google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0 SALUTIAMOCI google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0

Anoressia: caccia ai siti che inneggiano all'autodistruzione

Il progetto contro i disturbi del comportamento alimentare dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù fa parte di un programma di lavoro promosso congiuntamente dal Ministero della Salute e dal Ministero della Gioventù, avente per obiettivo la promozione di azioni di assistenza e prevenzione per le giovani generazioni.

Il progetto è stato collocato nell’area Media e web (Prevenzione Media, giornali, tv e Web), per l’azione informativa e di prevenzione che svolge sulla rete internet, come risposta al dilagare dei siti pro-ana e pro-mia presenti sulla rete soprattutto per opporsi alla cattiva informazione veicolata ad adolescenti e giovani. In questi siti infatti l’anoressia viene rappresentata alla stregua di una “divinità” a cui le adolescenti si possono, o meglio, si devono immolare. Si aderisce ad un “culto” che prevede “il decalogo dell’anoressica”, la preghiera ad “ana” e altre terribili modalità di relazione, aventi in definitiva come obiettivo finale l’autodistruzione della persona coinvolta.

L’attenzione posta dal progetto al rapporto tra disturbi del comportamento alimentare e internet ha fatto sì che anche i media iniziassero a occuparsi del fenomeno. Il progetto si è mosso lungo tre principali direttrici di lavoro: creazione del sito; creazione e pubblicazione di contenuti; monitoraggio dei siti pro-ana e pro-mia; intercettazione bisogni clinici. La progettazione, la creazione e la gestione di questo spazio è stata possibile grazie alla costituzione di un team di progetto composto da comunicatori, informatici, e soprattutto psicologi. In questo modo, collaborando in maniera multidisciplinare, è stato realizzato il sito www.timshel.it. Il sito in linea dal giugno 2008 si è subito qualificato come un sito di riferimento. Le pagine viste fino luglio 2009 sono state 105.469 con una media giornaliera di 1.099 pagine, 18.775 i visitatori.
 

Cellule staminali: nuova ordinanza sul cordone ombelicale

Il Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali ha emanato il 26 febbraio 2009 l’ordinanza “Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale”, entrata in vigore il 1° marzo 2009.
Il 18 marzo, inoltre, i sottosegretari alla Salute Eugenia Roccella e Ferruccio Fazio hanno presentato alla stampa il documento “Uso appropriato delle cellule staminali del sangue del cordone ombelicale” ed un glossario finalizzato a fornire definizioni scientificamente corrette e comprensibili per il lettore meno esperto.
Nel corso della conferenza stampa è stata affermata l'importanza della donazione del sangue da cordone ombelicale ad uso allogenico, ottenuto da un donatore e idoneo per l'infusione in un'altra persona.
Il trapianto di cellule staminali emopoietiche rappresenta una terapia salvavita consolidata e di grande successo per la cura di numerose e gravi malattie del sangue.
La possibilità di effettuare trapianti con sangue da cordone ombelicale ha portato alla istituzione di apposite banche; in Italia le banche di sangue cordonale, istituite esclusivamente all'interno di strutture pubbliche, svolgono la loro attività nel rispetto degli standard di qualità e sicurezza definiti a livello nazionale e internazionale.
La rete nazionale italiana è attualmente composta da 18 banche ed è coordinata dal Centro Nazionale Sangue in collaborazione con il Centro Nazionale Trapianti.
L’ordinanza afferma il principio che la conservazione del sangue da cordone ombelicale rappresenta un interesse primario per il servizio sanitario nazionale.
Autorizza la conservazione per uso allogenico (cioè in favore di persone diverse da quelle da cui le cellule sono prelevate), a fini solidaristici, in strutture pubbliche a ciò dedicate.
E’ consentita, inoltre, la conservazione di sangue da cordone ombelicale per uso dedicato al neonato stesso o a consanguineo con patologia in atto al momento della raccolta, “per la quale risulti scientificamente fondato e clinicamente appropriato l'utilizzo di cellule staminali da sangue cordonale, previa presentazione di motivata documentazione clinico sanitaria”.
La conservazione per uso personale è permessa anche nel caso di famiglie a rischio di avere figli affetti da malattie genetiche per le quali risulti clinicamente appropriato l'utilizzo di tali cellule.
In questi casi si tratta di “donazione dedicata” e le cellule staminali, conservate gratuitamente nelle banche italiane, sono ad esclusiva disposizione del soggetto al quale sono state dedicate in ragione della sua patologia.
La conservazione, autorizzata dalle Regioni e senza oneri a carico dei richiedenti, avviene nelle strutture trasfusionali pubbliche ed in quelle indicate dalla legge 219/2005.
E’ vietata l’istituzione di banche per tale conservazione presso strutture sanitarie private e ogni forma di pubblicità ad esse connessa.
L'ordinanza prevede che entro il 31 dicembre 2009 venga disciplinata, con decreto del ministero del Lavoro, la conservazione di sangue cordonale per uso autologo ''sulla base di indicazioni appropriate sostenute da evidenze scientifiche consolidate''.

