google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0 SALUTIAMOCI google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0

Nel 2010 per l'Alzheimer verranno spesi 604 Mld $ nel Mondo

I costi globali per la demenza raggiungeranno i 604 miliardi di dollari nel 2010, oltre l'1% del Pil prodotto nel mondo, e sono destinati a salire ancora con il numero delle persone malate che secondo le stime triplicherà entro il 2050. Lo rivela uno studio presentato oggi.
Per esemplificare la portata del problema, un rapporto di Alzheimer's Disease International (Adi) dice che se i costi per curare circa 35,6 milioni di persone affette da Alzheimer e patologie analoghe fossero rappresentati come un Paese, questo sarebbe la 18esima economia del mondo e si collocherebbe tra Turchia e Indonesia.
Il rapporto, di cui sono autori Martin Prince del King's College London Institute of Psychiatry britannico e Anders Wimo del Karolinska Institute di Stoccolma, combina i più aggiornati dati sulla demenza con ricerche di settore in America Latina, India e Cina.
L'Adi prevede che con l'invecchiamento della popolazione i casi di demenza - la cui forma più diffusa è l'Alzheimer - quasi raddoppieranno ogni 20 anni per raggiungere i 66 milioni nel 2030 e i 115 milioni nel 2050, con una particolare concentrazione nei Paesi poveri.

fonte: Reuters

Le tecniche dolci di rilassamento indiane per estirpare i vizi comportamentali.

Capire che la mente umana si organizza per schemi è stata una inportante intuizione. Lo è stata per coloro che attraverso una semplice tecnica di rilassamento hanno potuto offrire all'uomo la possibilità di estirpare i sui vizi comportamentali. La scoperta, ha fornito ai maestri indiani, la possibilità di costruire ordinate tecniche attraverso le quali, i loro fruitori, potevano e possono mettere in atto cambiamenti anche quando l'insuccesso sembra scontato. Vi stò parlando delle antiche tecniche di rilassamento indiane, ribattezzate da un conosciuto maestro con il nome di Yoga Nidra. A tali tecniche si ispira anche il Training Autogeno, ma oserei dire, che le tecniche orientali, si presentano più capaci ed affrontano anche altri aspetti che non riguardano solo il rilassamento fine a se stesso. Esse mettono in atto esperienze di risveglio dello stato dell'attenzione, poi della consapevolezza e infine una indagine conoscitiva profonda, paragonabile a quella della meditazione, nella quale il soggetto arriva a conoscere stati di coscienza inusuali, ritrovandosi a stretto contatto con la sua essenziale natura.

Uno di questi importanti aspetti è rappresentato dal Sankalpa (proposito), da esprimere al momento giusto, in relazione ad un cambiamento che si desidera mettere in atto. La nostra vita è disseminata di tentativi di cambiamento il più delle volte umiliati dall'insuccesso. Bisogna innanzitutto comprendere cosa succede e, in particolare, come funziona la nostra mente. Affrontare nemici forti come le cattive abitudini con ignoranza, porta sicuramente al disastro e un disastro psicologico, rischia di indebolire la personalità, rendendola sempre più vulnerabile.
Ogni tentativo, ad esempio, "andato in fumo" per smettere di fumare, fa di noi esseri caratterialmente deboli e fragili, e, tale debolezza, trova sicuramente ripercussione anche in altri aspetti della nostra esistenza. Attenzione dunque a mettere in atto tentativi solo quando si è abbastanza determinati e sicuri di poter uscire vittoriosi. Diversamente si pagherà un caro prezzo.
Sforziamoci allora di comprendere alcune cose: come ho detto all'inizio, la mente umana si organizza per schemi. Cosa significa: che la mente legge per buone tutte le abitudini acquisite e tende a difenderle. Anzi considera le "abitudini diverse" come nemiche. È per questa ragione che talvolta tendiamo a disprezzare chi fa le cose diverse da noi. In altri termini intendo chiaramente dire che, dello schema, fanno parte anche le sue difese. Per questa ragione, quando vogliamo cambiare, diventa difficile. Pensate ai bambini e, ad esempio, alle loro abitudini alimentari. Vogliono mangiare sempre le stesse cose: la pastasciutta col pomodoro, le patate fritte... nonostante proponiate loro le pietanze più appetitose. Sì, perchè la mente del bambino ha acquisito quei pochi cibi come "buoni" e li difende. E pensate anche ad un'altra fatto ancora più evidente: se vi ricordate, quando avete voluto iniziare a fumare, avete avuto grosse difficoltà. Forse anche voi avete voluto imparare a fumare per essere "grandi". Lo schema mentale di quel momento, tuttavia, vi ha avvertito che stavate facendo qualcosa di non corretto. Avete impiegato la volontà necessaria andando addirittura contro natura per modificare quello schema. È stata dura... avete pagato con disturbi fisici, vomito, mal di testa, ma alla fine ce l'avete fatta... Oggi pretendereste di smettere di fumare senza l'impiego di altrettanta energia.

