google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0 SALUTIAMOCI google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0

Spermatozoi più potenti per curare l'Infertilità maschile

Questi sono i risultati riscontrati in una ricerca condotta dall’Università Federico II di Napoli e dall’Ospedale partenopeo Santa Maria delle Grazie, che è stata pubblicata sulla rivista scientifica The Journal of Steroids & Hormonal Science.

Anche "Lui" è responsabile!
Questa scoperta, in un panorama nel quale di solito la donna è vista come principale attore nelle criticità legate al concepimento, riequilibra in qualche modo il ruolo del maschile anche nella gestione dei problemi di fertilità, che, da statistiche recenti, colpiscono circa il 15% delle coppie.
Al momento, nel nostro paese, gli uomini che hanno problemi di fertilità superano i due milioni, attestando sul 25% i casi di mancato concepimento con cause di derivazione maschile.
Partendo da questo scenario, i ricercatori dall’Università Federico II di Napoli, hanno somministrato per sei mesi la tradaximina, ipotizzando che potesse influenzare in modo sensibile le possibilità di procreazione in soggetti con problemi di infertilità.

Un ingrediente completamente naturale.
Questo ingrediente, presente in un integratore alimentare a base di Alga Eklonia Bicyclis, Tribulus Terrestre e Glucosamina, associato a un farmaco antiestrogeno, ha migliorato significativamente la fertilità maschile. I pazienti, suddivisi in tre gruppi hanno ricevuto trattamenti differenti: ad un gruppo è stato somministrato la tradamixina e un farmaco antiestrogeno, a un altro solo il farmaco estrogeno e, infine, al terzo, è stato somministrato un placebo, valutando il numero delle gravidanze spontanee, la motilità progressiva e il numero degli spermatozoi. Il primo gruppo, al quale è stata somministrata tradamixina e antiestrogeno, ha prodotto 13 gravidanze; il gruppo col solo antiestrogeno 6 e Il gruppo dei placebo 2. Grazie a queste verifiche è stato individuato un trattamento del tutto naturale, il Tradafertil, che senza effetti collaterali, unisce le proprietà della tradamixina al Myo inositolo, che con la sua azione antiossidante naturale, è un concreto sostegno della fertilità maschile.

Tutta colpa dello stress!
Tra le cause di infertilità negli uomini lo stress ossidativo sembra essere da sempre tra i motivi principali di infertilità. Infatti, se diminuisce l’energia della quale lo spermatozoo necessita per fecondare l'ovulo, si riduce di molto la capacità di poter dare l'inizio a una gravidanza. Inoltre, i fattori ambientali che alimentano un’azione ossidativa dannosa per la formazione e la motilità degli spermatozoi sono davvero tanti, senza considerare che anche il percorso che porta a una gravidanza, utilizzando tecniche di procreazione medicalmente assistita, è frequentemente fonte di uno stress psico fisico notevole per l’uomo, incidendo pertanto anche sulla performance sessuale. Il Tradafertil, oltre a migliorare la capacità di fecondazione dell’uomo, ne potenzia le funzionalità sessuali maschile. In questo processo di energizzazione del sistema riproduttivo maschile la tradamixina, ingrediente che sta alla base dell’integratore per la fertilità, è la protagonista principale. Composta da Tribulus Terrestre, che stimola la produzione di testosterone, dall’Alga Eklonya Bicyclis, efficacissimo antiossidante che promuove la produzione di ossido di azoto, neurotrasmettitore dell’erezione, e ,infine dalla Glucosamina, che aumenta i livelli di ossido di azoto.

E se non funziona? C'è sempre la fecondazione eterologa.
"I dati di questa ricerca sono davvero interessanti" ci dice il Dottor Scotto, Direttore Centro di Fecondazione Assistita per lo studio e la terapia per la coppia inferitile. "Naturalmente" - continua - "per alcune patologie, dove la fertilità maschile è completamente compromessa, c'è sempre l'opportunità di ricorrere alla fecondazione eterologa, tenendo però ben presente, che questa, più di ogni altra pratica, può avere un impatto psicologico piuttosto consistente da sostenere per la coppia. In questi casi, nei centri internazionali per la procreazione eterologa medicalmente assistita, come il CIFE, il supporto psicologico da parte di professionisti del settore, è parte integrante delle pratiche di fecondazione assistita. In ogni caso" - continua il Dottor Scotto "Un rimedio di questo tipo, con un impatto percentuale così cospicuo, può essere considerato un vero miracolo della natura, ma anche in questo caso vale la precauzione di sempre: parlatene col vostro terapeuta e non curatevi da soli, cavalcando entusiasmi statistici, nei quali per qualche motivo, potreste non rientrare."


