google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0 SALUTIAMOCI google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0

Tumore: l'importanza di una corretta riabilitazione

In Italia vivono oltre un milione e 700 mila pazienti a cui è stato diagnosticato un tumore, con un incremento annuo di 250.000 nuovi casi (un numero in crescita visto che nel 1970 i nuovi casi di tumore erano meno di 120.000).

Fortunatamente, oltre al numero di malati nel tempo è cresciuto anche il numero di persone che riescono a guarire: il 50% dei pazienti, grazie ai tanti passi in avanti compiuti dalla ricerca, oggi può tornare alla propria vita, spesso anche senza conseguenze invalidanti.

Il tumore, proprio per il gran numero di persone che lo ha dovuto affrontare, rappresenta una patologia ad elevato impatto sociale: sono tantissimi i pazienti che convivono con la propria neoplasia, riportando importanti conseguenze di carattere psicologico e relazionale.

Le associazioni di volontariato oncologico chiedono un impegno maggiore nella riabilitazione dei pazienti, perché la mancanza di corretti percorsi riabilitativi va ritenuta come un diritto negato.

La riabilitazione oncologica deve aiutare le tante persone che hanno vissuto l’esperienza di un tumore a recuperare la propri autonomia fisica e psicologica, migliorando il più possibile la qualità della vita.

Diagnosi, terapia (chirurgia, radioterapia, chemioterapia, farmaci biologici), ricaduta e progressione, cure palliative: ognuna di queste fasi della malattia comporta delle specifiche problematiche che vanno riconosciute e analizzate.

Durante la fase di riabilitazione il paziente fa i conti con nuovi bisogni legati all’immagine corporea, alla nutrizione, alla sessualità, alla possibilità di procreare, di contrastare il deterioramento cognitivo legato a certe terapie e di progettare il proprio futuro.

Questa è la sfida che si gioca oggi nel campo della riabilitazione oncologica. La FAVO (federazione delle associazioni di volontariato oncologico) sta premendo perché la «riabilitazione oncologica» venga inserita nei livelli essenziali di assistenza da garantire a tutti i cittadini, ed ha presentato il primo “Libro bianco sulla riabilitazione oncologica” che contiene i risultati di un’indagine condotta in molte strutture ospedaliere esistenti in Italia (è possibile richiederlo gratuitamente via mail a info@favo.it)

Anche i medici concordano con questo nuovo approccio: «l' efficacia di buona parte della ginecologia oncologica, che riguarda patologie dell' utero, della vagina e dell' ovaio - sottolinea il Presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia Giorgio Vittori - è spesso legata alla radicalità dell' intervento che può compromettere la funzione dell' organo. Questo fa sì che l' aspetto riabilitativo sia fondamentale per consentire alla paziente la miglior qualità di vita possibile. Da ginecologo inoltre auspico che si possa presto arrivare a considerare una riabilitazione di genere considerando la peculiarità biologica e sociale delle donne».

Inoltre ai pazienti oncologici va fornita un’informazione più mirata perché sono in pochi a conoscere e sfruttare tutti i benefici previsti dalle leggi in vigore (per informazioni: visitare la sezione dedicata ai diritti dei malati presenti sul sito web: http://www.aimac.it/).
pubblicato da:

di Farman & C. snc

Come Sbiancare i Denti ?

Sia la nicotina che il caffè sono i peggiori nemici dei nostri denti. Entrambi infatti contengono dei componenti in grado di rendere gialli i nostri denti. Questi componenti si attaccano ai denti e l’unica soluzione è quella di effettuare uno sbiancamento dei denti che il Vostro Dentista di fiducia è in grado di fare con una semplice operazione.

Come soluzione fai da te potete trovare nei centri commerciali o in farmacia dei dentifrici sbiancanti che hanno come scopo il prevenire l’ingiallimento e allo stesso sono in grado di eliminare in parte il giallo già presente. Unica pecca è la loro azione, limitata solo agli strati più esterni dei denti. In uno studio dentistico invece vengono applicate delle tecniche molto più approfondite e definitive. Eccole:

Power bleaching: basata sull’uso di perossidi ad alta percentuale, li applica direttamente sullo smalto dei denti, il quale viene penetrato grazie all’uso del laser. Normalmente i risultati si vedono già dopo il primo trattamento.