Ma, a parte il fumo, ciò vale anche per gli altri aspetti del problema denominato "cambiamento".
Il mercato offre tanti metodi per affrontarlo... dalla psicanalisi allo yoga, dalle terapie americane a quelle cinesi... dal risveglio del senso di colpa a chi più ne ha più ne metta...

Personalmente consiglio metodi naturali e dolci. Ecco perché in questo articolo vi propongo le tecniche indiane. Esse partono da una scoperta: la mente quando è rilassata è meno reattiva e facilmente si lascia sorprendere da un proposito che può passare le sue linee di difesa e insinuarsi oltre le stesse. Ciò significa che se un soggetto è messo in condizione di operare una decisa scelta (proposito), in profondo stato di rilassamento esprimendola con forza interiore, essa può divenire "passante" come una freccia scagliata oltre le mura del castello mentale. Questo pensiero "intruso" una volta che si trova al di là delle "difese" non può che essere preso in considerazione dalla mente e "lavorato". Ne consegue un aggiustamento, qualche volta, almeno all'inizio, disorientante per la mente stessa. Essa è obbligata a produrre un nuovo schema del quale va a far parte il proposito di cambiamento che, se continuamente rinforzato, porta a sicura realizzazione.

La situazione, tuttavia, non deve essere presa con leggerezza. Bisogna tenere conto che, durante il periodo di assestamento, il soggetto trattato o che si autotratta, può stare un po' male, o per lo meno non essere in perfetta forma. Non è difficile capire il perché. Mi sento tuttavia di sostenere che, se una persona è fortemente turbata da quelle che potremmo definire "cattive abitudini", senza aver trovato altre risorse per combatterle, può sicuramente ricorrere alle tecniche di Yoga Nidra. Esse consistono in pratiche che si possono trovare anche incise su audiocassetta: sdraiati sul pavimento, in posizione comoda, ci si lascia guidare dalla voce di un esperto, prima nella presa di coscienza del piano fisico, poi l'emozionale ed infine il mentale.
Le pratiche procurano certamente più benefici se eseguite in ambiente idoneo come una scuola di Yoga, sotto gli occhi di un buon maestro.

Amadio Bianchi

di C.Y.Surya

Come difendersi dalla negatività degli “altri”

E’ anche troppo palese che, senza aver prima realizzato una salda capacità di “distacco”, ovvero di non coinvolgimento, si è vincolati a suggestioni provenienti dall’esterno.
Credo sia capitato a tutti, di fare i conti con la contaminazione negativa che noi stessi, o altri, in taluni momenti portiamo nel circolo di esistenze che stanno intorno a noi.
Un caso tipico viene spesso vissuto sul posto di lavoro quando, ad esempio, e capita più facilmente di lunedì, un collega dopo aver passato un brutto fine settimana, magari a bisticciare con la moglie, con i figli o con la suocera, si presenta di cattivo umore. Anche se rimane silenzioso e in disparte, finisce con coinvolgere chi gli sta intorno, trasmettendo la propria negatività, e dalla quale, senza esperienza, agli altri, diverrà difficile potersi salvaguardare.
Eccovi allora un esercizio che può aiutare a rinforzare le proprie difese attivando uno schermo psicosomatico:

- Sdraiatevi sul pavimento (se non vi è possibile lo potete fare anche su un letto) e, prima di tutto, sistemate con cura il corpo, nella posizione ideale di rilassamento : le gambe leggermente aperte con le punte dei piedi che cadono verso l’esterno, le braccia non troppo vicine né troppo lontane, con il palmo delle mani rivolto verso l’alto. Il mento leggermente più vicino allo sterno.

