Quali sono i rimedi e le buone abitudini per alleviare i sintomi delle emorroidi? e quando è invece necessario operare? Clicca sul link per leggere l'articolo
Emorroidi, quando operarle e quando curarle con rimedi naturali
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Campi magnetici pericolosi per la salute?
I campi magnetici sono pericolosi per la salute?
Alcuni rapporti scientifici mettono in risalto il fatto che l’esposizione ai campi elettromagnetici possa avere effetti nocivi per la salute, favorendo l’insorgenza di patologie quali cancro, riduzione della fertilità, perdita della memoria. Clicca sul link per leggere l'articolo
Alcuni rapporti scientifici mettono in risalto il fatto che l’esposizione ai campi elettromagnetici possa avere effetti nocivi per la salute, favorendo l’insorgenza di patologie quali cancro, riduzione della fertilità, perdita della memoria. Clicca sul link per leggere l'articolo
Spermatozoi più potenti per curare l'Infertilità maschile
Questi sono i risultati riscontrati in una ricerca condotta
dall’Università Federico II di Napoli e dall’Ospedale partenopeo Santa Maria
delle Grazie, che è stata pubblicata sulla rivista scientifica The Journal of
Steroids & Hormonal Science.
Anche "Lui" è responsabile!
Questa scoperta, in un panorama nel quale di solito la donna
è vista come principale attore nelle criticità legate al concepimento,
riequilibra in qualche modo il ruolo del maschile anche nella gestione dei
problemi di fertilità, che, da statistiche recenti, colpiscono circa il 15%
delle coppie.
Al momento, nel nostro paese, gli uomini che hanno problemi
di fertilità superano i due milioni, attestando sul 25% i casi di mancato
concepimento con cause di derivazione maschile.
Partendo da questo scenario, i ricercatori dall’Università
Federico II di Napoli, hanno somministrato per sei mesi la tradaximina,
ipotizzando che potesse influenzare in modo sensibile le possibilità di
procreazione in soggetti con problemi di infertilità.
Un ingrediente completamente naturale.
Questo ingrediente, presente in un integratore alimentare a
base di Alga Eklonia Bicyclis, Tribulus Terrestre e Glucosamina, associato a un
farmaco antiestrogeno, ha migliorato significativamente la fertilità maschile.
I pazienti, suddivisi in tre gruppi hanno ricevuto trattamenti differenti: ad
un gruppo è stato somministrato la tradamixina e un farmaco antiestrogeno, a un
altro solo il farmaco estrogeno e, infine, al terzo, è stato somministrato un
placebo, valutando il numero delle gravidanze spontanee, la motilità
progressiva e il numero degli spermatozoi. Il primo gruppo, al quale è stata
somministrata tradamixina e antiestrogeno, ha prodotto 13 gravidanze; il gruppo
col solo antiestrogeno 6 e Il gruppo dei placebo 2. Grazie a queste verifiche è
stato individuato un trattamento del tutto naturale, il Tradafertil, che senza
effetti collaterali, unisce le proprietà della tradamixina al Myo inositolo,
che con la sua azione antiossidante naturale, è un concreto sostegno della
fertilità maschile.
Tutta colpa dello stress!
Tra le cause di infertilità negli uomini lo stress
ossidativo sembra essere da sempre tra i motivi principali di infertilità.
Infatti, se diminuisce l’energia della quale lo spermatozoo necessita per
fecondare l'ovulo, si riduce di molto la capacità di poter dare l'inizio a una
gravidanza. Inoltre, i fattori ambientali che alimentano un’azione ossidativa
dannosa per la formazione e la motilità degli spermatozoi sono davvero tanti,
senza considerare che anche il percorso che porta a una gravidanza, utilizzando
tecniche di procreazione medicalmente assistita, è frequentemente fonte di uno
stress psico fisico notevole per l’uomo, incidendo pertanto anche sulla
performance sessuale. Il Tradafertil, oltre a migliorare la capacità di
fecondazione dell’uomo, ne potenzia le funzionalità sessuali maschile. In
questo processo di energizzazione del sistema riproduttivo maschile la
tradamixina, ingrediente che sta alla base dell’integratore per la fertilità, è
la protagonista principale. Composta da Tribulus Terrestre, che stimola la
produzione di testosterone, dall’Alga Eklonya Bicyclis, efficacissimo
antiossidante che promuove la produzione di ossido di azoto, neurotrasmettitore
dell’erezione, e ,infine dalla Glucosamina, che aumenta i livelli di ossido di
azoto.