Centro Fecondazione Assistita Roma, Napoli, Milano

Uso di cocaina e lesioni distruttive facciali: linee di indirizzo per gli specialisti otorinolaringoiatri


L’uso di cocaina e la sua assunzione per via inalatoria comportano costantemente nei consumatori una lunga serie di problematiche mediche e sociali ma anche di lesioni, di vario ordine e grado, soprattutto a livello delle fosse nasali, delle strutture delle prime vie aeree e del palato.
Il riscontro di queste alterazioni da parte dei medici specialisti ORL necessita di conoscenze più specifiche su quello che l’uso di cocaina può comportare sia per il riscontro in alcuni casi di evoluzioni maligne e destruenti della struttura mucosa, cartilaginea ed ossea, sia per l’importante opera di diagnosi precoce di uso di sostanze stupefacenti a cui questi specialisti possono concorrere, orientando ed indicando ai pazienti idonei percorsi di cura e, nel caso dei minori, allertando i genitori su un possibile uso di cocaina nei figli.
Queste linee di indirizzo sono dirette agli specialisti ORL, ma anche ai medici di medicina generale ed ai genitori al fine di incrementare la rete di attenzione al problema, fornendo elementi tecnico-scientifici in ambito diagnostico specialistico ed orientamenti pratici per poter eseguire diagnosi differenziali più precoci e corrette. Tutto questo anche con la finalità di concorrere a prevenire una eventuale evoluzione da un uso occasionale di cocaina verso forme di dipendenza, e/o di far entrare in trattamento persone che hanno già sviluppato dipendenza ma che non hanno ancora maturato la consapevolezza della necessità del trattamento. Il Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in collaborazione con il Ministero della Salute e con la Società Italiana di Otorinolaringoiatria, ha messo a punto queste linee di indirizzo che vogliono essere anche un contributo ulteriore agli interventi contro l’uso di tutte le droghe, in questo caso, della cocaina.

Dott. Giovanni Serpelloni
Capo Dipartimento Politiche Antidroga
Presidenza del Consiglio dei Ministri

DCA: Disturbi del Comportamento Alimentare La mappa delle strutture dedicate ai in Italia

Motori di ricerca per trovare le strutture dedicate ai Disturbi del Comportamento Alimentare in tutta Italia

Ambulatori, Day Hospital, Ricoveri Ospedalieri, Riabilitazione residenziale. 
Ma anche le Associazioni che si occupano di questa patologia


Anemia Falciforme: il ruolo della Vitamina D


Uno studio pilota, in doppio cieco, randomizzato condotto da Osunkwo e coll. è stato pubblicato recentemente sulla rivista British Journal of Haematology e recensito sul sito www.vitaminad.it. Tale studio ha affrontato gli effetti che la vitamina D può avere a livello extrascheletrico. In particolare è stata valutata l'efficacia di alte dosi di Vitamina D sulla riduzione del dolore cronico in pazienti pediatrici affetti da anemia falciforme (SCD). Un numero di 46 soggetti (di età compresa tra 7 e 21 anni) sono stati divisi in base al loro stato di dolore cronico e randomizzati a ricevere per 6 settimane vitamina D (4.000-100.000 UI/settimana) o placebo e sono stati monitorati per un periodo di 6 mesi. Lo studio ha mostrato che, nel gruppo trattato con vitamina D rispetto al placebo, elevati livelli sierici di 25(OH)D erano correlati ad un minor numero di giorni in cui compariva la sintomatologia dolorosa, già alla 8a settimana. Le concentrazioni sieriche 25(OH)D erano inoltre correlate positivamente ad un miglioramento dei parametri di funzionalità fisica. Dalle conclusioni dello studio si evince che per sostenere tale beneficio è necessario mantenere le concentrazioni sieriche ottimali di 25(OH)D (≥ 75 nmol/ml) nel tempo.