- Concentratevi sul piano fisico e gradatamente, realizzate uno stato di totale abbandono. Poi divenite consapevoli del respiro impegnandovi a risvegliare la respirazione naturale e spontanea e, quando l’avrete ottenuta, assumetene il controllo sviluppando respirazioni più lente e profonde.

- Concentratevi in seguito su un punto sotto i piedi distante circa 10 centimetri. Intensificate la vostra consapevolezza e sentite questo punto chiaramente. Poi fate la stessa cosa sopra la testa cercando di percepire nitidamente un punto 10 centimetri oltre il capo.

- Visualizzate ora l’inspirazione che partendo dal punto oltre i piedi risale sul lato destro fino al punto sopra la testa formando un semicerchio luminoso. Con l’espirazione, al contrario, completate il cerchio luminoso scendendo da sopra il capo a sotto i piedi sul lato sinistro. Continuate a lungo per rinforzare sempre più tale immagine fino a sentir divenire concreto e reale quello scudo energetico a forma luminosa di cerchio che vi state costruendo con la forza della vostra mente e del respiro. Quando avrete resa tangibile, quasi reale, la visualizzazione del cerchio, allora immaginate voi stessi sicuri, rilassati e protetti all’interno di quel cerchio e continuate fino a quando il tempo ve lo permetterà.
Senza dubbio, tale esercizio, in relazione con il piano energetico, vi rinforzerà, anche da un punto di vista psicologico.

Amadio Bianchi

di C.Y.Surya

Impariamo a leggere nel corpo umano il passato, il presente, il futuro e altri aspetti

Ho potuto constatare che un corpo reca indelebili e spesso inequivocabili tracce del vissuto e delle tendenze psicologiche. Bisogna tuttavia tener presente che, attraverso il sistema nervoso, è connesso al cervello e quest'ultimo è formato da due emisferi ognuno dotato di peculiari specialità.
L'emisfero sinistro si distingue nella gestione di qualità normalmente considerate maschili come l'attività fisico-materiale o la razionalità, mentre il destro è più in relazione con tipiche doti "femminili" come la creatività, la percezione, l'intuizione.
La parte destra del corpo è governata dall'emisfero sinistro mentre la sinistra da quello destro. Questo, ci consente di stabilire, per induzione, il rapporto del soggetto con l'aspetto femminile o maschile o di attribuire talune disfunzioni al buono o cattivo funzionamento dell'area dell'organismo, o cerebrale, corrispondente.
Per curiosità vi segnalo che: se incrociando le dita delle mani avete la tendenza a sovrapporre il pollice sinistro, è perché siete più a vostro agio nell'utilizzo delle qualità cerebrali femminili (il pollice sopra indica la dominante) o, viceversa, per il destro.

Per ritornare a quanto espresso in precedenza, una contrazione attiva nella parte destra del corpo, potrebbe rendere palese uno stato di disagio causato da sofferenza verso l'aspetto "maschile" o viceversa per l'area sinistra. La sua precisa localizzazione, inoltre, ci permetterebbe di chiarire se è da porre in relazione con l'aspetto fisico, emozionale o mentale o addirittura con il profondo passato, il presente o il divenire.
Dobbiamo tener presente, inoltre, che l'emisfero sinistro, di fronte a misurazioni scientifiche, è prevalente poiché tende spontaneamente a entrare in attività prima dell'altro, determinando un più spontaneo e immediato utilizzo della parte destra del corpo. Per questo, solitamente, sembra essere la più sviluppata.
Non dovrebbe quindi meravigliare che una persona sdraiata e rilassata presenti il piede destro normalmente più aperto e cadente verso l'esterno rispetto al sinistro, giacché, come si può intuire, la parte destra del corpo è più sciolta. Un piede sinistro più aperto, c'indurrebbe, invece, a effettuare controlli accurati sul bacino o sulla colonna vertebrale per timore di essere di fronte ad eventuali disagi.
Per ritornare alle aree in cui potrebbero essere dislocati i disturbi, in generale sono propenso a pensare che la parte bassa del corpo (dalla vita in giù) corrisponde alle radici, vale a dire al passato, quella mediana (dalla vita alle spalle) al presente e la superiore (dalle spalle alla sommità della testa) al rapporto con il divenire. Si può anche ritenere la parte bassa come fisico-istintuale, quella mediana emozionale ed infine quella alta intellettuale.
Per una migliore comprensione, ricordiamoci che spesso vediamo persone che presentano un evidente sviluppo maggiore della parte bassa del corpo ed il resto abbastanza corto, come compresso. In generale possiamo ritenere che tali soggetti abbiano avuto una buona adolescenza ma, in seguito, di fronte alle responsabilità della vita, siano andati incontro a serie difficoltà. In altri termini possiamo comparare questa condizione a quella di un alberello che sia aiutato agli inizi della sua crescita con un bastone ma nel momento in cui gli è tolto, ritenendolo sufficientemente forte, va incontro a difficoltà presentando in seguito curve, accorciamenti ecc.
Quanto detto, penso possa essere sufficiente a farvi comprendere perché i nostri interventi terapeutici sono praticati in silenzio, infatti, non abbiamo bisogno di fare domande: il corpo parla!
Per chiarire sempre di più vi dirò ancora che, come capita spesso oggi, data la qualità della vita, se un assistito tende ad appoggiare le mani sull'addome è perché ci sta inconsciamente dando chiara indicazione del disagio in quella zona: è come se il corpo tendesse a proteggere il malessere di un'area debole e scegliesse di farlo in questo modo. In seguito ad un'indagine, potremmo, infatti, riscontrare disturbi negli organi lì presenti.

