google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0 SALUTIAMOCI google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0

Chirurgia estetica non invasiva: le caratteristiche del Botulino.

Sono bastati appena pochi giorni perche' l'allarme nato su internet e sui giornali intorno alla tossina botulinica, in maniera a dir poco superficiale, avesse termine. Una bufala senza alcun fondamento. Nota da anni in chirurgia neurologica, la tossina botulinica di tipo A e' oggi il trattamento di medicina estetica preferito dagli italiani che ne sono anche i maggiori fruitori al mondo, come confermano i dati di una recente indagine condotta dalla societa' londinese Research International.
Una pietra miliare nel progresso della medicina estetica che evidenzia una tendenza sempre piu' forte: la voglia di trattamenti dolci e accessibili ma altamente efficaci. Il suo meccanismo d'azione, piu' che noto agli addetti ai lavori, e' chimicamente semplice: bloccando il rilascio di acetilcolina, la tossina botulinica impedisce che l'impulso nervoso giunga a destinazione. E il suo impiego in campo medico-estetico e' geniale: ''si va dal ringiovanimento del viso e del collo all'effetto lifting – chiarisce il dottor Carlo Alberto Pallaoro, specialista in chirurgia plastica a Padova - fino al trattamento della sudorazione eccessiva, l'iperidrosi, patologia che spesso viene trascurata dal medico di base. Il trattamento con il botulino contro le rughe d'espressione e' stato il primo utilizzo cosmetico approvato in Italia dal Ministero della Sanita', ed e' anche il piu' eseguito. Attraverso opportune inoculazioni della tossina diluita, si tratta la zona glabellare ottenendo una parziale e selettiva riduzione dell'attivita' di alcuni muscoli mimici''. La cui azione e' molto importante perche' si sa che l'eccessiva mimica facciale e' a lungo andare la principale causa della formazione delle rughe d'espressione. ''Infatti – prosegue il dottor Pallaoro – se in un soggetto giovane la pelle segue il movimento muscolare contraendosi e decontraendosi completamente, con il passare degli anni la cute non e' piu' in grado di distendersi, avendo anche perso parte delle sostanze che ne garantiscono l'elasticita'. Ecco che l'azione della tossina botulinica ha un duplice effetto: da una parte rilassa e distende la pelle e dall'altra riveste una sorta di azione preventiva nei confronti delle rughe mimiche''.
Si e' quindi giunti a credere che il ricorso alla tossina botulinica costituisca una forma di lifting non chirurgicoUna sua caratteristica peculiare e' la versatilita' estrema nel campo del ringiovanimento e modellamento del viso. Un effetto molto interessante che si puo' ottenere e' il sollevamento della coda del sopracciglio, una sorta di lifting non chirurgico molto d'effetto per una zona focale del viso, come lo sguardo. ''Con l'inoculazione precisa della tossina in alcuni punti della zona glabellare – espone il dottor Pallaoro – si induce la muscolatura mimica a una particolare azione di compensazione che produce appunto il sollevamento dell'arcata sopracciliare. L'effetto e' molto gradevole, perche' lo sguardo e' reso piu' aperto e sensuale e l'occhio appare ingrandito''. Un grande vantaggio della tossina rispetto a procedure chirurgiche piu' radicali, e' poi il costo contenuto:

''Questo fattore – continua lo specialista - unito alla reversibilita' completa dei risultati spinge molte persone, anche non certo anziane, a provare l'effetto del botulino, quasi come un cambio di look momentaneo o ritocco dell'ultimo minuto prima di un evento speciale''. Un altro campo di applicazione e' il ringiovanimento del collo, una zona che subisce precocemente l'attacco del tempo. I movimenti continui cui e' sottoposto, infatti, e la sottigliezza della cute sono fattori che certo non avvantaggiano. ''L'iniezione di piccole unita' di tossina botulinica possono distendere la parte provocando lo stiramento cutaneo'', specifica il dottor Pallaoro, ''ma la delicatezza e la particolarita' del collo ne fanno una zona dove l'uso del botulino e' riservato solamente a specialisti con molta esperienza''.