E se non funziona? C'è sempre la fecondazione eterologa.
"I dati di questa ricerca sono davvero
interessanti" ci dice il Dottor Scotto, Direttore Centro di Fecondazione
Assistita per lo studio e la terapia per la coppia inferitile.
"Naturalmente" - continua - "per alcune patologie, dove la
fertilità maschile è completamente compromessa, c'è sempre l'opportunità di
ricorrere alla fecondazione eterologa, tenendo però ben presente, che questa,
più di ogni altra pratica, può avere un impatto psicologico piuttosto
consistente da sostenere per la coppia. In questi casi, nei centri
internazionali per la procreazione eterologa medicalmente assistita, come il
CIFE, il supporto psicologico da parte di professionisti del settore, è parte
integrante delle pratiche di fecondazione assistita. In ogni caso" -
continua il Dottor Scotto "Un rimedio di questo tipo, con un impatto
percentuale così cospicuo, può essere considerato un vero miracolo della
natura, ma anche in questo caso vale la precauzione di sempre: parlatene col
vostro terapeuta e non curatevi da soli, cavalcando entusiasmi statistici, nei
quali per qualche motivo, potreste non rientrare."
Centro Fecondazione Assistita Roma, Napoli, Milano
Uso di cocaina e lesioni distruttive facciali: linee di indirizzo per gli specialisti otorinolaringoiatri
L’uso di cocaina e la sua assunzione per via inalatoria
comportano costantemente nei consumatori una lunga serie di problematiche
mediche e sociali ma anche di lesioni, di vario ordine e grado, soprattutto a
livello delle fosse nasali, delle strutture delle prime vie aeree e del palato.
Il riscontro di queste alterazioni da parte dei medici
specialisti ORL necessita di conoscenze più specifiche su quello che l’uso di
cocaina può comportare sia per il riscontro in alcuni casi di evoluzioni
maligne e destruenti della struttura mucosa, cartilaginea ed ossea, sia per
l’importante opera di diagnosi precoce di uso di sostanze stupefacenti a cui
questi specialisti possono concorrere, orientando ed indicando ai pazienti
idonei percorsi di cura e, nel caso dei minori, allertando i genitori su un
possibile uso di cocaina nei figli.
Queste linee di indirizzo sono dirette agli specialisti ORL,
ma anche ai medici di medicina generale ed ai genitori al fine di incrementare
la rete di attenzione al problema, fornendo elementi tecnico-scientifici in
ambito diagnostico specialistico ed orientamenti pratici per poter eseguire
diagnosi differenziali più precoci e corrette. Tutto questo anche con la
finalità di concorrere a prevenire una eventuale evoluzione da un uso
occasionale di cocaina verso forme di dipendenza, e/o di far entrare in
trattamento persone che hanno già sviluppato dipendenza ma che non hanno ancora
maturato la consapevolezza della necessità del trattamento. Il Dipartimento
Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in
collaborazione con il Ministero della Salute e con la Società Italiana di
Otorinolaringoiatria, ha messo a punto queste linee di indirizzo che vogliono
essere anche un contributo ulteriore agli interventi contro l’uso di tutte le
droghe, in questo caso, della cocaina.
Dott. Giovanni Serpelloni
Capo Dipartimento Politiche Antidroga
Presidenza del Consiglio dei Ministri
DCA: Disturbi del Comportamento Alimentare La mappa delle strutture dedicate ai in Italia
Motori di ricerca per trovare le strutture dedicate ai Disturbi del Comportamento Alimentare in tutta Italia
Ambulatori, Day Hospital, Ricoveri Ospedalieri, Riabilitazione
residenziale.