Mascherine: questo tipo di sbiancamento viene effettuato grazie a delle mascherine che riproducono esattamente la forma delle arcate dei pazienti. Il paziente le applica in maniera autonoma a casa e grazie alle sostanze presenti all’interno ottiene uno sbiancamento ottimale. All’interno della mascherina dentale è sempre presente del perossido. In questo caso sarà il paziente a decidere i vari livelli di sbiancamento applicando più o meno volte le mascherine.

In caso di dubbi potete prendere un appuntamento presso uno dei nostri centri convenzionati a Bergamo, Milano, Torino, Ivrea, dove il dentista vi indicherà con precisione il vostro problema.
fonte: DentiPerfetti .com

Cosa sono le Corone Dentali?

Le corone dentali sono dei restauri fatti sui denti che proteggono quelli danneggiati, rotti o scheggiati. Una corona rafforza il vostro dente attuale, in modo da preservare la sua funzionalità.

Se il dente ha subito un decadimento significativo ma la struttura base è rimasta tuttavia abbastanza forte per sostenere un riempimento e per mantenere la funzionalità, allora si può pensare ad una corona dentaria. Se si dispone di una cavità di grandi dimensioni allora una corona offre al tuo dente un appoggio interessante. Inoltre in seguito ad un trattamento della radice del dente, una corona è spesso necessaria per rafforzare il dente.

Anche se digrignate spesso i denti e avete una dieta povera, gli acidi possono influire sui denti.

Quando c’è necessità di una corona, per ragioni stetiche e per migliorare l’estetica del tuo sorriso, si può optare per una corona di porcellana.

Le corone dentarie sono sempre l’opzione migliore? Le corone non devono essere la prima scelta solo per migliorare l’estetica dei denti, dato che un dentista ha bisogno di “mangiare” una porzione significativa del dente originale. Delle alternative meno invasive comprendono l’incollaggio dentale. Le corone sono necessarie quando la forza del dente è compromessa, dato che i restauri dentali devono avere un legame forte con il dente di sostegno.

Di quali materiali possono essere effettuate da corone? Nella moderna odontoiatria vi è una vasta gamma di materiali dentali tra cui scegliere. Alcune corone sono fatte di oro, mentre altre sono costituite da una lega di metalli fusi ad un guscio esterno di porcellana. Ma delle corone in porcellana o in ceramica sono la scelta migliore da un punto di vista cosmetico.

Quanto tempo durano le corone? Questo dipenderà in gran parte da come si curano i denti. Le corone dentali richiedono lo stesso livello di cure e di attenzioni dei denti naturali. In ogni caso, una corona di alta qualità può durare anche 10 o 15 anni.

In caso di dubbi potete prendere un appuntamento presso uno dei nostri centri convenzionati a Bergamo, Milano, Torino, Ivrea, dove il dentista vi indicherà con precisione il vostro problema.
fonte: Studio Dentista.net

Cos'è la sensibilità dentale?

La sensibilità dentale è una sensazione di fastidio e di dolore legato per lo più al contatto con superfici e aria fredda.
Clinicamente la sensibilità dentale è l’ esposizione del colletto dentale all’ambiente esterno; essendo in condizioni normali coperto dalle gengive e dallo smalto si avverte la classica sensazione di freddo misto a dolore; tale sensibilità è spesso dovuta ad una retrazione gengivale.

Di sensibilità dentale ne soffre circa il 20% della popolazione italiana, e in caso non venisse trattata potrebbe evolvere in patologie più gravi e diventare una vera minaccia per la salute del dente colpito.

Le cause più frequenti di tale fenomeno sono solitamente una pressione troppo elevata dello spazzolino sulle gengive, uno spazzolino troppo duro, l’uso di dentifrici troppo aggressivi o il normale avanzamento di età.

Il principale responsabile rimane comunque il tartaro, che tende a demineralizzare lo smalto e a lasciare così la dentina, tessuto osseo vicino alle terminazioni nervose, allo scoperto,

Nel caso in cui avvertiste tale fastidio recatevi al più presto da un dentista, poiché la sensibilità è a volte indice dell’ insorgere della carie. Nel caso in cui non fosse dovuto a tale fenomeno, i consigli sono di acquistare uno spazzolino da denti più morbido e utilizzare per un periodo un dentifricio meno aggressivo dedicato per denti sensibili, per poi tornare ad usare un normale dentifricio finito il tubetto.