Autore della pubblicazione:
M. Piraino
Segreteria
Vitamina D

Tumore del colon retto: prospettive migliori per i pazienti affetti


Continuano a migliorare le prospettive in termini di sopravvivenza e qualità di vita per i pazienti con tumore del colon-retto in fase avanzata, grazie agli avanzamenti della ricerca e all’introduzione delle terapie biologiche, come bevacizumab. Sull’evoluzione delle strategie di trattamento e sulle prospettive future hanno fanno il punto a Roma i massimi esperti di una neoplasia che, fino a poco tempo fa, lasciava poche speranze.
Nonostante i miglioramenti derivanti dalla pratica dello screening, «il tumore del colon-retto è uno dei più frequenti nel mondo occidentale – rileva Carlo Barone, Professore di Oncologia Medica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – globalmente è la quarta causa di cancro in assoluto, ma diventa la seconda nel sesso maschile e la terza in quello femminile, considerati separatamente. I nuovi casi nel mondo sono circa 1 milione l’anno e più di 250.000 solo in Europa. In Italia, gli ultimi dati del 2005 indicano un’incidenza di circa 40.000 casi ogni anno. Può insorgere in qualsiasi fascia d’età, con esclusione di quelle più giovani; l’incidenza è dai 40 anni in su, con un picco massimo dopo i 65 anni».
In epoca “pre-biologica”, per coloro che ricevevano una diagnosi con la malattia in stadio avanzato, la sopravvivenza era inferiore all’anno. Con l’avvento dei farmaci biologici, come bevacizumab, integrati alla chemioterapia, i pazienti hanno visto un allungamento progressivo del loro tempo di vita.
Ora, grazie all’individuazione di una sequenza ottimale nella somministrazione dei farmaci e alla chirurgia, in alcuni casi può essere raggiunto il traguardo della guarigione. Secondo Alfredo Falcone, Professore associato di Oncologia Medica presso il Dipartimento di Oncologia, dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina dell’Università di Pisa, «anche in pazienti che si presentano inizialmente con metastasi non operabili, siamo in grado oggi con trattamenti intensivi di indurre una regressione della malattia, in modo da rendere possibile un intervento chirurgico successivo: questa è la cosiddetta “terapia di conversione”, che in alcuni casi può portare alla guarigione o comunque a sopravvivenze prolungate».
Altro importante obiettivo ora raggiungibile è la possibilità di convivere nel tempo con la neoplasia senza peggiorare la qualità di vita del paziente.
«Pensando alla “cronicizzazione” del carcinoma del colon-retto – afferma Alberto Sobrero, Responsabile della Divisione di Oncologia Medica dell’Ospedale San Martino di Genova – ci riferiamo a quel 25-30% di pazienti che presentano metastasi al momento della diagnosi e a quei pazienti che, pur avendo diagnosticato il tumore in fasi precoci, peggiorano in un arco di tempo che va dai 6 mesi ai due anni. La sequenza ottimale nella somministrazione dei farmaci consiste in un intervento chemioterapico di prima linea in combinazione con un farmaco biologico e un intervento con un farmaco chemioterapico diverso in seconda linea, combinato con lo stesso farmaco biologico. Quando la chemioterapia fallisce, deve essere cambiata, mentre il farmaco biologico viene mantenuto perché continua a rallentare la crescita del tumore con un ulteriore beneficio di sopravvivenza».
Bevacizumab rappresenta dunque una valida opzione terapeutica come terapia di mantenimento per i pazienti con tumore del colon-retto metastatico.

Autore della pubblicazione:
Daniele Pallozzi
Addetto stampa
Pro Format Comunicazione

Il Progetto Diogene rivolto alle persone affette da Alzheimer



Un Servizio a supporto delle famiglie coinvolte nell’assistenza di un loro caro affetto da Alzheimer

Roma, 11 settembre 2012 – Sistemi di Protezione, in collaborazione con Vodafone Italia e Alzheimer Uniti, lancia il Progetto Diogene per le persone affette da Alzheimer, un servizio di geolocalizzazione che permette di rintracciare in tempi rapidi i malati che si allontanano da soli.