Ma anche le Associazioni che si occupano di questa patologia
Anemia Falciforme: il ruolo della Vitamina D
Uno studio pilota, in doppio cieco, randomizzato condotto da
Osunkwo e coll. è stato pubblicato recentemente sulla rivista British Journal
of Haematology e recensito sul sito www.vitaminad.it. Tale studio ha affrontato
gli effetti che la vitamina D può avere a livello extrascheletrico. In
particolare è stata valutata l'efficacia di alte dosi di Vitamina D sulla
riduzione del dolore cronico in pazienti pediatrici affetti da anemia
falciforme (SCD). Un numero di 46 soggetti (di età compresa tra 7 e 21 anni)
sono stati divisi in base al loro stato di dolore cronico e randomizzati a
ricevere per 6 settimane vitamina D (4.000-100.000 UI/settimana) o placebo e
sono stati monitorati per un periodo di 6 mesi. Lo studio ha mostrato che, nel
gruppo trattato con vitamina D rispetto al placebo, elevati livelli sierici di
25(OH)D erano correlati ad un minor numero di giorni in cui compariva la
sintomatologia dolorosa, già alla 8a settimana. Le concentrazioni sieriche
25(OH)D erano inoltre correlate positivamente ad un miglioramento dei parametri
di funzionalità fisica. Dalle conclusioni dello studio si evince che per
sostenere tale beneficio è necessario mantenere le concentrazioni sieriche
ottimali di 25(OH)D (≥ 75 nmol/ml) nel tempo.
Tumore del colon retto: prospettive migliori per i pazienti affetti
Continuano a migliorare le prospettive in termini di
sopravvivenza e qualità di vita per i pazienti con tumore del colon-retto in
fase avanzata, grazie agli avanzamenti della ricerca e all’introduzione delle
terapie biologiche, come bevacizumab. Sull’evoluzione delle strategie di
trattamento e sulle prospettive future hanno fanno il punto a Roma i massimi
esperti di una neoplasia che, fino a poco tempo fa, lasciava poche speranze.
Nonostante i miglioramenti derivanti dalla pratica dello screening, «il tumore del colon-retto è uno dei più frequenti nel mondo occidentale – rileva Carlo Barone, Professore di Oncologia Medica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – globalmente è la quarta causa di cancro in assoluto, ma diventa la seconda nel sesso maschile e la terza in quello femminile, considerati separatamente. I nuovi casi nel mondo sono circa 1 milione l’anno e più di 250.000 solo in Europa. In Italia, gli ultimi dati del 2005 indicano un’incidenza di circa 40.000 casi ogni anno. Può insorgere in qualsiasi fascia d’età, con esclusione di quelle più giovani; l’incidenza è dai 40 anni in su, con un picco massimo dopo i 65 anni».
In epoca “pre-biologica”, per coloro che ricevevano una diagnosi con la malattia in stadio avanzato, la sopravvivenza era inferiore all’anno. Con l’avvento dei farmaci biologici, come bevacizumab, integrati alla chemioterapia, i pazienti hanno visto un allungamento progressivo del loro tempo di vita.
Ora, grazie all’individuazione di una sequenza ottimale nella somministrazione dei farmaci e alla chirurgia, in alcuni casi può essere raggiunto il traguardo della guarigione. Secondo Alfredo Falcone, Professore associato di Oncologia Medica presso il Dipartimento di Oncologia, dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina dell’Università di Pisa, «anche in pazienti che si presentano inizialmente con metastasi non operabili, siamo in grado oggi con trattamenti intensivi di indurre una regressione della malattia, in modo da rendere possibile un intervento chirurgico successivo: questa è la cosiddetta “terapia di conversione”, che in alcuni casi può portare alla guarigione o comunque a sopravvivenze prolungate».
Altro importante obiettivo ora raggiungibile è la possibilità di convivere nel tempo con la neoplasia senza peggiorare la qualità di vita del paziente.