L'impiego della tossina botulinica purificata di tipo A, infatti, negli ultimi tempi e' stata spesso oggetto di discussioni anche molto accese e dei polveroni mediatici gia' ricordati, che la additavano come dannosa e causa di notevoli problemi per l'organismo. La comunita' scientifica ha puntualmente smentito tutte le voci, ma un dubbio potrebbe restare: il botulino resta pur sempre uno dei peggiori veleni esistenti. ''Il primo punto da sottolineare e' che le dosi di principio attivo impiegate per i trattamenti di medicina estetica sono davvero minime'', specifica lo specialista, ''e l'effetto paralizzante e' circoscritto nella zona di iniezione, quindi del tutto sicuro per la vita del paziente, anche in una parte estremamente delicata come il collo. Posto cio', e' molto importante ribadire che pur essendo teoricamente interventi semplici, le iniezioni di tossina botulinica devono essere sempre realizzate da specialisti competenti ed esperti, onde evitare spiacevoli conseguenze, come asimmetrie e ptosi di alcune zone, che comunque sono temporanee. Inoltre, anche il farmaco impiegato deve essere esclusivamente quello approvato dal Ministero della Sanita'''. Un utilizzo della tossina botulinica non propriamente per fini cosmetici e' invece la terapia contro la sudorazione eccessiva. Questo e' un problema che solo marginalmente e' di carattere estetico-psicologico, a causa del grande imbarazzo che prova chi e' costretto a sfoggiare abiti costantemente macchiati di sudore, oppure si rifiuta di stringere mani e compiere lavori manuali a causa dei palmi sempre freddi e umidicci. L'iperidrosi, pur essendo sottovalutata, e' una patologia socialmente invalidante, con una grossa componente emotiva. In questo particolare trattamento il blocco colinergico provocato dalla tossina impedisce che l'impulso nervoso sia portato alla ghiandola, annullando quindi la reazione della sudorazione, pur senza ledere alcun organo. ''Fino a pochi anni fa il trattamento d'elezione per risolvere l'iperidrosi era di tipo chirurgico, con l'escissione di una porzione ghiandolare – precisa il dottor Pallaoro – ma questa procedura, pur essendo ancora impiegata in alcuni casi, come l'iperidrosi ascellare, non e' ottimale per la sudorazione eccessiva di zone sensibili come le mani e i piedi''. Il trattamento con le infiltrazioni di tossina botulinica, quindi, si rivela la soluzione ideale perche' lascia integra la ghiandola, non ha effetti collaterali ed e' ripetibile nel tempo senza controindicazioni. Il trattamento con la tossina botulinica avviene ambulatorialmente, senza anestesia e addirittura senza particolari accertamenti, come esami diagnostici. ''Le infiltrazioni sono realizzate in loco attraverso sottili aghi secondo schemi consoni, secondo l'effetto che si desidera ottenere'' - conclude il dottor Carlo Alberto Pallaoro - ''Al termine del trattamento, della durata di circa un quarto d'ora, il paziente puo' tornare immediatamente alle attivita' usuali, sen­za indicazioni particolari e senza segni visibili. Al massimo, se si tratta di una zona esposta come il viso, puo' applicare del ghiaccio per favorire la scomparsa del lieve rossore. L'ef­fetto sara' visibile nel­l'arco di 4 o 5 giorni e perdurera' per un lasso di 2-6 mesi, per poi scemare gradualmente. Le sedute sono quindi ripetibili nel tempo in tutta sicurezza, anche piu' volte l'anno a patto che, ricordiamolo, siano eseguite da mani competenti''.

Responsabile della pubblicazione:


Mario Luigi Pallaoro
di Pallaoro Medical Laser snc

La nascita di un Tumore

Identificate e riprodotte in laboratorio le alterazioni del genoma che provocano i tumori.
L'importante scoperta, appena pubblicata sulla prestigiosa rivista dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti d’America (PNAS) e presentata in Spagna nei giorni scorsi al congresso internazionale dell’European Molecular Biology Organization (EMBO), è frutto delle ricerche svolte dal genetista Carlo V. Bruschi, responsabile del Laboratorio di Genetica Molecolare del Lievito del Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologia (ICGEB) di Trieste.
Bruschi e la sua équipe sono riusciti a riprodurre in vivo, usando come modello le cellule del lievito, alcune “traslocazioni cromosomiche” (il collegamento di parti di due cromosomi diversi) e a studiare in dettaglio il modo in cui esse possono fare "impazzire" le cellule.
La scoperta potrebbe essere importante per comprendere come avvengano alcuni dei momenti cruciali della nascita di un tumore, dal concepimento ai “primi passi”.
«Benché fosse da tempo evidente una correlazione tra questo tipo di anomalie genetiche e insorgenza di cellule cancerose e benché fosse in parte conosciuto il meccanismo molecolare che causa le traslocazioni - spiega Bruschi - finora non era chiaro se una traslocazione cromosomica fosse l’origine del tumore o se, invece, ne fosse una conseguenza. Questo perché si possono osservare solo casi di pazienti già affetti da tumore, nelle cui cellule esiste ormai una particolare traslocazione. In pratica, queste osservazioni avvengono quando è ormai troppo tardi per stabilire una relazione di causa ed effetto».
I ricercatori triestini hanno applicato ad alcune cellule di lievito non precedentemente mutate una tecnica chiamata BIT (Bridge-Induced Translocation), sviluppata dallo stesso Bruschi con Valentina Tosato nel 2005, capace di indurre traslocazioni tra cromosomi diversi. I risultati hanno rivelato aumenti nell’espressione genica sia in prossimità del sito interessato dalla traslocazione, sia nei geni che si trovano in cromosomi non coinvolti nell’evento.
«E’ come poter assistere all’evento in diretta, provocandolo e osservandone gli effetti sul nascere» sottolinea Bruschi, esperto internazionale di genomica del lievito e coordinatore nazionale della società scientifica italiana del lievito ZYMI (Zestful Yeast Model system in Italy). «I lieviti sottoposti al BIT mostrano numerose anomalie morfologiche che li fanno assomigliare a cellule invasive. E’ possibile rilevare già al microscopio difetti drammatici nella loro divisione cellulare, inibizione della crescita, mortalità cellulare, formazione di aggregati cellulari e variazioni nella dimensione e nella forma».
Le cellule di Saccharomyces cerevisiae (il comune lievito usato per la panificazione, la vinificazione e la produzione della birra), il cui DNA è stato completamente sequenziato fin dal 1996, risultano essere un ottimo modello per studiare il fenomeno, poichè sono molto simili alle cellule di mammifero e allo stesso tempo sono facilmente manipolabili con l’ingegneria genetica.