Nel caso in cui provaste ipersensibilità ai denti dopo una normale ablazione del tartaro o dopo uno sbiancamento dentale non preoccupatevi, è una sensazione normale che andrà scomparendo nei giorni successivi.

In caso di dubbi potete prendere un appuntamento presso uno dei nostri centri convenzionati a Bergamo, Milano, Torino, Ivrea, dove il dentista vi indicherà con precisione il vostro problema.


L’importanza dell’Aerosolterapia nella prevenzione e cura delle patologie invernali

L’inverno è il periodo in cui, a causa di particolari fattori scatenanti cresce il numero di persone interessate da affezioni delle vie respiratorie (riniti, le faringiti, laringiti, tracheiti e tracheobronchiti) comunemente chiamate malattie da raffreddamento. Ma quali sono i fattori scatenanti?

- il fumo: è tra i principali fattori che favoriscono le flogosi delle prime vie aeree e lo dimostrano le più recenti statistiche condotte tra fumatori e non fumatori

- l'inquinamento: concorre alla lesione delle mucose poichè la sua natura chimico-fisica è simile, anche se in concentrazioni decisamente minori, a quella del fumo di sigaretta

- altri fattori climatici: soprattutto la permanenza per lungo tempo ai climi freddi, gli sbalzi di temperatura, l'elevata umidità relativa dell'aria, l'eccessiva disidratazione dell'aria degli ambienti riscaldati artificialmente.

Questi fattori possono provocare l'infiammazione della mucosa delle prime vie aeree che diventa così fertile terreno di coltura per insidie di ogni genere; batteri e virus, normalmente respinti dalle difese naturali della mucosa integra, sono in grado di trasformare un banale processo infiammatorio in uno stato infettivo, che necessita di pronte cure a base di antibiotici per evitare la diffusione dell'infezione, e complicazioni rilevanti come polmoniti e broncopolmoniti.

L'Aerosolterapia costituisce ad oggi un ottimo strumento per la prevenzione e la cura delle malattie da raffreddamento. Può essere praticata

- a fini preventivi: nebulizzatore per aerosolterapia può aiutare, e molto, a prevenire le infiammazioni delle vie respiratorie. Basta una nebulizzazione di sola acqua per umidificare le mucose provate dalla respirazione in ambiente disidratato. Si possono anche inalare sostanze balsamiche per il ripristino del benessere delle corde vocali e per ripristinare la mucosa respiratoria. Le sedute andrebbero ripetute proprio dopo prolungate esposizione a fattori potenzialmente scatenanti al fine di proteggere le vie aeree.

- per la cura delle forme infiammatorie: consente di somministrare diverse tipologie di farmaci per la cura di patologie delle vie respiratorie (farmaci antiflogistici o farmaci antibiotici, fluidificanti, espettoranti, antibiotici e mucolitici nel caso di processi infiammatorio-infettivi in atto). Inoltre nelle forme croniche, se regolarmente effettuata, l’aerosolterapia ha un effetto preventivo, evitando ricorrenti riacutizzazioni.

- per processi irritativi di natura allergica (riniti allergiche): interessano soggetti predisposti prevalentemente nel periodo dei cosiddetti pollini, in primavera, colpendo complessivamente in Italia circa 5 milioni di persone, soprattutto giovani di 20-30 anni.

IN COSA CONSISTE - L'Aerosolterapia consiste nell'introduzione nell'apparato respiratorio di una sostanza medicamentosa allo stato di "sol" a scopo terapeutico. SOL è uno stato della materia a metà tra il liquido e l'aeriforme. E’ composto, in sostanza da particelle che non disperse tanto quanto quelle di un gas e non tanto concentrate quanto quelle di una sostanza allo stato liquido. Le dimensioni delle particelle, perché si giunga ad uno stato di “sol” deve essere molto ridotta, si va da qualche decimo di micron a pochi micron. Non potrebbero avere dimensioni maggiori, perché altrimenti tenderebbero a confluire fra di loro ritornando allo stato liquido.