Le delusioni e le sofferenze passate si riscontrano in generale sottoforma di contrazione o chiusura e l'area della sua dislocazione potrebbe chiarirci il livello: se fisico, emozionale o intellettuale.
L'ansia invece, dilagante disturbo legato alla qualità della vita odierna, è normalmente in relazione con la preoccupazione verso la sopravvivenza futura. Si può riscontrare su vari livelli ma si manifesta, oggi, specialmente nell'addome, alterando la salute degli organi digestivi e di eliminazione.
Sicuramente già sapete che i disturbi di stomaco o intestinali sono in forte aumento così come, per un'altra ragione, si stanno evidenziando sempre di più (soprattutto dopo l'avvento del computer) fastidi alle spalle e alle cervicali che, nel caso di una lettura attraverso la funzione dei cakra, potrebbe significare malessere legato alla "comunicazione" sempre più difficoltosa a causa dell'isolamento nel quale l'uomo si starebbe richiudendo.

di Amadio Bianchi
di C.Y.Surya

La vitamina D prodotta dall’esposizione solare potrebbe aiutare a riparare i danni dell’epidermide

E se il sole, anziché danneggiarla, facesse bene alla pelle? Alcuni ricercatori della Stanford University sostengono che se preso nella dose giusta, potrebbe aiutare a riparare danni alla pelle causati dall’eccessiva esposizione al sole, attivando un particolare processo immunitario.
Con l’esposizione alla luce solare, spiegano gli studiosi, le cellule dell’epidermide producono una forma «inerte» di vitamina D che – secondo le conoscenze attualmente a disposizione – viene resa attiva, e dunque utilizzabile dall’organismo, per mezzo di recettori nei reni e nel fegato. Il gruppo di ricercatori ha individuato un similare meccanismo a livello dell’epidermide che coinvolge le cosiddette «cellule dendritiche». Queste convertono la vitamina D prodotta a seguito dell’esposizione al sole nella sua forma attiva. Questa, a sua volta, induce le «cellule T», che hanno il compito di distruggere le cellule danneggiate o ammalate, a migrare verso gli strati superiori della pelle nel caso in cui, per esempio, accade che il sole danneggi il DNA delle cellule epidermiche.
«I risultati sperimentali – afferma Hekla Sigmundsdottir, una componente del gruppo di ricercatori di Stanford – spiegano il meccanismo attraverso il quale le cellule T “sanno” di doversi dirigere verso la superficie». La scienziata fa anche notare che la psoriasi, malattia della pelle, viene spesso trattata con creme a base di vitamina D3: questa terapia potrebbe dunque funzionare proprio stimolando la migrazione delle cellule T verso la superficie della pelle.
Ma se il sole e la vitamina D possono svolgere un ruolo di protezione della pelle, tengono a precisare gli esperti, è bene comunque non prolungare eccessivamente l’esposizione: il sole va sempre preso in dosi moderate in modo da evitare pericolosi danni all’epidermide. Quindi sì alla tintarella, ma senza esagerare.

di TSW srl

Cosè lo Yoga?