Responsabile della pubblicazione: Monica Rio di Globo

Malessere del dopo vacanze, una vera sindrome psicologica

E' chiamata "Post vacation Blues" quella sindrome che colpisce al rientro delle vacanze, un malessere generalizzato intriso di nostalgia e tristezza che si impossessa di noi all’idea della ripresa del lavoro, a fine estate, quando è il momento di tornare alla nostra vita quotidiana.
Qual è il vero meccanismo alla base? Spesso siamo portati a sottovalutare come le esperienze che viviamo in vacanza costituiscano uno dei tasselli più importanti della nostra personalità. E non solo per i ricordi con cui torniamo, e le foto che custodiamo nel portafogli. Spesso l’elemento davvero “terapeutico” è l’attesa stessa della vacanza, l’aspettativa che ci si forma nella mente e che ci accompagna nella vita quotidiana dandoci la forza di accettare lo stress in vista di un’esperienza positiva di svago.
L’idea stessa della vacanza ha due sfumature, può essere analizzata su due livelli. C’è la dimensione collettiva, e quella individuale: un turista, secondo e attraverso la propria personalità, si appropria delle diverse immagini di vacanze che fanno parte dell’immaginario collettivo, e con un rapido bilancio di quella che è la propria vita e quelle che sono le sue possibilità economiche, sceglie se partire, ed eventualmente verso quale destinazione.
Si tratta si una scelta rigidamente mediata da aspetti psicologici: l’immagine del luogo turistico, legata ad un’interpretazione emotiva soggettiva ma suggerita dal linguaggio pubblicitario con mezzi semiotici e persuasivi, è spesso mascherata, trasformata, così accattivante da rendere il potenziale turista inizialmente un semplice spettatore. Infatti è spesso impossibile rendere conto dei processi razionali della scelta, e questo proprio perché non è uno stimolo effettivo che viene scelto, ma quello la cui pubblicità riesce a penetrare più a fondo nella sfera inconscia e affettiva del destinatario, scatenando il desiderio, la motivazione all’acquisto.
Ogni spot, anche quello che sembra più lucido e semplice, immediato e sincero, vuole in realtà scatenare un’emozione, una risposta affettiva che prepari all’azione. L’ideale sarebbe conciliare in uno stesso messaggio pubblicitario, delle motivazioni concrete e reali nell’acquisto di un pacchetto vacanze,accanto all’interpretazione emotiva accattivante. Solo in questo modo l’acquisto sarà motivato e responsabile, giustificabile davanti a sé stessi.
Invece, la tendenza egemone in pubblicità è quella di cercare la seduzione, la spettacolarità dell’immagine che enfatizza contenuti estetici che gratifichino la fantasia del consumatore e lo stimolino a livello emotivo. Viviamo in un mondo in cui la cultura dell’immagine è imperante,sovrana assoluta delle nostre scelte più disparate.
L’idea più ricercata di vacanza oggi è quella che concilia i due poli di passività e attività: da un lato viene enfatizzata la necessità di relax, del recupero dei ritmi naturali; dall’altro lato, vengono apprezzati il dinamismo e la ricerca di uno stacco netto dalla vita quotidiana sedentaria del periodo “invernale”.
Ognuno di noi ha un’idea stereotipata dei diversi luoghi, un modello presente in memoria che trae origine dell’esperienza passata diretta e indiretta di posti visitati, conosciuti più o meno approfonditamente o anche solo oggetto di immaginazione. Proprio questi dati dalla forte componente astratta condizionano il comportamento di ciascun soggetto.
Più l’immagine turistica si avvicina a queste immagini prototipiche, più siamo propensi a giudicarla interessante anche se nuova, perché “comprensibile”. Una minima discrepanza dalle nostre aspettative è accolta di buon grado, purchè essa non superi il limite.
L’importanza dell’idea di vacanza ancor prima che della vacanza stessa è testimoniata da alcuni studi sull’insonnia. Un’equipe di ricercatori dell'università di Oxford ha distrutto il mito del classico rimedio contro le notti insonni, il contare le pecore.
Lo studio ha testato su cinquanta soggetti insonni cronici diverse tecniche di rilassamento, dividendoli in tre gruppi: accanto al gruppo di controllo, un gruppo sperimentale era invitato a concentrarsi su scene tranquille tra le più disparate ma piacevoli (spiaggia, sole, mare, montagna), che realizzassero la loro idea di vacanza. Un altro gruppo sperimentale aveva il compito di ricorrere al metodi tradizionale delle pecore che saltano gli ostacoli.
L’effetto delle immagini di vacanze è stato notevole: il sonno arrivava anche con 20 minuti di anticipo rispetto le altre tecniche.
"Queste immagini – hanno spiegato i ricercatori - occupano più spazio nel nostro cervello rispetto alle vecchie 'abusate' pecore, e sono più facili da trattenere perché più interessanti".
Ecco allora la fortuna della Psicologia del Turismo, che si occupa dei fattori psicologici alla base dei processi di scelta del turista comune, integrando le diverse teorie note nella psicologia generale come “teorie della presa di decisione”. Nella situazione del turista, ricca di novità e incertezze, questi processi assumono infatti rilevanza estrema.
Harris, nel suo articolo “Introduction to decision making” (1998), di cui è disponibile il testo qui (http://www.virtualsalt.com/crebook5.htm), evidenzia come il processo decisionale “consiste in una sufficiente riduzione dell’incertezza e del dubbio sulle alternative, tale da consentire una scelta ragionevole fra le stesse. Questa definizione mette in evidenza la funzione di raccolta delle informazioni nel processo decisionale. Si dovrebbe notare che l’incertezza è ridotta e non eliminata. Pochissime decisioni vengono prese con assoluta certezza perché raramente è possibile una conoscenza completa su tutte le alternative. Così, ogni decisione comporta un certo rischio”.
Ogni scelta dipende fortemente dall’ambiente nella quale viene messa in atto, e dalle informazioni disponibili nel momento in cui si rende necessaria.
Francken e Van Raaij (1984) hanno presentato una classificazione della sequenza che porta, attraverso alcuni passaggi, alla decisione di intraprendere un viaggio. Il loro modello è suddiviso in cinque stadi che sono:

- decisione generica, un primo stadio in cui viene semplicemente deciso di partire per la vacanza

- acquisizione di informazioni (stadio in cui la pubblicità e le agenzie di viaggio, i mass media e gli operatori turistici, hanno gran rilevanza accanto alle testimonianze di amici e parenti)

- decisione congiunta, ossia l’influenza dei diversi membri di una famiglia nella scelta della vacanza

- attività delle vacanze, che derivano dagli interessi delle persone coinvolte, ma anche ha hobbies e abitudini delle stesse

- soddisfazione e reclami susseguenti, che derivano da una piu o meno attenta analisi pesata di costi e ricavi della vacanza stessa: i benefici ottenuti sono proporzionatiagli investimenti fatti per andare in vacanza?