Allo stato di sol le particelle possono raggiungere un’enorme superficie per effetto della dispersione e, al contempo, sono in grado di penetrare nell'apparato respiratorio, fino alle ultime terminazioni bronchiali ed agli alveoli polmonari. Questi aspetti variano a seconda della dimensione delle particelle, in sostanza da quanto il proprio nebulizzatore è avanzato dal punto di vista tecnologico.

I VANTAGGI - Come tecnica terapeutica, oggi la nebulizzazione per aerosol è molto utilizzata perché evita l'assunzione di farmaci per via generale evitando i danni derivanti da effetti collaterali. L’impiego di farmaci a livello locale (es. cortisonici somministrato per bocca), infatti, può determinare fastidi a livello gastrico, di iperglicemia o assuefazione. La somministrazione locale per aerosol garantisce il raggiungimento di un miglior effetto terapeutico, con benefici analoghi a quelli che si otterrebbero con una somministrazione di alti dosaggi di farmaco per via generale con meno danni, perché il farmaco è assorbito là dove occorre.

GLI SVANTAGGI

- dipendenza da una fonte di elettricità

- rischio di contaminazione batterica

- rumorosità (nebulizzatori pneumatici)

I CONSIGLI PER UNA CORRETTA SEDUTA DI AEROSOLTERAPIA - Nell’esecuzione dell’aerosolterapia è bene stare attenti ad una serie di fattori che sono fondamentali per evitare il fallimento della terapia. Innanzitutto ricordiamo di compiere alcune semplici operazioni prima di cominciare ogni seduta:

- avere le mani pulite;

- introdurre nell'ampolla il farmaco nelle quantità indicate dal medico;

- diluire il farmaco in 2-3 ml di soluzione fisiologica, anche in questo caso seguendo le istruzioni del medico;

- applicare il tubo al compressore e sistemare in bocca il boccaglio o far aderire la mascherina sul viso (nei bambini sotto i 2-3 anni di vita che sono incapaci di usare il boccaglio);

- eseguire l'aerosol fino all'esaurimento della soluzione contenuta nell'ampolla;

- tenere la maschera in posizione verticale in modo che aderisca bene al viso per tutta la durata della seduta, magari utilizzando un elastico. Basta infatti allontanarla anche di 1 cm perché più della metà dell'aerosol non venga inalata, disperdendosi nell'ambiente;

- il boccaglio va tenuto tra le labbra serrate, non tra i denti, senza ostacolarne il flusso con la lingua;

- a fine seduta lavarsi il viso soprattutto la nebulizzazione è stata effettuata con l’ausilio della maschera, per eliminare le tracce residue del farmaco, che potrebbero irritare la cute del viso e risciacquare la bocca con un collutorio se sono stati usati cortisonici.

Rosvanna Lattarulo

di Farman & C. snc

Parto prematuro: cause, precauzioni e conseguenze

Se il parto avviene prima che sia terminata la trentasettesima settimana viene definito prematuro. Ciò avviene nel 10 – 15% delle gravidanze.
Nella maggior parte dei casi, il parto pretermine avviene spontaneamente, tranne i casi in cui viene indotto per concludere una gravidanza che comporta rischi per la salute del bimbo o della mamma.

La maggior parte dei parti prematuri spontanei avviene per cause sconosciute. Quelle più note sono la gemellarità e le diverse complicazioni della gravidanza che coinvolgono la madre o il feto.

Altri fattori possono essere:

- Malattie gravi della madre sia acute sia croniche (diabete, ipertensione, gestosi, malattie infettive);

- Incontinenza cervicale;

- Fibromi uterini;

- Malformazioni uterine;

- Traumi;

- Presenza nella vagina della streptococco Beta-emolitico o altro agente infettivo;

- Dipendenza da alcool;

- Fumo;

- Placenta previa;

- Distacco della placenta;

- Rottura delle membrane placentari;

- Gemellarità;

- Alcune malformazioni del feto;

- Aver già avuto in precedenza un parto prematuro, un aborto o una gravidanza conclusasi con morte del feto;

- Aver avuto un figlio che alla nascita pesava meno di 2.5 kg o più di 4 kg;

- Aver avuto il primo figlio in età avanzata o sotto i 20 anni;

- Aver avuto nel corso della gravidanza emorragie dai genitali.