La mente umana, nel suo processo evolutivo, é stata rischiarata dalla luce della consapevolezza, generando sistemi il cui fine é il miglioramento della condizione umana.
Sono le circostanze che, talvolta, determinano la collocazione geografica, dove, tali sistemi, si manifestano più chiaramente al mondo.
Così, lo Yoga trova in India la collocazione storica della sua nascita rimanendo, in seguito, altresì imprigionato nella cultura religiosa di questo paese.
Ciò diviene determinante ai fini del ricercatore il quale, oggi, deve per forza passare attraverso la cultura indiana per poter comprendere il fine ed utilizzare le tecniche che vanno a formare il sistema di Liberazione denominato Yoga. E quando si dice "liberazione" si intende dire liberazione dal giogo della sofferenza umana ma per un Hindù rappresenta, inoltre, la via per liberarsi dal ciclo del samsara o delle rinascite indissolubilmente legate alla distorta visione dei sensi che impedisce lo scioglimento dell'unione con la sofferenza e l'accesso alla conoscenza del Sè assoluto.

La parola Yoga, dunque, appartiene al mondo spirituale e, qualche volta, utopistico indiano, anche se lo Yoga più antico, alcuni sostengono, non presentasse alcuna connotazione di tipo culturale o religioso.
L'antica origine dello Yoga è sicuramente pre-aria come testimoniano i ritrovamenti archeologici di Harrappa e Mohenjo-daro città appartenenti alla civiltà della valle dell'Indo che precedono lo sviluppo dell'India vedica.
Lo Yoga ritenuto classico, invece, vede la luce nei primi secoli della nostra era ed é considerato uno dei sei Darsana, o punti di vista, del pensiero filosofico-religioso Hindù la cui codificazione, come tutti sanno, si attribuisce a Patanjali, compilatore degli Yoga-sutra o Aforismi dello Yoga di datazione, come sempre accade quando si é a contatto con la storia indiana, assai incerta.
Come si é detto già tante volte, Yoga é una parola sanscrita che derivando dalla radice del verbo Yuj indica l'atto di aggiogare. Esempio: aggiogare i buoi al carro. Il suo significato accorda a questo sistema il ruolo di disciplina laddove si pensi di aggiogare la personalità istintuale presente nella natura umana, per orientarla e finalizzarla verso scopi ben più alti rappresentati da altri significati, che vedremo in seguito, attribuibili al verbo Yuj.
I fautori di questa disciplina, inizialmente si addestrano, in ambito psico-somatico, ad aggiogare mente e corpo per ottenere una perfetta unità, operante a profondi livelli verso una singola idea.
Essi passano così a sperimentare una prima sensazione di aggregazione armonica che corrisponde ad uno stadio piacevole nel quale la mente risulta parzialmente riorganizzata.

Per tornare al verbo sanscrito Yuj, troviamo quasi sempre indicati, come vi dicevo, altri significati oltre il più intrinseco "aggiogare" che ritengo possano rappresentare precise tappe e relative esperienze di coscienza, come quella sopra descritta legata al verbo unire o unione se riferito alla parola Yoga.

Una terza proposta interpretativa, appunto, si ravvisa nella parola "fusione" che per lo Yoga rappresenta il livello coscienziale d'esperienza relativamente più avanzato che, di solito, segue la completa realizzazione dell'unione psico-fisica.
In questo stadio il soggetto dopo aver preso atto dell'interrelazione dinamica esistente tra sé e ciò che lo circonda, la realizza fortemente anche come sensazione.
Ciò vale a far cadere le ultime resistenze e contrarietà verso aspetti della manifestazione, naturalmente anche verso gli uomini, sentendosi in fusione ed a loro legato da qualcosa di comune.
Cambia a questo punto la sua visione del mondo. Le parole amico, nemico o indifferente vengono sostituite da favorevole, sfavorevole o neutrale e, per conseguenza, si presenta in lui una più evidente stabilità emotiva.
Le memorie, soprattutto attraverso la pratica della meditazione, vengono anch'esse riorganizzate e spogliate dall'aspetto emotivo.
Il pesante fardello, che in molti casi costituisce il deprimente passato, viene sciolto e spesso si nota lo scomparire dei sensi di colpa.
L'individuo può così incamminarsi verso un quarto stadio di realizzazione che lo porterà a cercare la gioia duratura e ciò che sta oltre l'ordinario, ovvero il trascendente.
Lungo la via potrebbe sperimentare la suprema quiete, conoscere e riposare nella vera essenza del suo essere.
Attraverso una continua meditazione sul vero sè, che è pura coscienza eterna ed al dilà del complesso psico-somatico e delle oppressioni mondane egli potrebbe giungere alla libertà.
Nel pieno successo di questa fase il soggetto dovrebbe tornare ad integrarsi, o meglio si reintegrerebbe nella collettività, si pensa privo di resistenze, e con una chiarissima visione della realtà.