Come altre teoria della decisione, questa fa riferimento ad un modello di elaborazione dell’informazione, che utilizzando la metafora del diagramma di flusso che concatena diversi eventi paragona l’essere umano ad un calcolatore dalla massima razionalità.

In conclusione, possiamo dire che la Psicologia è in grado sicuramente di svolgere un ruolo importante nell’individuare le caratteristiche che contraddistinguono i processi decisionali di un individuo in materia di vacanze, ma soprattutto può diventare un mezzo utile per tutti coloro che hanno interessi ad “accalappiare” il turista e influenzarlo nelle scelte.

Di Sonia Pasquinelli

Pubblicato da Emanuele Tolomei di espertoseo.it


Medicina 33: Cellulite e gambe gonfie

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Equilibrio Psico - Fisico: 9 italiani su 10 sentono di averlo trovato

Negli ultimi anni abbiamo assistito a importanti accadimenti, passi avanti nel campo della tecnologia e dell’informatica, scoperte della scienza, eventi destinati a cambiare la storia. Con più comodità, più aiuti, più sostegni esterni, la vita dell’uomo del terzo millennio è davvero più semplice e confortevole? È più felice? Sereno? In “equilibrio”?
Una ricerca effettuata dalla Doxa e commissionata da Aequilibrium, la nota linea wellness di Aia, ha cercato di capire quanto gli italiani si sentano equilibrati e quale sia la formula per il loro benessere personale, intervistando un campione composto da 1.000 Italiani, donne e uomini dai 15 anni in su, rappresentativi della popolazione adulta.

L’EQUILIBRIO E’ UOMO: IL 90,3% DEGLI UOMINI ITALIANI RITIENE DI AVERE UN BUON EQUILIBRIO PSICO-FISICO.

Nonostante i tanti problemi quotidiani e le vicissitudini che negli ultimi anni hanno caratterizzato la storia del Belpaese, secondo l’indagine Doxa-Aequilibrium risulta che 9 italiani su 10 si ritengono equilibrati. Quasi la totalità dei nostri connazionali ha, quindi, trovato la formula magica per star bene…e in particolare sono i rappresentanti del sesso forte a sentirsi bene oggi!
Ben il 90,3% degli uomini, infatti, giudica di avere oggi un buon equilibrio psico-fisico. Analizzando i dati, però, emerge anche un segnale di crisi da parte degli adulti tra i 25 e 34 anni, età da sempre particolarmente difficile e controversa. A sentirsi maggiormente in “equilibrio” appaiono invece proprio i due estremi del nostro universo di riferimento, ovvero i giovani tra i 15 e i 24 anni e gli over 55. La spensieratezza dei giovani contro la saggezza degli adulti!
Quali sono i fattori che influenzano di più il benessere dei nostri connazionali? Secondo la speciale classifica stilata direttamente dagli intervistati, al primo posto troviamo gli affetti, come nella migliore tradizione che vuole l’italiano passionale, romantico e attaccato alla famiglia. Ma ciò che sorprende maggiormente è che al secondo posto, quasi a pari merito con gli affetti, troviamo l’alimentazione, la cui influenza nella determinazione dell’equilibrio è giudicata più importante di fattori come il lavoro e l’attività fisica.
Pochi dubbi invece sulla definizione di equilibrio personale: per l’80% rappresenta il giusto rapporto tra il benessere fisico e quello mentale. E difatti si sa…l’amore e il buon cibo fanno bene sia al corpo che alla mente! I due equilibri quindi si influenzano a vicenda: a quello mentale segue la scoperta di quello fisico, perché avere “mens sana in corpore sano” sembra essere ancora estremamente attuale!
Ma perché è tanto importante raggiungere un buon equilibrio psico-fisico? Secondo l’indagine Doxa-Aequilibrium, il 42,1% lo cerca perché aiuta ad affrontare con più forza e serenità le difficoltà della vita, il 37,4% per sentirsi meglio con se stesso, mentre il restante 20,5% del campione si divide fra coloro che pensano che sia la chiave per star meglio con gli altri (16,9%) e coloro che lo ritengono un aiuto per rendere di più sul lavoro o nello studio (3,6%).

MENTRE LE DONNE CHIACCHIERANO, GLI UOMINI FANNO SPORT.