Esportazione di campioni di sangue all’estero

Rimane in vigore la possibilità di esportare presso strutture estere campioni di sangue da cordone ombelicale per uso autologo (personale), per i soggetti interessati che ne fanno richiesta, se autorizzati dal ministero.
La richiesta di autorizzazione, contenente tutte le informazioni indicate nel modulo allegato all’ ordinanza (tra cui i dati anagrafici dei genitori richiedenti, idonea certificazione della struttura ove viene raccolto il campione) deve pervenire al seguente indirizzo:

Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali- Direzione generale della prevenzione sanitaria - Ufficio VIII - Via Giorgio Ribotta, 5 - 00144 Roma, a mezzo raccomandata, in tempo utile e comunque almeno entro i tre giorni lavorativi precedenti la data di spedizione del campione di sangue cordonale.

La conservazione presso banche operanti all'estero, quando ricorrono i requisiti indicati e previo consulto con il Centro Nazionale Trapianti, avviene a spese dei richiedenti.

Fonte: Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali
Redazione Internet - Maddalena Baldi (m.baldi@governo.it)

Nuove regole per gli alimenti per l'infanzia

A partire dal 22 luglio 2009 gli alimenti per lattanti, cioè per bambini fino a un anno di età, e gli alimenti di proseguimento destinati alla prima infanzia, posso essere messi in commercio solo se conformi alle disposizioni fissate nel decreto 82/09 emanato dal ministero del Lavoro, Salute e Politiche sociali, di concerto con il ministero dello Sviluppo economico, in attuazione della direttiva 2006/141/CE.
Il regolamento, pubblicato nella G.U. n.155 del 7 luglio 2009, stabilisce le prescrizioni relative non solo alla commercializzazione ma anche alla produzione, composizione, etichettatura e pubblicità di questi alimenti.
Prevista, inoltre, da parte dei due ministeri, un’attività di monitoraggio sui prezzi di vendita degli alimenti per lattanti e una campagna sulla corretta alimentazione dei più piccoli, tesa anche a tutelare e valorizzare l’allattamento al seno, favorendo una corretta informazione al riguardo e l’adozione di corsi preparatori ed altre iniziative educative. Il regolamento, inoltre, prevede una vigilanza affinché, al momento della dimissione dai reparti maternità non vengano forniti in omaggio prodotti e materiali in grado di interferire con l’allattamento al seno; sarà contrastata ogni forma di pubblicità, anche occulta, di comportamenti che sconsigliano il ricorso al latte materno.

Composizione degli alimenti

Alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento devono essere fabbricati utilizzando le fonti proteiche e secondo i criteri di composizione indicati nelle tabelle allegate al decreto; devono richiedere, per essere pronti per il consumo, unicamente l’aggiunta di acqua.
Per eventuali altri ingredienti, oltre alle fonti proteiche, l’idoneità alle particolare esigenze nutritive dei più piccoli deve essere confermata da dati scientifici universalmente riconosciuti. Escluso in ogni caso l’uso di materiale derivato da organismi geneticamente modificati, mentre la presenza di residui di singoli prodotti fitosanitari deve essere strettamente contenuta nei limiti indicati. Nessun prodotto può essere commercializzato o presentato come idoneo a soddisfare il fabbisogno nutritivo nei primi sei mesi di vita, se non gli alimenti per lattanti.