Lo studio ILSA del CNR sulla demenza evidenzia che oggi in Italia ci siano oltre 700.000 di persone affetta da Alzheimer. L’80% di queste, secondo l’ultimo rapporto del Censis, vive in famiglia. La demenza interessa il 6,4% delle persone oltre i 65 anni, il 7,2% delle donne, il 5,6% degli uomini.

Le persone affette da Alzheimer, proprio a causa del disorientamento spaziale e del calo funzionale della memoria dovuto alla loro malattia, corrono il rischio di perdersi o, in una fase più acuta della patologia, sentono il desiderio di “fuggire”, rischiando di trovarsi spesso in situazioni delinquenziali. Questo comportamento mette sotto stress i loro familiari.

Il Progetto Diogene ha come obiettivo proprio quello di aiutare i familiari a rintracciare in tempi brevissimi la persona affetta da Alzheimer; offre, infatti, un Servizio di vigilanza informatica basata sulla tecnologia più avanzata di geolocalizzazione.

Alla persona affetta da Alzheimer viene fornito un dispositivo, il “Filo di Arianna”, che, grazie alla connettività Vodafone, trasmette alla centrale operativa SdP l’esatta posizione del soggetto in modo tale che gli operatori forniscono tutte le informazioni necessarie ai familiari, o anche alle Forze dell’Ordine, nella ricerca e soccorso.
Il dispositivo il “Filo di Arianna”, è composto da un modulo GPS per la localizzazione attraverso satelliti, e da una SIM per trasmettere i dati di localizzazione alla Centrale Operativa.
Vodafone fornisce le SIM per la trasmissione dati, su tutto il territorio Nazionale e si è fatta carico di mettere a punto una serie di protezioni e di controlli per evitare qualsiasi utilizzo fraudolento delle SIM al di fuori dal dispositivo.

“Il progetto nasce da un’idea semplice quanto innovativa di presidiare, attraverso dispositivi ad hoc, la quotidianità delle persone affette da Alzheimer dando, allo stesso tempo, una maggiore tranquillità a coloro che, definiti “caregiver”, devono garantirne il controllo quotidiano” ha commentato l’ing. Luciano De Petris, Amministratore Delegato di SDP, aggiungendo che “La sua peculiarità è nella sinergia tra l’attività quotidiana di Alzheimer Uniti nel campo specifico e l’esperienza di SDP, frutto di anni di gestione di servizi in società multinazionali basati sulle tecnologie più avanzate nel campo informatico, nelle telecomunicazioni e nel servizi alla clientela”.

“Questo progetto e’ la dimostrazione concreta del forte contributo che la tecnologia può dare per migliorare la vita delle persone: nel settore della geolocalizzazione per il pronto intervento, delle applicazioni per disabili o del mobile health.” – ha affermato Sabrina Baggioni, Direttore Marketing Corporate di Vodafone Italia – “Come Vodafone stiamo lavorando in questo senso sviluppando soluzioni di immediato utilizzo in mobilità, che possano consentire il monitoraggio costante e l’assistenza ai malati e alle persone in difficoltà”.

“Il Progetto Diogene va incontro ai caregiver, per alleviarli in uno dei più onerosi compiti assistenziali, quello della vigilanza, stimata proprio dallo studio Censis in 13 ore di media al giorno. La speranza è che le Istituzioni siano in grado di farsi carico di questi oneri, per lo meno per le famiglie in difficoltà.” questo il commento della Prof.ssa Luisa Bartorelli, Presidente di Alzheimer Uniti.

Per maggiori informazioni, e’ possibile contattare il numero unico 199 900 200 o visitare il sito

Alessandra Acutis
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Diabete e metabolismo nel bambino e nell’adolescente