Anche gli psicologi sono concordi nel dire che l’equilibrio fisico e mentale, va ricercato partendo dalle piccole cose di ogni giorno. E allora quali sono le cose che gli Italiani fanno abitualmente per trovare l’equilibrio nella vita di tutti i giorni? Quali sono i “magnifici 4” dell’equilibrio?

Ogni giorno è importante ritagliarsi del tempo per curare le relazioni con gli altri, per stare vicini ad amici e parenti chiacchierando con loro, anche solo tramite una telefonata a fine giornata. Infatti al primo posto della classifica degli “antistress quotidiani” troviamo proprio le chiacchiere con il 60,4% delle risposte, in particolare - non era difficile immaginarlo – questa è una soluzione che adottano soprattutto le donne, con una punta fra le under 40.
Al secondo posto, con il 39,6% delle preferenze, troviamo il lusso di potersi ritagliare del tempo per se stessi, magari isolandosi da tutti i problemi semplicemente per mezz’ora.
Al terzo posto, segue la pratica di un’attività fisica, con il 35,4% delle citazioni. Mentre, quindi, le donne chiacchierano di più, chi è questo 35,4% degli Italiani che va a sfogarsi in palestra? Sono soprattutto gli uomini ed i giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, ad aver individuato nell’attività fisica l’alleato giusto per star bene ogni giorno.
Infine all’ultimo posto, con il 34% delle risposte, troviamo il “coccolarsi” con un piccolo lusso/piacere alimentare, e questa citazione sale tra le donne.
Non dimentichiamo, infatti, che gli Italiani sono un popolo di amanti della buona tavola, invidiati in tutto il mondo per la loro tradizione gastronomica. Ma quanti di loro hanno un’alimentazione realmente corretta? E se il 56% del campione ritiene senza alcun dubbio che un’alimentazione sana abbia un’importanza fondamentale nel raggiungimento del proprio benessere personale, andando più a fondo si scopre che solo 2 Italiani su 10 giudicano davvero corretta e bilanciata la propria alimentazione: ovvero sono solo 12 milioni i nostri connazionali che sanno mangiare.

“Nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi anni da organizzazioni internazionali e nazionali che si occupano di salute pubblica, cresce sempre di più nei Paesi ad alto livello di sviluppo socioeconomico il numero di persone non fisicamente attive e che si alimentano in maniera scorretta – commenta Michelangelo Giampietro, Specialista in Medicina dello Sport e in Scienze dell’Alimentazione – l’Italia non fa eccezione, anzi recenti indagini epidemiologiche hanno dimostrato che gli italiani si muovono meno e, spesso, sono meno attenti nell’alimentarsi rispetto a cittadini di altre nazioni. Per contrastare e correggere questa situazione è importante che anche l’industria alimentare dia il proprio contributo promuovendo corretti stili di vita nella popolazione, attraverso tutti i canali possibili, dalla scuola allo sport, dai media alla distribuzione, tenendo sempre in considerazione le conseguenza delle mutate abitudini di vita e le diverse esigenze fisiche, lavorative e sociali”

PER AUMENTARE IL BENESSERE PSICO-FISICO, SI CERCA IL TEMPO PERDUTO, PIUTTOSTO CHE UN LAVORO MIGLIORE

In un contesto così equilibrato, di cosa avrebbe bisogno ancora l’italiano medio per migliorarsi? Di più affetto? Di un lavoro migliore?

Qual è la vera “piaga della società” di oggi? Il tempo, anzi la mancanza del tempo.

Secondo il 31,2% degli intervistati per migliorare il proprio equilibrio psico-fisico occorrerebbe avere più tempo per sé e meno ritmi serrati a scandire la quotidianità di tutti noi. Strettamente connesso a questo problema appare la risposta del 28,1% che ritiene un ostacolo al raggiungimento del proprio benessere la difficoltà di condurre una vita sana, resa quasi impossibile proprio dalla frenesia di tutti i giorni.
A sorpresa, la ricerca Doxa-Aequilibrium svela che solo il 18,7% del campione crede nell’equazione “lavoro migliore uguale benessere maggiore”. L’analisi mostra che la ricerca di un lavoro migliore è un’esigenza avvertita maggiormente dagli uomini, nel Sud e tra i 25 e i 40 anni.
A quanto pare, quindi, nonostante il precariato, l’insoddisfazione generale, i problemi legati alla finanziaria e ai pensionamenti, solo 2 italiani su 10 pensano che un lavoro migliore sia il segreto per aumentare il proprio benessere psico-fisico.