Fonte: Decreto n.82 del 9 aprile 2009

Ordinanza che regola l'uso degli additivi negli alimenti

Chiunque operi nel settore della ristorazione deve assicurare la corretta informazione ai consumatori sull'aggiunta di additivi e di miscele di additivi nelle preparazioni alimentari effettuate, nonché sull’eventuale presenza di allergeni. Tali informazioni devono essere rese immediatamente disponibili a richiesta dell'Autorità sanitaria. E' quanto prevede l'ordinanza del ministero della Salute che detta "Misure urgenti in merito alla tutela della salute del consumatore con riguardo al settore della ristorazione" pubblicata nella G.U. n. 40 del 18 febbraio 2010.
Il provvedimento, in vigore dal giorno stesso della pubblicazione, disciplina l’utilizzo degli additivi e delle sostanze gassose nella ristorazione; nasce in seguito alle verifiche condotte da parte dei NAS (nuclei anti sofisticazione) su tutto il territorio nazionale in merito all’utilizzo, da parte di alcuni ristoratori, di miscele di additivi.
Obiettivo, garantire la sicurezza degli alimenti utilizzati nel settore. “Gli operatori del settore della ristorazione” afferma il sottosegretario alla Salute Martini in una nota “dovranno controllare le caratteristiche delle sostanze e degli ingredienti impiegati nella preparazione dei pasti informando adeguatamente il consumatore, in particolar modo per quanto riguarda la possibile presenza di allergeni”.

In base all’ordinanza, valida fino al 31 dicembre 2010, a chi opera nel settore della ristorazione è vietato:

- detenere e impiegare additivi e miscele di additivi alimentari per i quali la normativa vigente ha stabilito campi e dosi massime di impiego, fatto salvo l'impiego di edulcoranti, a condizione che sia garantita la corretta informazione;

- detenere e impiegare sostanze in forma gassosa ad eccezione degli additivi alimentari per i quali non sono previste dosi massime, fermo restando le norme vigenti in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

L'impiego di additivi alimentari e loro miscele, per i quali la normativa vigente non ha stabilito dosi massime, è assoggettato al rispetto della normativa (Reg. CE n. 852/2004) nonché all'obbligo di informazione del consumatore.
Con un comunicato del 14 aprile 2010, il Sottosegretario Martini ha espresso soddisfazione per la lettera con cui la F.I.C., Federazione italiana cuochi, condivide il contenuto dell’ordinanza che disciplina il settore. “L’utilizzo di interventi chimici o di alcune sostanze per alterare l’aspetto, l’estetica ed il sapore dei cibi”, si afferma nella lettera , “non giova alla reale natura della nostra vera e sana cucina” .

Fonte: Ministero della salute

Niente alimenti pericolosi nei nostri piatti

Grazie al sistema di allarme rapido dell'UE, i prodotti alimentari pericolosi vengono ritirati prima di arrivare nei piatti dei consumatori.
Qualcuno ha detto che solo una cosa è peggio che trovare un verme nella mela che si sta mangiando: trovarne mezzo. Un verme in un frutto, però, è un cosa naturale e potrebbe anche essere la prova che si tratta di un alimento biologico; altri tipi di contaminazione, invece, possono essere pericolosi sul serio. Si pensi alle diossine e alla melamina negli alimenti per neonati in Cina.
Per impedire che siano in vendita prodotti alimentari pericolosi, l'UE ha istituito già trent'anni fa un sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi (noto anche con la sigla inglese RASFF), che permette ai paesi europei di scambiarsi velocemente informazioni sui prodotti a rischio e di prendere provvedimenti immediati.
Se i problemi vengono individuati e comunicati in modo tempestivo, è possibile ritirare rapidamente dal mercato i prodotti interessati nell'intera UE o, meglio ancora, bloccarli prima che comincino ad essere venduti. Alle autorità nazionali sono comunicati anche i casi in cui, per motivi di sicurezza, viene vietata l'importazione di un prodotto nell'UE.
Se nel 2008 il numero degli allarmi trasmessi è stato più o meno simile a quello del 2007 (circa 7 000), solo in 528 casi - la metà che nel 2007 - è stato necessario ordinare il ritiro del prodotto dal mercato; questo fa pensare che i prodotti pericolosi vengano individuati con più anticipo, prima di essere messi in vendita. Circa il 62% degli allarmi riguardava prodotti originari di un paese dell'UE. La causa più frequente di contaminazione è rappresentata dai micro-organismi patogeni e dalle micotossine.
Il trentesimo anniversario del sistema di allarme è stato celebrato con una conferenza a Bruxelles il 16 luglio. I partecipanti hanno discusso la possibilità di migliorare il sistema ed estenderlo ad altri paesi. L'UE ha già finanziato l'istituzione di un sistema di allarme nel Sud-est asiatico e ha organizzato seminari di formazione in altri paesi per aiutarli a creare un sistema di allarme nazionale. L'obiettivo a lungo termine potrebbe essere la fusione di tutti i sistemi nazionali e regionali in una rete mondiale.

