E' chiamata "Post vacation Blues" quella sindrome che colpisce al rientro delle vacanze, un malessere generalizzato intriso di nostalgia e tristezza che si impossessa di noi all’idea della ripresa del lavoro, a fine estate, quando è il momento di tornare alla nostra vita quotidiana.
Qual è il vero meccanismo alla base? Spesso siamo portati a sottovalutare come le esperienze che viviamo in vacanza costituiscano uno dei tasselli più importanti della nostra personalità. E non solo per i ricordi con cui torniamo, e le foto che custodiamo nel portafogli. Spesso l’elemento davvero “terapeutico” è l’attesa stessa della vacanza, l’aspettativa che ci si forma nella mente e che ci accompagna nella vita quotidiana dandoci la forza di accettare lo stress in vista di un’esperienza positiva di svago.
L’idea stessa della vacanza ha due sfumature, può essere analizzata su due livelli. C’è la dimensione collettiva, e quella individuale: un turista, secondo e attraverso la propria personalità, si appropria delle diverse immagini di vacanze che fanno parte dell’immaginario collettivo, e con un rapido bilancio di quella che è la propria vita e quelle che sono le sue possibilità economiche, sceglie se partire, ed eventualmente verso quale destinazione.
Si tratta si una scelta rigidamente mediata da aspetti psicologici: l’immagine del luogo turistico, legata ad un’interpretazione emotiva soggettiva ma suggerita dal linguaggio pubblicitario con mezzi semiotici e persuasivi, è spesso mascherata, trasformata, così accattivante da rendere il potenziale turista inizialmente un semplice spettatore. Infatti è spesso impossibile rendere conto dei processi razionali della scelta, e questo proprio perché non è uno stimolo effettivo che viene scelto, ma quello la cui pubblicità riesce a penetrare più a fondo nella sfera inconscia e affettiva del destinatario, scatenando il desiderio, la motivazione all’acquisto.
Ogni spot, anche quello che sembra più lucido e semplice, immediato e sincero, vuole in realtà scatenare un’emozione, una risposta affettiva che prepari all’azione. L’ideale sarebbe conciliare in uno stesso messaggio pubblicitario, delle motivazioni concrete e reali nell’acquisto di un pacchetto vacanze,accanto all’interpretazione emotiva accattivante. Solo in questo modo l’acquisto sarà motivato e responsabile, giustificabile davanti a sé stessi.
Invece, la tendenza egemone in pubblicità è quella di cercare la seduzione, la spettacolarità dell’immagine che enfatizza contenuti estetici che gratifichino la fantasia del consumatore e lo stimolino a livello emotivo. Viviamo in un mondo in cui la cultura dell’immagine è imperante,sovrana assoluta delle nostre scelte più disparate.
L’idea più ricercata di vacanza oggi è quella che concilia i due poli di passività e attività: da un lato viene enfatizzata la necessità di relax, del recupero dei ritmi naturali; dall’altro lato, vengono apprezzati il dinamismo e la ricerca di uno stacco netto dalla vita quotidiana sedentaria del periodo “invernale”.
Ognuno di noi ha un’idea stereotipata dei diversi luoghi, un modello presente in memoria che trae origine dell’esperienza passata diretta e indiretta di posti visitati, conosciuti più o meno approfonditamente o anche solo oggetto di immaginazione. Proprio questi dati dalla forte componente astratta condizionano il comportamento di ciascun soggetto.
Più l’immagine turistica si avvicina a queste immagini prototipiche, più siamo propensi a giudicarla interessante anche se nuova, perché “comprensibile”. Una minima discrepanza dalle nostre aspettative è accolta di buon grado, purchè essa non superi il limite.
L’importanza dell’idea di vacanza ancor prima che della vacanza stessa è testimoniata da alcuni studi sull’insonnia. Un’equipe di ricercatori dell'università di Oxford ha distrutto il mito del classico rimedio contro le notti insonni, il contare le pecore.
Lo studio ha testato su cinquanta soggetti insonni cronici diverse tecniche di rilassamento, dividendoli in tre gruppi: accanto al gruppo di controllo, un gruppo sperimentale era invitato a concentrarsi su scene tranquille tra le più disparate ma piacevoli (spiaggia, sole, mare, montagna), che realizzassero la loro idea di vacanza. Un altro gruppo sperimentale aveva il compito di ricorrere al metodi tradizionale delle pecore che saltano gli ostacoli.
L’effetto delle immagini di vacanze è stato notevole: il sonno arrivava anche con 20 minuti di anticipo rispetto le altre tecniche.
"Queste immagini – hanno spiegato i ricercatori - occupano più spazio nel nostro cervello rispetto alle vecchie 'abusate' pecore, e sono più facili da trattenere perché più interessanti".
Ecco allora la fortuna della Psicologia del Turismo, che si occupa dei fattori psicologici alla base dei processi di scelta del turista comune, integrando le diverse teorie note nella psicologia generale come “teorie della presa di decisione”. Nella situazione del turista, ricca di novità e incertezze, questi processi assumono infatti rilevanza estrema.
Harris, nel suo articolo “Introduction to decision making” (1998), di cui è disponibile il testo qui (http://www.virtualsalt.com/crebook5.htm), evidenzia come il processo decisionale “consiste in una sufficiente riduzione dell’incertezza e del dubbio sulle alternative, tale da consentire una scelta ragionevole fra le stesse. Questa definizione mette in evidenza la funzione di raccolta delle informazioni nel processo decisionale. Si dovrebbe notare che l’incertezza è ridotta e non eliminata. Pochissime decisioni vengono prese con assoluta certezza perché raramente è possibile una conoscenza completa su tutte le alternative. Così, ogni decisione comporta un certo rischio”.
Ogni scelta dipende fortemente dall’ambiente nella quale viene messa in atto, e dalle informazioni disponibili nel momento in cui si rende necessaria.
Francken e Van Raaij (1984) hanno presentato una classificazione della sequenza che porta, attraverso alcuni passaggi, alla decisione di intraprendere un viaggio. Il loro modello è suddiviso in cinque stadi che sono:
- decisione generica, un primo stadio in cui viene semplicemente deciso di partire per la vacanza
- acquisizione di informazioni (stadio in cui la pubblicità e le agenzie di viaggio, i mass media e gli operatori turistici, hanno gran rilevanza accanto alle testimonianze di amici e parenti)
- decisione congiunta, ossia l’influenza dei diversi membri di una famiglia nella scelta della vacanza
- attività delle vacanze, che derivano dagli interessi delle persone coinvolte, ma anche ha hobbies e abitudini delle stesse
- soddisfazione e reclami susseguenti, che derivano da una piu o meno attenta analisi pesata di costi e ricavi della vacanza stessa: i benefici ottenuti sono proporzionatiagli investimenti fatti per andare in vacanza?
Come altre teoria della decisione, questa fa riferimento ad un modello di elaborazione dell’informazione, che utilizzando la metafora del diagramma di flusso che concatena diversi eventi paragona l’essere umano ad un calcolatore dalla massima razionalità.
In conclusione, possiamo dire che la Psicologia è in grado sicuramente di svolgere un ruolo importante nell’individuare le caratteristiche che contraddistinguono i processi decisionali di un individuo in materia di vacanze, ma soprattutto può diventare un mezzo utile per tutti coloro che hanno interessi ad “accalappiare” il turista e influenzarlo nelle scelte.
Di Sonia Pasquinelli