Diabete e obesità nei bambini, patologie in crescita in Europa. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità la loro incidenza è triplicata negli ultimi due decenni e ha ormai raggiunto proporzioni epidemiche. Il più recente studio “Okkio alla Salute del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute” dell’Istituto Superiore di Sanità condotto in Italia nel 2010 su 42.155 bambini tra gli 8 e i 9 anni, afferma che il 22,9% di loro è in sovrappeso e l’11,1% è obeso. In particolare, in Veneto, un bambino su tre a 10 anni ha un sovrappeso e uno su dieci è obeso. Si tratta di dati del tutto in linea con la media nazionale, ma che vanno attentamente considerati in quanto i bambini in sovrappeso e obesi hanno un rischio maggiore di insorgenza di gravi patologie in età adulta quali diabete, ipertensione arteriosa, malattie cardio e cerebro-vascolari, dismetabolismi, cancro della mammella e del colon-retto. Per affrontare il problema e trovare nuove soluzioni ai disturbi alimentari, il 14 e il 15 settembre pediatri, nutrizionisti e dietisti si incontreranno a Verona, al Policlinico Rossi, in occasione del 5^congresso “Nutrizione, metabolismo e diabete nel bambino e nell’adolescente”. 
Il congresso. Al centro della due giorni di studi, organizzata dalla sezione di Pediatria del dipartimento di Scienze dalla Vita e della Riproduzione dell’ateneo scaligero in collaborazione con la Società Italiana di Pediatria e la Federazione Italiana dei Medici Pediatri, tematiche di attualità ed aggiornamento relative alla nutrizione e al metabolismo nel bambino. Particolare attenzione sarà posta sulla prevenzione, la diagnosi precoce e il coinvolgimento attivo della famiglia, strumenti necessari per arginare l’obesità e le sue complicanze con particolare attenzione al ruolo della nutrizione prima della nascita. 
La prevenzione inizia sin dalla gravidanza. Tra i principali fattori nutrizionali utili alla prevenzione vi è l’allattamento al seno, che deve sempre essere promosso. In caso di impossibilità di allattare al seno è importante utilizzare latte che risponda ai requisiti suggeriti dalle evidenze della ricerca più recente. Infatti, secondo ultimi studi condotti sul modello animale, sovrappeso e obesità si combattono sia durante la gestazione che in fase di allattamento. “Nuove evidenze scientifiche – spiega Claudio Maffeis, direttore dell’Unità di Diabetologia, Nutrizione Clinica e Obesità dell’Ulss 20 di Verona, professore associato di Pediatria dell’ateneo scaligero e coordinatore scientifico del congresso – affermano che le abitudini alimentari della madre durante l’allattamento incidono sul grado di peso e sulla possibilità del bambino di sviluppare obesità nel corso della vita. L’allattamento da utile strumento per la crescita e lo sviluppo neuropsichico del bambino diventa momento centrale nella prevenzione delle patologie alimentari”.
Diagnosi precoce. Nel corso del congresso verranno analizzati in dettaglio il tema dello svezzamento e quello della dietoterapia nell’obesità. Lo svezzamento è un momento spesso critico per molte mamme. Con lo svezzamento il bimbo esplora nuovi sapori, nuovi colori, nuovi profumi, nuove consistenze del cibo: in questa fase il rapporto con il cibo del piccolo inizia a maturare con riflessi importanti anche per la vita successiva. Fondamentale quindi variare l’alimentazione mantenendo equilibrati i rapporti tra i nutrienti sia nell’ambito giornaliero che settimanale.
Nel corso del convegno ampio spazio sarà dedicato alla diagnosi precoce e all’importanza di evidenziare il sovrappeso sin dal suo comparire e non attendere che l’obesità si manifesti in modo evidente. La precocità di intervento è un fattore determinante per il successo. A tal riguardo utilissimo l’indice circonferenza vita/statura: se il bambino ha una circonferenza della vita superiore a metà della sua statura è probabile che presenti un peso eccessivo, ma anche qualche fattore di rischio cardiovascolare, quali ad esempio i trigliceridi o la glicemia o la pressione più elevati della media, anche se entro i limiti di normalità. Quindi il bambino obeso presenta alterazioni metaboliche che con il tempo ed in mancanza di un intervento, tenderanno a peggiorare e a divenire francamente patologici. 
Spazio anche alla riflessione sul ruolo del pediatra, figura chiave dell’intervento di prevenzione e cura delle patologie alimentari. Il pediatra è infatti l’operatore sanitario che affianca la famiglia sin dalla nascita del piccolo e che lo segue nell’accrescimento e nello sviluppo occupandosi non solo della cura delle eventuali patologie ma anche della prevenzione delle stesse. 

Università degli Studi di Verona
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