Il travaglio produce scariche ormonali che riducono il dolore e fanno “innamorare”

Nove mesi senza fretta, niente ansie e tanta fiducia nelle proprie forze di persona e di madre. Un frugoletto che cresce e viene al mondo non è un “prodotto”, la mamma non è una macchina. Partecipazione, presenza personale, apertura fino all'abbandono completo e alla separazione, consentono il miracolo pià naturale e più bello: l'arrivo di un bimbo, sempre più spesso trasformato in evento chirurgico. Mediamente in Italia, quasi 4 bambini su 10 vengono fatti nascere con il taglio cesareo (con punte del 62% in Campania), benché non sia più sicuro e in moltissimi non sia necessario, come hanno chiarito grandi esperti su Acqua & Sapone di aprile.

Una mamma ha tutte le forze

Ansie e timori non si giudicano. Sarebbe però grave non vedere e non dire che meraviglia ha dentro naturalmente la donna in dolce attesa. «Il parto fisiologico sicuramente aumenta la salute della donna, la rafforza, permettendole di affrontare il limite e superarlo con grande gioia e soddisfazione finale, favorendo da subito il legame con il bimbo. In realtà le ragazze hanno paura di un altro dolore, non quello fisiologico, ma quello che deriva dalla medicalizzazione e dagli interventi» spiega Verena Schmid, direttrice della Scuola Elementale (con la “elle) di Arte Ostetrica. Con l'associazione Il Marsupio, promuove il parto in casa.
Nostaglie del passato superate dalle tecnologie? «Quella dell'ostetrica è un'arte, mettiamo insieme la scienza e l'esperienza – assicura la Schmid ad Acqua & Sapone –, il parto naturale si crea in gravidanza, a cominciare da uno stile di vita più sano, così facendo si può tranquillamente partorire in casa. Con il parto medicalizzato le mamme non vengono messe in condizione di disporre di tutte le risorse che hanno. Il boom di cesarei è coerente con il nostro modo di vivere: tutto è economico, non c'è tempo per aspettare gli eventi, non si sa stare nell'incognita. Ci sono invece i protocolli e i controlli da fare. Ma in realtà, più che controllare c'è da comprendere che il parto appartiene alla vita, non alla medicina. Il rapido sviluppo della tecnologia ha creato illusioni di benessere e sicurezza ed ha favorito atteggiamenti di “fuga”».

Anima, ormoni, vita! Ecco cosa succede dando alla luce

È meraviglioso vedere cosa succede tra mamma e bimbo durante il parto vero e proprio, quasi un “duello danzato” , spigoloso, in salita, infine liberatorio e pieno d'amore! Questione di ritmo, pazienza, ormoni ed anima. «Il parto fisiologico necessita di un atteggiamento di “attacco” – dice Verena Schmid –, di andare verso. Fa paura per via del dolore, di fronte al quale la risposta naturale è il movimento che permette alla donna di assumere istintivamente le posizioni migliori, che riducono il dolore, diminuendo lo stress suo e del figlio. Una delle caratteristiche principali del travaglio naturale è la ritmicità – spiega l'ostetrica -, tra alti e bassi, accelerazioni e rallentamenti, ed il ritmo è individuale, secondo la personalità e dai vissuti della partoriente. Il dolore sembra un paradosso: la mamma riceve un “attacco” dal bambino, che mette in allarme il corpo. Il bimbo spingendo stimola l'utero, provocando contrazioni, prima irregolari poi regolari. Aumentano le catecolamine, ormoni che stimolano la produzione di endorfine, ossitocina e di tutti gli ormoni sessuali che servono a contenere il dolore e a farlo dimenticare, a partorire con gratificazione e a creare il primo legame mamma-bimbo».



Piram - Offerte della settimana

Una droga chiamata cibo

Il problema di avere una relazione normale con il cibo interessa non tanto il nostro stomaco, ma soprattutto la nostra volontà, ovvero la nostra incapacità di opporci alle nostre debolezze.
Ci adagiamo all'idea che essere grassi o meno sia un destino inevitabile dettato dai nostri geni: “mamma era grassa, lo sarò anch'io!”.
Invece la scienza, proprio quella stessa che parla tanto di genetica, ci rivela che la fame, l'eccessivo appetito non sono innati, ma possono essere indotti, trovando terreno fertile là dove c'è una persona debole.
Le ultime scoperte scientifiche dimostrano che se si continua a mangiare anche quando si è sazi, questa “necessità” può avere cause esterne ed essere provocata con l'assunzione di alcuni tipi di cibo (probabilmente fatti apposta) piuttosto che da altri. Quando si allunga la mano inconsapevolmente per ingerire sempre e proprio quel tipo di cibi, spesso ricchi di grassi, probabilmente siamo in presenza di alimenti prodotti per ingenerare una sorta di dipendenza a livello cerebrale: ci danno piacere per il semplice fatto di assumerli, senza che razionalmente sappiamo valutarne le controindicazioni. Proprio come avviene, una volta diventati “dipendenti”, con le droghe, l'alcool, la nicotina e alcuni tipi di farmaci.

