseguito nell’illustrazione Zampetti. Quali le proprietà antiossidanti ed antinfiammatorie. Benefici del vino anche in relazione al cancro in quanto il resveratrolo del vino interferisce positivamente sull’iniziazione, la promozione e la promozione del cancro. Il vino rosso, in particolare, si presta anche ad essere un ottimo vasoprodettore. E per i diabetici, sconfessato che faccia male. “L’effetto ipoglicemizzante dell’alcool ne garantisce un uso moderato, il cui abuso, al contrario sarebbe chetogenico generando problemi ai diabetici”, ha proseguito l’oratore.
L’alcool poi ha alcuni effetti sui tremori, tanto da essere vietato in alcuni sport di tiro in cui è richiesta la precisione.
Il consesso si è quindi chiuso con l’intervento del Dott. Romano d’Amario, Agronomo ed enologo, esperto di vini da uve biologiche. Con un’esperienza maturata vinificando circa 6 milioni di quintali d’uva., il dott. d’Amario, fu – grazie ad una collaborazione italo tedesca – tra i primi a lavorare sul biologico molto prima della normativa europea.
“Citando il prof. Italo Eynard: L’uomo di fronte a qualsiasi problema di salute preferisce farsi prescrivere una compressa o un’altra forma di medicinale piuttosto che sentirsi consigliare di cambiare certe abitudini (alimentazione, sport, fumo, orario di lavoro, tempo libero, ecc…). Già 40 anni prima del biologico Eynard poneva in evidenza come chi sia in equilibrio con la natura si difenda meglio dalle patologie”. Così ha aperto il dott. d’Amario il quale, prima di illustrare i vantaggi del biologico ha però tenuto a precisare come la normativa vertente sul Regolamento europeo 20/92/91 CEE – sebbene ripresa e riaggiornata – abbia dei dati di cui sia necessario un maggior dettaglio ed approfondimento. Come indirettamente evidenziato dalle stesse revisioni del legislatore comunicatio in particolar modo su quanto normato in merito a fertilizzanti ed antiparassitari.
Come spiegato dal dott. Conti, il dott. d’Amario ha ribadito il profondo scollamento, in materia delle paure alimentari, tra i rischi percepiti e quelli reali. “In ordine i reali sono infatti microrganismi, nutrizionali, contaminanti ambientali, sostanze tossiche naturali, residui di pesticidi ed additivi”, quasi ribaltando la classifica del sentire comune. “Dal lavoro congiunto delle discipline scientifiche, dell’agronomia e dell’enologia possono nascere soluzioni legate a questi pericoli” ha tenuto a ribadire l’enologo-agronomo. Alcune di queste risposte sicuramente possono leggersi nei dati positivi dei prodotti biologici illustrati da d’Amario quali: l’assenza di contaminazioni esterne (e quindi la necessaria lontananza da strade di grande traffico, da insediamenti produttivi inquinanti, ecc… ma anche l’esigenza che l’area biologica sia più grande possibile); il rispetto dell’equilibrio vegeto-produttivo (che comporta nutrizione mirata e assenza di pratiche di forzature); lo studio degli indici climatici favorevoli (e quindi attenzione alle colture, scelta delle rotazioni e forme di allevamento). “La vera essenza del biologico è la motivazione di chi lo fa”. Ha tenuto a precisare d’Addario il quale ha poi specificato “come egli debba anche essere un tecnico per controllare lo stato sanitario e la pressione di infezione. Per trovare i modi per tagliare i costi, specie dei passaggi. E grande valore aggiunto è l’aumento delle difese endogene nella pianta su cui l’interesse è primario.

Letizia Palmisano di Xmediapress

Dieta Mediterranea per vivere a lungo

Oramai sono tutti d'accordo. Qual'è il regime alimentare che tutti i nutrizionisti del mondo ritengono il più adatto a una vita sana e duratura? La Dieta Mediterranea. E qual'è uno degli alimenti cardine di questo tipo di dieta? La Pasta. Il nostro amato Paese è celebre non solo per aver dato i natali a Cristoforo Colombo e Leonardo da Vinci ma anche in virtù della Pasta.

Non è nata in Italia, ma in Italia ha avuto il suo trampolino di lancio ed è diventata importante. Recenti ricerche e studi scientifici hanno evidenziato che il consumo giornaliero di questo straordinario alimento, in abbinamento a tanta frutta e verdura, è in grado di prevenire l'insorgere di malattie cronico-degenerative che costituiscono la principale causa di morte. Ma vediamo perché un buon piatto di pasta non dovrebbe mai mancare sulla nostra tavola.

1. Per il suo contenuto in fibre, la pasta aiuta a prevenire alcune forme tumorali ed è in grado di ridurre i disturbi cardiovascolari.

2. Il suo contenuto in amido migliora non solo il metabolismo ma anche l'umore. Infatti il glucosio che viene liberato dall'amido favorisce la sintesi (a livello cerebrale) della serotonina, l'ormone del benessere e del buon umore.

3. La pasta contiene poco sodio e non ha colesterolo. E' ricca inoltre di vitamine del gruppo B e di ferro. Per cui chi la consuma quotidianamente ha nel sangue un livello più basso di trigliceridi (20% in meno) rispetto a chi non ne fa uso.

4. I carboidrati a lento assorbimento come la pasta, per il loro basso indice glicemico contribuiscono a ridurre l'insorgenza di malattie croniche quali l'obesità e il diabete.

5. Per il suo contenuto di fibre e amido, la pasta ha una grande capacità saziante per questo è particolarmente adatta in tutti i regimi alimentari ipocalorici.

6. L'apporto calorico della pasta è particolarmente contenuto. 100 g di pasta forniscono circa 360 Kcal di cui il 72% sotto forma di carboidrati complessi, il 12% di proteine e un contenuto in grassi del tutto trascurabile. Una porzione di 80 g di pastasciutta fornisce non più di 400 Kcal. Ma anche nelle preparazioni più elaborate quali lasagne o cannelloni, difficilmente si superano le 500-600 Kcal per porzione.

7. Recenti studi hanno evidenziato che un regolare consumo di pasta può diminuire il rischio di contrarre l'Alzheimer. Un'alimentazione povera di grassi animali previene difatti l'arteriosclerosi e la demenza senile che solitamente si associano all'Alzheimer.

8. La pasta è un alimento estremamente versatile. Nelle varie preparazioni abbinata ai legumi, alle verdure, al pesce ecc. e anche certi tipi di pasta al forno possono essere un buon piatto unico.

Il piatto unico è un sistema antico di alimentarsi e garantisce un nutrimento sano e completo proprio grazie alle sue capacità di rifornire il nostro organismo di fibre e di tutti i nutrienti essenziali quali: carboidrati, proteine, vitamine e minerali. Recenti indagini hanno evidenziato che il piatto unico, rispetto al menù classico fatto di primo, secondo, contorno, frutta e dessert, può ridurre l'apporto calorico del 30-50%.
E allora, toglieteci tutto ma non la pasta.

Sergio Zolli di Webnet Communication