Esistono poi altre cause che possono determinare un parto pretermine spontaneo come lavori pesanti, stress da gravidanza indesiderata, ecc.

Il parto prematuro si manifesta con contrazioni e spesso con perdite di sangue e liquido amniotico. In questi casi è opportuno recarsi immediatamente in una struttura ospedaliera per una visita e il trattamento dl caso. E’ opportuno sottolineare che l’inizio del travaglio può non portare necessariamente al parto: la somministrazione di alcuni farmaci e il riposo forzato, possono bloccare o quanto meno ritardare il parto e consentire al feto di completare il suo sviluppo. Vi è inoltre la possibilità di somministrare al feto degli steroidi, che contribuiscono a completare lo sviluppo polmonare, sviluppo che non avviene prima della trentaquattresima settimana di gestazione.

Quali le conseguenze?

Per la madre, se il parto è spontaneo, non comporta rischi, tranne qualche rara difficoltà nella fase del secondamento. Per il bambino, considerato che lo sviluppo del feto si completa alla quarantesima settimana, i rischi saranno tanto maggiori quanto maggiore sarà l’anticipo, con seri problemi di adattamento nella vita extra-uterina. La necessità di accertamenti, osservazione e cure aumenta proporzionalmente al grado di immaturità. I casi di mortalità si sono ridotti notevolmente negli ultimi anni grazie ai passi da gigante fatti dalle terapie intensive neonatali. Va tuttavia sottolineato che, la nascita avvenuta quando non si è completato lo sviluppo del feto, può portare danni irreversibili ad organi ed apparati, deficit mentali o fisici permanenti.

Il parto prematuro può essere, in alcuni casi, anche indotto. Ciò può essere necessario in caso di qualche complicazione che provochi una grave sofferenza materna o fetale. Con una serie di controlli si accerta il peso e la maturità polmonare del feto e, se necessario, farmacologicamente, la induce. Normalmente poi si ricorre al cesareo per evitare che lo stress fisico di un eventuale parto naturale possa nuocere al nascituro.

pubblicato da Imma Manna

di Giaden Cosmetici srl


Iodoprofilassi: indicazioni e monitoraggio del Ministero della Salute

Lo iodio è un micronutriente presente nel nostro organismo (circa 10-20 mg) ma troppo spesso sottovalutato.
Esso è presente principalmente nella tiroide, una piccola ghiandola che produce delle sostanze chiamate ormoni che libera direttamente nel sangue: la triiodotironina - T3 e la tiroxina - T4.
Questa ghiandola è situata nella parte anteriore del collo, normalmente pesa meno di 30 grammi e contiene il 70-80 % dello iodio contenuto nel nostro organismo.

Lo iodio riveste un ruolo biologico essenziale negli esseri umani poiché regola la termogenesi, influenza il metabolismo glucidico, proteico e lipidico ed infine favorisce la fissazione ossea del calcio.

Dove si trova

E’ possibile assumere iodio anche attraverso alcuni tipi di alimenti che lo contengono per propria natura:

•Prodotti della pesca (sgombri, merluzzo, cozze, tonno, scampi)

•Uova

•Prodotti lattiero-caseari

•Carne

•Cereali

•Frutta e verdura

Ma attenzione agli alimenti gozzigeni, ossia quegli alimenti che contengono sostanza in grado di bloccare l'assorbimento di iodio. Queste sostanza sono particolarmente presenti in:cavoli, cipolla, colza, crescione,manioca, noci, rafano, rapa, ravanello, ravizzone, rucola, senape.
L’azione gozzigena non è necessariamente rilevante ma occorre tenerla presente in quelle regioni in cui l’assunzione di iodio con la dieta o per altri motivi è scarsa.

Dosi raccomandate

Le dosi di assunzione giornaliere raccomandate dai LARN (Livelli di Assunzione Raccomandati di Nutrienti) sono di 150 mcg e, per la donna, 175 mcg in gravidanza e 200 mcg durante l'allattamento.
Durante l'allattamento viene raccomandato un apporto giornaliero di 50 µg in più dei livelli normali per gli adulti, per compensare la quota di iodio secreta nel latte. In gravidanza si raccomanda un surplus di 25 µ g/die, per tenere conto delle esigenze per lo sviluppo fetale.