«Pensando alla “cronicizzazione” del carcinoma del colon-retto – afferma Alberto Sobrero, Responsabile della Divisione di Oncologia Medica dell’Ospedale San Martino di Genova – ci riferiamo a quel 25-30% di pazienti che presentano metastasi al momento della diagnosi e a quei pazienti che, pur avendo diagnosticato il tumore in fasi precoci, peggiorano in un arco di tempo che va dai 6 mesi ai due anni. La sequenza ottimale nella somministrazione dei farmaci consiste in un intervento chemioterapico di prima linea in combinazione con un farmaco biologico e un intervento con un farmaco chemioterapico diverso in seconda linea, combinato con lo stesso farmaco biologico. Quando la chemioterapia fallisce, deve essere cambiata, mentre il farmaco biologico viene mantenuto perché continua a rallentare la crescita del tumore con un ulteriore beneficio di sopravvivenza».
Bevacizumab rappresenta dunque una valida opzione terapeutica come terapia di mantenimento per i pazienti con tumore del colon-retto metastatico.
Nonostante i miglioramenti derivanti dalla pratica dello screening, «il tumore del colon-retto è uno dei più frequenti nel mondo occidentale – rileva Carlo Barone, Professore di Oncologia Medica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – globalmente è la quarta causa di cancro in assoluto, ma diventa la seconda nel sesso maschile e la terza in quello femminile, considerati separatamente. I nuovi casi nel mondo sono circa 1 milione l’anno e più di 250.000 solo in Europa. In Italia, gli ultimi dati del 2005 indicano un’incidenza di circa 40.000 casi ogni anno. Può insorgere in qualsiasi fascia d’età, con esclusione di quelle più giovani; l’incidenza è dai 40 anni in su, con un picco massimo dopo i 65 anni».
In epoca “pre-biologica”, per coloro che ricevevano una diagnosi con la malattia in stadio avanzato, la sopravvivenza era inferiore all’anno. Con l’avvento dei farmaci biologici, come bevacizumab, integrati alla chemioterapia, i pazienti hanno visto un allungamento progressivo del loro tempo di vita.
Ora, grazie all’individuazione di una sequenza ottimale nella somministrazione dei farmaci e alla chirurgia, in alcuni casi può essere raggiunto il traguardo della guarigione. Secondo Alfredo Falcone, Professore associato di Oncologia Medica presso il Dipartimento di Oncologia, dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina dell’Università di Pisa, «anche in pazienti che si presentano inizialmente con metastasi non operabili, siamo in grado oggi con trattamenti intensivi di indurre una regressione della malattia, in modo da rendere possibile un intervento chirurgico successivo: questa è la cosiddetta “terapia di conversione”, che in alcuni casi può portare alla guarigione o comunque a sopravvivenze prolungate».
Altro importante obiettivo ora raggiungibile è la possibilità di convivere nel tempo con la neoplasia senza peggiorare la qualità di vita del paziente.
«Pensando alla “cronicizzazione” del carcinoma del colon-retto – afferma Alberto Sobrero, Responsabile della Divisione di Oncologia Medica dell’Ospedale San Martino di Genova – ci riferiamo a quel 25-30% di pazienti che presentano metastasi al momento della diagnosi e a quei pazienti che, pur avendo diagnosticato il tumore in fasi precoci, peggiorano in un arco di tempo che va dai 6 mesi ai due anni. La sequenza ottimale nella somministrazione dei farmaci consiste in un intervento chemioterapico di prima linea in combinazione con un farmaco biologico e un intervento con un farmaco chemioterapico diverso in seconda linea, combinato con lo stesso farmaco biologico. Quando la chemioterapia fallisce, deve essere cambiata, mentre il farmaco biologico viene mantenuto perché continua a rallentare la crescita del tumore con un ulteriore beneficio di sopravvivenza».
Bevacizumab rappresenta dunque una valida opzione terapeutica come terapia di mantenimento per i pazienti con tumore del colon-retto metastatico.
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