La finta fame

Un gruppo di ricercatori del Southwestern Medical Center di Dallas (Texas - USA) ha dimostrato il fondamentale ruolo della grelina (dall'inglese ghrelin – parola associata al verbo “to grow” - crescere) negli eccessi di alimentazione. La grelina è un ormone gastrico che per circa il 90% viene prodotto dalla parte finale di qualsiasi stomaco animale e umano.
È il cosiddetto “ormone della fame”, che raggiunge il suo picco percentuale nel sangue circa mezz'ora prima dei pasti (quando sentiamo un certo appetito) e decresce dopo circa un'ora dall'assunzione di cibo, per poi risalire nell'imminenza del pasto successivo.
Fino a poco tempo fa si pensava che questo ormone fosse prodotto autonomamente dal nostro stomaco, ma ora si comincia a capire che ci possono essere anche cause “esterne”, introdotte nei cibi proprio per provocare una inesistente sensazione di forte appetito, se non di vera e propria fame persistente.

Il “richiamo” dei cibi grassi

L'esperimento è stato condotto su animali da laboratorio, ma fa supporre che i risultati siano estensibili agli esseri umani, in quanto sono interessate le stesse funzioni e le stesse zone cerebrali, quelle che predispongono le risposte fisiologiche interne ed esterne all'organismo. È stato scoperto che alte dosi di grelina nel sangue portano gli individui a continuare a mangiare cibi “piacevoli” anche se sono già sazi, accumulando quindi grasso corporeo. Inoltre tendono a recarsi in quei luoghi che già gli hanno dato questa piacevole sensazione nel passato.
Per l'esperimento, sono stati condotti alcuni test comportamentali. Inizialmente è stata somministrata della grelina aggiuntiva nel sangue delle cavie. Si è verificato che queste, pur non essendo affamate e dovendo scegliere tra due stanze dove in precedenza avevano trovato del cibo, preferivano decisamente quella accoppiata con una dieta ad alto contenuto di grassi. Le cavie a cui non era stata somministrata grelina, non hanno mostrato alcuna preferenza. L'esperimento ha funzionato anche quando nella “stanza dei grassi”, le stesse cavie non trovavano alcun cibo. C'era quindi anche un effetto apprendimento; come se andando solo in quella stanza, le cavie sapevano che avrebbero trovato quel tipo di piacere; nell'altra era inutile cercarlo. Mentre gli animali che non hanno ricevuto la grelina aggiuntiva, hanno rinunciato molto prima alla ricerca di cibo, sia “grasso” che non.
I ricercatori hanno anche scoperto che, bloccando l'azione di questo ormone gastrico, le stesse cavie smettevano di recarsi nella stanza associata ai cibi grassi. La correlazione tra alte dosi di grelina nel sangue e la sensazione di piacere nell'assunzione di cibo in eccesso, rispetto cioè alle reali necessità fisiologiche, risulta quindi chiara.
E visto che l'ormone e gli organi cerebrali interessati sono identici anche negli esseri umani, i ricercatori ritengono che siano condivisibili anche le sensazioni presenti nei cosiddetti “centri del piacere” nei nostri cervelli, gli stessi interessati dalle altre forme di dipendenza.

I grassi alimentari portano fame e viceversa

Ma un'altra recente ricerca, condotta presso l'Università di Cincinnati (sempre USA), condotta dal Prof. Matthias Tschöp, ha dimostrato che la produzione della grelina nel sangue viene attivata anche e soprattutto da alcune componenti del cibo che mangiamo. In particolare un eccesso di acidi grassi stimolerebbero un'altrettanto eccessiva produzione di grelina. Questo ormone normalmente ha la funzione di un meccanismo adibito allo stoccaggio di riserve energetiche, che formano i grassi corporei a partire da quelli presenti nel cibo: si accende quando le riserve scendono e si spegne, anche se non del tutto, quando le riserve sono ripristinate. Aggiungendo acidi grassi al cibo, sembrerebbe che il meccanismo “non stacca mai”. Quindi, secondo i ricercatori americani, alti livelli di grassi presenti nei cibi determinerebbero a loro volta alti livelli di grelina nel sangue. Alti livelli di grelina determinerebbero a loro volta un persistente bisogno di piacere nell'assumere proprio quei tipi di cibi. Come un cane che si morde la coda all'infinito. Bilancia e sensi di colpa poi, completano il disastro. La fame (quella vera) e l'appetito in tutto questo meccanismo c'entrerebbero poco o nulla.