Carenza iodica

La carenza di questo micronutriente può provocare l'insorgenza del gozzo e di altre patologie ad esso collegate.
In Italia sono circa sei milioni i soggetti che hanno problemi di gozzo, cioè presentano un ingrossamento della tiroide.

IODOPROFILASSI IN ITALIA

Da un punto di vista clinico la carenza di iodio causa ipotiroidismo, gozzo, rischio di aborto, cretinismo.
Una carenza iodica prolungata può portare all’ipotiroidismo, che, quando si verifica durante l’accrescimento, può causare alcuni problemi neurologici, fino al cretinismo.
Una carenza iodica prolungata può portare all’ipotiroidismo, che, quando si verifica durante l’accrescimento, può causare alcuni problemi neurologici, fino al cretinismo.

In Italia si calcola che circa il 12% dell’intera popolazione adulta sia affetta da gozzo, e che nella popolazione scolare la prevalenza sia del 10% per le regioni centro-settentrionali e del 20% per quelle meridionali e insulari. La quantità di iodio assunta con gli alimenti non è sufficiente a garantirne l'apporto giornaliero raccomandato (150 mcg), per integrarne l’assunzione basta semplicemente usare sale arricchito di iodio al posto del comune sale da cucina.

Progetto OSNAMI

Gli effetti e l’efficacia sulla salute della nuova politica di iodoprofilassi introdotta con la nuova legge sono valutati dall’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della lodoprofilassi in Italia (OSNAMI), istituito presso l’istituto Superiore di Sanità in collaborazione con il Ministero della Salute, il Comitato Nazionale per la prevenzione del gozzo e alcuni esperti del settore.

L'Osservatorio ha il compito di sviluppare un piano specifico di monitoraggio basato sui seguenti indicatori di efficacia da applicare a campioni di popolazione scolare selezionata secondo criteri epidemiologici:

•escrezione urinaria di iodio;

•frequenza di TSH >5 mU/L nei nuovi nati;

•consumo di sale iodato;

•contenuto di iodio nel sale iodato;

•prevalenza di gozzo nella popolazione scolastica

I dati sono raccolti da Centri Regionali di riferimento ed inviati all'Osservatorio Nazionale che provvederà alla loro elaborazione statistica ed analisi. L'OSNAMI si avvale di una rete di laboratori già attiva sul territorio nazionale costituita dai 26 Centri di Screening regionali ed inter-regionali che partecipano al Registro Nazionale degli Ipotiroidei Congeniti, coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità.

A quest’ultimo i Centri forniranno periodicamente i dati relativi ai valori di TSH nella popolazione esaminata, al fine di valutare la frequenza di neonati con valori di TSH alla nascita superiore a 5 mUI/ml. La sorveglianza di eventuali nuovi casi di ipertiroidismo prevede l'analisi dei dati relativi al consumo dei farmaci antitiroidei in collaborazione con le strutture del Ministero della Salute, deputate alla farmacovigilanza sul territorio nazionale. Il rilevamento di nuovi casi di ipertiroidismo si avvarrà inoltre della collaborazione dei medici di medicina generale.

fonte: Ministero della Salute

Linee di indirizzo nazionale per la Ristorazione ospedaliera e assistenziale

La Conferenza Stato-Regioni ha approvato le Linee di indirizzo nazionale per la Ristorazione ospedaliera e assistenziale, messe a punto dal Ministero della Salute.
“La ristorazione ospedaliera – ha sottolineato il Ministro della salute Prof. Ferruccio Fazio – è parte integrante della terapia clinica perché il cibo rappresenta strumento per il trattamento della malnutrizione, problema fino ad oggi sottovalutato. Una corretta alimentazione durante il ricovero, particolarmente degli anziani e dei lungodegenti, diventa parte integrante del percorso di cura. La malnutrizione comporta una maggiore vulnerabilità alle malattia e ricoveri ripetuti.”

Le Linee di indirizzo sono rivolte a tutti gli operatori della ristorazione ospedaliera e assistenziale e indicano strategie gestionali e clinico-nutrizionali da adottare per la prevenzione e cura della malnutrizione e per migliorare il rapporto con il cibo dei pazienti ricoverati.

Consulta la sintesi delle linee guida