L’EQUILIBRIO PASSA PER IL WEB

Proprio per andare in aiuto a tutti gli italiani alla ricerca del loro equilibrio personale, Aequilibrium ha rinnovato il proprio sito internet, trasformandolo in un vero e proprio Magazine, in cui poter trovare consigli, spunti, idee, approfondimenti utili, ricette originali e articoli che spaziano dall’alimentazione alla psicologia. www.aequilinrium.info mira a diventare il luogo del benessere per eccellenza, grazie ai contributi autorevoli di un nutrizionista, una psicologa, uno chef e un personal trainer.
Inoltre, intorno a questi temi Aequilibrium ha creato anche un concorso, che intende coinvolgere in prima persona l’utente: “Racconta il tuo equilibrio”, per descrivere con foto e testi momenti di equilibrio tra gusto e salute, relax e movimento, lavoro e tempo libero, essere e apparire. Partecipare al concorso è semplicissimo: basterà iscriversi gratuitamente sul sito www.aequilibrium.info e inviare il proprio contributo, entro il 30 settembre 2008, tramite una foto o un testo originale rappresentativi del proprio concetto di equilibrio.

I vincitori, scelti dagli utenti stessi che potranno votare sul sito l’immagine o il testo che ritengono più originale, creativo, divertente, avranno la possibilità di aggiudicarsi una serie di premi di stampo tecnologico e abbonamenti semestrali per le palestre e i centri aderenti al circuito di American Contourella, punto di riferimento nel settore del benessere e del fitness.

La posizione della FIAMO sulla figura del Medico Omeopata

I recenti fatti di cronaca che riguardano l'abuso della professione medica ancora prima del cattivo o improprio uitilizzo della medicina omeopatica ci impongono delle attente e serie riflessioni.
Che cosa dobbiamo fare prima di affidarci ad un omeopata ? Quali strumenti abbiamo a disposizione per valutare la professionalità del ns. terapeuta e soprattutto l'efficacia della terapia da lui prescritta?
Dobbiamo prima di tutto usare il buon senso e non considerare l'omeopatia, cosi' come tutte le altre medicine (compresa quella allopatica o ufficiale) come una sorta di religione al di sopra di ogni ragionevole dubbio.
Ma soprattutto dobbiamo certificare che l'omeopata che ci sta visitando sia un MEDICO e cioè un professionista della salute laureato in medicina e chirurgia, regolarmente iscritto all'Albo dei Medici e specializzato in Medicina Omeopatica.

LA SITUAZIONE

L'omeopatia è un metodo clinico e terapeutico basato sulla "Legge dei Simili" formulato da Samuel Hahnemann , fondatore della Medicina Omeopatica.
La legge dei simili afferma che è possibile curare un malato somministrandoli una sostanza che, in un uomo sano, riproduce tutti i sintomi della sua malattia. La Farmacologia Omeopatica classica (materia medica) è costituita da una serie di "rimedi" tratti dal mondo vegetale, animale e minerale. Ogni rimedio è stato singolarmente testato a dosi subtossiche sull'uomo sano (Sperimentazione Patogenica Pura) per evidenziarne i sintomi provocati. Il rimedio viene poi somministrato al malato in dosi più o meno attenuate, preparato attraverso un ben codificato procedimento di fabbricazione (rogressive diluizioni e succussioni). Nella pratica clinica omeopatica classica il medico, dopo aver formulato una diagnosi, somministra il rimedio più simile ai modi peculiari con i quali il malato esprime la sua malattia: la terapia è pertanto personalizzata.

1."L'Omeopatia è una metodologia clinica diagnostica e terapeutica olistica che utilizza come medicinali sostanze diluite e dinamizzate somministrate secondo la Legge di Similitudine ed individualizzate mediante la Patogenesi (effetto della sostanza sull'uomo sano)"

2.L'esercizio dell'Omeopatia costituisce un ATTO MEDICO in quanto è compito del medico individuare la malattia tramite la diagnosi (FNOMCeO 2002). Definita la diagnosi il medico sceglierà la terapia e porrà la prognosi. L'Omeopatia potrà essere esercitata da un medico "esperto" iscritto in un apposito "Registro". Viene ritenuto esperto in omeopatia un medico che ha frequentato una scuola di Formazione dalle caratteristiche che verranno ora definite e ne ha conseguito il relativo diploma. Vi è la possibilità di utilizzare professionalmente la direzione. "Iscritto nel Registro della Medicina Omeopatica" istituito presso l'Ordine. all'inizio del secolo 19.

