Una solitudine indotta, per pudore, paura, timore del giudizio. Un’angoscia consumata in silenziosa segretezza, giorno per giorno, senza vie d’uscita apparenti, a tu per tu con un esserino indifeso, totalmente dipendente da una mamma che si sentiva inadeguata e infelice.
La signora Luisa (nome di fantasia) di Milano, racconta così il decorso post partum della sua prima maternità otto anni fa, pure desiderata e cercata per mesi in armonia con suo marito. Il buio è arrivato un giorno, alla 29esina settimana di gestazione, quando si conclama il rischio di un parto prematuro: "E’ stata credo la scintilla che ha innescato la mia profonda angoscia e infelicità- spiega Luisa-. Mio figlio è nato prematuro alla 33sima settimana. Ma i problemi sono continuati: ad un mese dalla nascita ha subìto un piccolo intervento per piccole complicazioni all’apparato digerente. Ma io da dopo il parto non ero già più la stessa".
Come potrebbe descrivere il suo stato di allora?
"Mi sentivo gravata da una responsabilità insostenibile, per la quale non mi sentivo preparata. E seppure amavamo molto il piccolo e mi inteneriva averlo accanto, ne sentivo tuttavia il peso. Era un conflitto che mi divorava. Il pensiero di dover trascorrere la giornata accudendo mio figlio, mi provocava un senso di profonda angoscia, insoddisfazione e senso di inadeguatezza. Ero infelice, e confesso di aver pensato “Ma chi me l’ha fatto fare, stavo meglio prima".
Non aveva, da parte della sua famiglia, un sostegno durante la giornata?
"Purtroppo no. All’epoca avevo già perso mia madre, e mio marito aveva preso tutti i permessi possibili per starmi accanto e darmi una mano. Ero sola, e questo mi atterriva. Avrei voluto staccare ogni tanto, avere piccoli ritagli di tempo per me. Mi sentivo un leone in gabbia. Se solo avessi chiesto una mano a mia suocera, forse le cose si sarebbero risolte più velocemente…ma non lo feci".
Questa condizione psicologica, le ha mai trasmesso il timore di poter far del male a suo figlio?
"No, mai. Malgrado tutto non ho mai avuto la sensazione che avrei potuto perdere la testa e fare del male al piccolo. Il mio senso di responsabilità me lo impediva. Per questo, ora posso dire che la mia è stata forse una depressione leggera. Certamente mi sentivo in colpa di non poter godere, come avevo immaginato e sperato prima di rimanere incinta, di quei momenti speciali che sono unici nella vita di una donna. Ero consapevole di perdere qualcosa che non avrei mai potuto più recuperare. Ma ero incapace di impedirlo…"
Parlò del suo stato a suo marito?
"No, gli nascosi la vera natura di quella che lui interpretava come grande stanchezza fisica, nonostante la sua comprensione e attenzione..."
Perché non gli disse nulla?
"Allora non me ne rendevo conto, ma oggi posso dire che con ogni probabilità avevo timore che potesse male interpretare, che mi giudicasse una madre snaturata. Mi addolorava il pensiero che potesse accorgersi che non ero una neomamma radiosa e soddisfatta".
Ma con qualcuno ebbe il coraggio di confidarsi?
"Solo in parte. Parlai con un’amica, ma non sbandierai che mi sentivo depressa. Le persone che con le quali avevo contatti, scambiavano il mio stato per normale stanchezza e disorientamento, dovuto alla rivoluzione che provoca l’arrivo di un bambino".
Per quanto tempo perdurò la sua depressione?
"Per circa un anno. Quando potei ritornare al mio lavoro, alla mia vita, tutto riprese il suo corso normale. E ne uscii".
Come mai, non ebbe l’istinto di chiedere aiuto ad un medico?
"Per lo stesso motivo che mi impediva di confessarlo a mio marito. Pudore, vergogna, e la sensazione che tutto sommato ce l’avrei fatta da sola. A posteriori, però, posso dire che fu un grave errore. Parlarne è di fondamentale importanza per avere l’esatta dimensione che non si è sole, che è una patologia diffusa e che esistono metodi efficaci per curarsi. Dell'incidenza della malattia, mi sono accorta da quando frequento il forum NoiMamme, uno spazio virtuale dove tante donne e madri si incontrano e si confrontano: sono tantissime quelle che ne parlano solo in questo spazio visrtuale, perchè mascherate dall'anonimato".
Che cosa è accaduto in seguito?
"Dopo circa tre anni ho deciso di avere un altro figlio. Non lo feci a cuor leggero, lo ammetto, ma volevo ritentare per cercare di recuperare le emozioni e le gioie che avevo perduto con il mio figlio. Per fortuna, tutto è andato bene e oggi posso dire di essere serena. Ma a tutte le neo mamme dico, non aspettate a chiedere aiuto se qualcosa in voi si oscura. Farete il vostro bene e quello del vostro piccolo".
Pubblicato da: Pier Giuseppe Nanni
di
Nanni Editore