Per concludere questa prima parte devo per di più affermare che la scienza dello Yoga esige di insegnare un metodo che permetta di conseguire l'unione completa del Sé, cioè della realtà spirituale presente in ognuno di noi con quella universale la cui costituzione sarebbe, secondo una ipotesi dell'antica letteratura, realtà, coscienza, beatitudine (Satchidananda).
Questa unione sarebbe l'unico vero Yoga. Il punto da dove si parte per questa esperienza.
Uno stato di coscienza nel quale i mistici si propongono di incontrare e conoscere Dio.
Un percorso, forse a ritroso, per mezzo del quale il generato, per così dire, ritornerebbe nel grembo del generante, anzi fondendosi nella stessa natura di quest'ultimo sicuramente perdendo la sua identità individuale.

di Amadio Bianchi
di C.Y.Surya

Qual'è la differenza fra le discipline orientali e quelle occidentali?

Le prime tendono principalmente ad unificare il complesso psicosomatico verso la sostanza spirituale, le seconde verso quella materiale. Esse sono come i due poli dell'universo che rappresentano l'espressione concreta della manifestazione. Non è quindi il caso di dare vita alla solita sterile polemica nella quale si specula su ciò che potrebbe essere superiore o inferiore.
Le discussioni a cui qualche "settario" si abbandona nel tentativo di ottenere ad esempio la supremazia dell'uomo rispetto alla donna e viceversa, io credo non abbiano giustamente portato mai a nulla di buono.
Quello che bisogna comprendere è che l'universo manifesto ha necessità di sostenersi mediante tutti e due i poli. Dico questo perché ultimamente in occidentale è presente una forma di "orientefilia" che porta le persone a snobbare la visione occidentale materialista e esse non si accorgono, come ho già più volte affermato, che l'oriente, in particolar modo l'India, si trova ad essere fortemente impegnata proprio verso questa direzione. È giusto così, poiché il giusto sta nella presenza forte di entrambe i poli. Donne forti e uomini forti alzano la qualità del genere umano. Una buona realizzazione materiale unita ad una altrettanto valida realizzazione spirituale conducono l'uomo a sperimentare stati di appagamento e di gioia che sono premessa di tranquillità e pace.

Secondo chi scrive l'umanità sarà sempre più impegnata sulla via che conduce al ritrovamento o al recupero di discipline "psicosomatiche", come del resto questi ultimi anni hanno dimostrato, consapevole della differente qualità del risultato. L'oriente "equilibrato", libero cioè da eccessi interpretativi, ha già dato chiare indicazioni verso questa direzione. Alcuni saggi hanno indicato una "via di mezzo", una terza via di sperimentazione che dovrebbe condurre all'equilibrio. Mi associo dichiarando che il benessere che ognuno di noi ricerca nelle discipline sia orientali sia occidentali, insorge quando il fanatismo è mantenuto lontano e quando nel comportamento umano c'è assenza di competizione.

Del resto il fanatismo settario è ben presente anche in talune discipline occidentali che divengono dannose per la salute psicofisica del soggetto. Basti pensare cosa accade quando per un eccesso di "apparenza" fisica si arriva ad usare oltre ai "pesi", farmaci pericolosi per la salute. Ma sono anche convinto che spesso certi "pesi" non sono più indicati per una normale colonna vertebrale, una struttura ossea e muscoli di un genere umano ormai reso debole dal tipo di vita. Troppi sono i danni che personalmente ho constatato, come terapeuta, su molte persone che hanno lavorato in palestre dove si asseconda la filosofia dell'apparire e non dell'essere. Danni fisici talvolta irreparabili e naturalmente anche danni "interiori". Meno male che l'oriente ci ha portato a riflettere stimolando il recupero di certi valori.