Oggi, in Italia oltre 9 milioni di pazienti ricorrono all'omeopatia e circa 3.000 sono i medici che la praticano.
I rimedi omeopatici sono reperibili in molte farmacie specializzate. Vengono preparati in diverse forme farmaceutiche, liquide o solide: si tratta soprattutto di granuli o globuli, che vanno sciolti direttamente sotto la lingua (la via sub-linguale assicura infatti un buon assorbimento), oppure di gocce.

IL PROFILO DEL MEDICO OMEOPATA

L'omeopata è un medico che utilizza la medicina omeopatica per la cura di una serie di patologie e di malesseri attraverso la cura dell'individuo. Il medico omeopata, dopo aver formulato una diagnosi, prescrive il rimedio più simile (e quindi più efficace) ai modi con i quali il malato esprime la sua malattia.
La farmacologia omeopatica è costituita da una serie di rimedi minerali, vegetali e animali che vengono somministrati ai pazienti in modo più o meno diluito. La scelta dei rimedi che più si avvicinano ai sintomi del paziente è essenziale nell'approccio omeopatico, per questo è importante poter disporre di sperimentazioni su un gran numero di sostanze per poter suggerire di volta in volta il rimedio più adatto.
L'omeopatia si è rivelata particolarmente efficace per le malattie in età pediatrica, nei disturbi tipici della gravidanza e della menopausa, per asma, allergie, emicranie e cefalee.

I REQUISITI DEL MEDICO OMEOPATA

L'omeopata possiede innanzitutto le ampie e specialistiche conoscenze mediche che derivano dal possesso della laurea in Medicina e chirurgia.
Tali conoscenze devono essere integrate da strumenti teorici e pratici che consentono l'applicazione delle metodiche omeopatiche:

- la legge dei simili, che permette la visita e diagnosi omeopatica analizzando le caratteristiche e il comportamento dell'organismo secondo la medicina omeopatica.

- un'ottima padronanza delle tecniche di individuazione dei medicinali omeopatici e delle tecniche farmaceutiche che consentono di determinare i vari tipi di diluizione per ogni rimedio.

- una conoscenza della storia dell'omeopatia e un suo inquadramento anche legale rispetto alla medicina convenzionale.

L'omeopata deve avere nei confronti del paziente un approccio personalizzato e olistico, ossia che considera un fenomeno nella sua complessità vedendolo nell'insieme e non nelle singole parti.
Nella determinazione della diagnosi è richiesta molta attenzione ai sintomi del paziente, per questo l'omeopata ha bisogno di molti elementi per individuare la tipologia del malato e per rilevare quegli aspetti che possono influenzare la predisposizione ad ammalarsi o a guarire. Per far ciò diventa indispensabile sviluppare delle ottime capacità di osservazione, comunicazione e comprensione.
Come per l'agopuntura o altre discipline appartenenti alle medicine "non convenzionali", la capacità di dimostrare competenza e serietà diventa una prerogativa determinante per ottenere la fiducia del paziente.

LA FORMAZIONE DEL MEDICO OMEOPATA

In Italia non esistono corsi universitari che preparino alla professione di omeopata; esistono invece corsi organizzati da scuole private, che variano molto nella durata e nell'efficacia formativa. Tuttavia l'omeopatia è un "atto medico" e come tale deve essere praticata solo da chi ha conseguito una laurea in Medicina e chirurgia.
L'omeopata per esercitare la professione deve quindi possedere il necessario titolo di studio universitario (laurea in Medicina e chirurgia), l'iscrizione all'Ordine dei medici e deve aver seguito corsi di formazione specifica in Medicina Omeopatica della durata di almeno tre anni, sotto la guida e la supervisione di docenti di comprovata esperienza clinica.
Attualmente l'attività di omeopata, vista la scarsa diffusione nelle strutture sanitarie pubbliche (fatta eccezione per alcune regioni all'avanguardia come la Toscana), viene normalmente esercitata in forma libero professionale. Lo specialista può lavorare in uno studio proprio oppure all'interno di strutture sanitarie private o centri per il benessere e la medicina alternativa.

PER SAPERNE DI PIÙ

Per avere maggiori informazioni sulla figura dell'omeopata è possibile rivolgersi alla FIAMO (federazione italiana delle associazioni e dei medici omeopati) al seguente sito: http://www.fiamo.it/