Piram - Offerte del mese

Parti cesarei: perché così tanti?

Care donne, siete fatte bene. Avete tutte le carte in regola per accogliere, sostenere per 9 mesi e dare alla luce i vostri bambini.
La scienza e le innovazioni aiutano e servono, ma è essenzialmente nella vostra natura di donne che c'è già tutto ciò che serve per generare nuova vita. Eppure in Italia ormai quasi 4 bebè su 10 vengono al mondo attraverso il taglio cesareo, anziché con il parto vero e proprio.
Un boom che non ha uguali nel mondo, con punte assurde in alcune regioni del Sud. Gli esperti lo confermano ad Acqua & Sapone: si tratta di un eccesso assurdo, meglio il parto naturale. Eppure le mamme finiscono sempre più per suggellare “sotto i ferri” la meravigliosa esperienza della gravidanza.

cesarei: RECORD MONDIALE

Diminuire ad un valore nazionale pari al 20% entro il 2004 la frequenza di pance tagliate per far nascere i bambini era uno degli obiettivi del Ministero della Salute dieci anni fa. Lo avevano annunciato i suoi esperti in un documento dall'inequivocabile titolo: “L'eccessivo ricorso al taglio cesareo”.
I dati più recenti parlano invece di oltre il 38% di cesarei nel 2008.
Più di tutti sulla Terra. In Europa la media è tra il 20 e il 25%. Abbiamo così superato enormemente il limite massimo raccomandato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (10-15%). Il fenomeno si concentra nelle strutture piccole (con meno di 500 nascite l'anno) e private e riguarda anche le donne più giovani: una su 3 fino ai 24 anni e tra 25 e 29 anni (Istat 2006). Del resto con un cesareo s'incassa quasi il doppio che con un parto spontaneo. Quello che è un estremo rimedio, al quale ricorrere solo in presenza di evidenti rischi, è ormai una moda nel Belpaese. Solamente una volta su tre è praticato per motivi di salute di mamma e bimbo. Ciò vuol dire che solo 12 volte su 100 sarebbe giustificato anestetizzare la donna e tagliarle la pancia. Di recente hanno colpito i casi di due cliniche in zone vip di Roma: in una, al quartiere Parioli, l'84,4 per cento dei bimbi sono nati con tagli cesarei, nell'altra all'Eur, l'86,2 per cento. Quasi 9 su 10.

Più sicuro il parto naturale

«Da che mondo è mondo le donne hanno sempre affrontato bene il parto. Sicuramente il parto naturale è la scelta migliore per la salute sia della mamma che del bambino» assicura ad Acqua & Sapone la dottoressa Serena Donati, dell'Istituto Superiore di Sanità.
«Il cesareo è un intervento chirurgico, una pratica salvavita insostituibile quando esiste appropriata indicazione medica. Tuttavia è fondamentale una corretta informazione alle donne già durante la gravidanza per aiutarle a scegliere consappevolmente le modalità del parto» spiega la Donati, che è tra i coordinatori della “Linea guida al taglio cesareo”, in distribuzione in tutta Italia tra addetti ai lavori, genitori ed associazioni. Il mito della maggiore sicurezza del taglio rispetto al parto fisiologico va dunque sfatato. «Il cesareo è una procedura d'urgenza, la gente lo ritiene più sicuro, ma ciò non è affatto provato, non è assolutamente più sicuro. Anzi il parto spontaneo è più tranquillo perché non richiede intervento chirurgico», ci conferma il Prof Massimo Moscarini, presidente dell'Associazione Ostetrici ginecologi universitari italiani (Aogoi), direttore del Dipartimento di Ginecologia dell'università La Sapienza di Roma e del Dipartimento di Ginecologia dell'ospedale romano Sant'Andrea. «Il parto più naturale possibile è la miglior cosa mentre un parto non spontaneo, se non ce ne sono i presupposti medici, è un rischio per madre e figlio» assicura il docente.

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