di Amadio Bianchi
di C.Y.Surya

Il Dharma e il Karman (la legge di causa-effetto)

in India un principe, fin da bambino, nella remota antichità, veniva affidato alle cure di un maestro perché innanzitutto lo istruisse sul Dharma, e questo tipo di istruzione doveva precedere tutte le altre, comprese quelle specifiche delle arti marziali, relative alla casta dei guerrieri a cui apparteneva, affinché le sue azioni potessero in seguito essere sempre illuminate dal giusto (Dharma) e per conseguenza portarlo verso la realizzazione e la felicità di se stesso e degli altri.
La cultura spirituale indiana, oserei dire da sempre, suggerisce il risveglio della consapevolezza come via di ralizzazzione.
Ed è proprio per mancanza di consapevolezza che l'uomo oggi compie le sue azioni scorrette e poi come un bambino si lamenta dei mali di cui lui stesso è causa. Basti vedere cosa accade nella nostra società, dove, senza più etica, si è costretti a vivere nell'infelicità, nella sfiducia reciproca e nell'insicurezza. A mio parere è giunto il momento di meditare con maggiore intensità su alcuni principi naturali, per potersi armonizzare con essi. Tutto deve partire da una comprensione delle fondamentali regole della natura che nella cultura indù prendono il nome di Dharma. La parola Dharma deriva dalla parola indoeuropea DHR che significa sostenere, mantenere in essere e qualche volta formare. Il Dharma è sia qualche cosa di fisso, stabile, saldo come nel Sanatana Dharma, letteralmente la regola eterna, il vero nome spirituale del movimento che in occidente prende il nome di Induismo, sia la natura delle cose, ciò che le fa essere così come sono e non altrimenti. È in base al Dharma, infatti, che i corpi celesti seguono il loro corso. Il Dharma è, dunque, una qualità della manifestazione così come la fragranza è un Dharma del fiore.

Il Dharma tuttavia, analizzandolo da un punto di vista di maggior nostro interesse in questa relazione, è legge della natura e ordine sia del cosmo che della vita personale poiché suggerisce le norme del comportamento individuale.
Vivere seguendo il Dharma (il proprio Dharma lo si incontra nella coscienza purificata dall'ego), significa andare verso la propria vera natura e portare questa in armonia con il Sanatana Dharma (ordine cosmico-legge divina ed eterna) è l'essenza stessa della religione per un indù.
Dal punto di vista pratico e a noi vicino il Dharma diventa come un codice di norme, come quello costituito dagli Yama dello Yoga, intese ad assicurare sia l'equilibrata relazione con gli altri e ciò che ci circonda, sia la propria salute spirituale.

Gli Yama sono cinque:

- Ahimsa: non violenza, prima norma etica, prescrizione che si deve osservare e realizzare per poter proseguire lungo la via della realizzazione.

- Satya: veracità. Consiste nella coerenza di parole pensieri ed azioni.

- Asteya: astensione dal furto, dal prendere cioè ciò che non ci appartiene ma anche sopprimere in sé addirittura il desiderio di tale appropriazione.

- Brahmacarya: controllo dell'istintualità, castità: primo passo dell'itinerario ascetico.

- Aparigraha: non avidità, non possesso.

Per un indù non tentare di seguire il Dharma significa essere nell'Avidya (parola sanscrita tradotta normalmente con ignoranza). Ma Avidya è non riconoscere la verità e quindi non riconoscere Dio e ciò porta a disastrose conseguenze come in tutta la cultura indù è testimoniato dagli antichissimi poemi epici che assumono grande importanza per chi è alla ricerca di norme comportamentali che si armonizzino con il divino.

La spiritualità indiana suggerisce una vita profondamente responsabile dove le azioni siano appunto regolate dal Dharma: tiene conto cioè della grande regola di causa effetto anch'essa insita nella manifestazione. A tale regola ha dato il nome di Karman o Karma come noi amiamo definirlo comunemente. La parola Karma deriva dalla radice del verbo sanscrito Kr che significa fare, agire. Anche l'universo stesso è un Karma, è l'effetto e conseguenza di un'azione divina.
Nel microcosmo il Karma ci porta di fronte al frutto delle nostre azioni. In altri termini noi risultiamo dal nostro passato ma è anche vero che il nostro futuro risentirà delle azioni che stiamo compiendo ora.
Le azioni corrette portano bene e felicità. Le azioni corrette sono quelle regolate dal Dharma.
Non perdiamo altro tempo, dunque. Impegnamoci seriamente nello studio del Dharma perché questo possa regolare le nostre azioni e condurci ad una illuminata realizzazione piena di Ananda (beatitudine).

di Amadio Bianchi