google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0 SALUTIAMOCI google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0

Autismo: l'importanza del Supporto nutrizionale

L’autismo viene considerato dalla medicina classica una malattia psichiatrica. Nonostante l’eziopatogenesi della malattia rimanga in gran parte oscura, la classificazione dell’autismo in malattia psichiatrica espone molti bambini affetti a terapie estremamente rischiose. Tale classificazione viene sostenuta esclusivamente dai sintomi tipici della malattia che comprendono distacco sociale, isolamento, ritardo nella parola e ridotte capacità di interazione sociale ma che non necessariamente devono indicare un disturbo di tipo psichiatrico.

Forse proprio per questo l’approccio convenzionale all’autismo, basato solo sull’uso di psicofarmaci, è largamente fallimentare e lascia gli affetti e le loro famiglie con più problemi che benefici.
L’errore fondamentale della medicina convenzionale è di continuare a cercare una singola causa di malattia anche per patologie chiaramente multi-fattoriali. Questo potrebbe essere proprio il caso dell’autismo che potrebbe non avere una causa singola ma essere invece un prodotto di molteplici fattori tra cui predisposizioni genetiche, infiammazione, ridotta funzionalità gastrointestinale, aumentato stress ossidativo, incapacità a neutralizzare tossine, reazioni autoimmuni e ridotta funzionalità mitocondriale. A tutto ciò vanno aggiunti i possibili gravi danni da vaccini e i conservanti e addittivi alimentari.
Seguendo questa linea di pensiero si potrebbe concludere che l’autismo non è una malattia ma una conseguenza di un carico tossico che l’organismo non riesce a smaltire e che esecita la sua azione nociva in particolare a livello del sistema nervoso centrale. Una strategia terapeutica quindi molto più razionale della semplice ma inefficace prescrizione di psicofarmaci è quella di:

1. Modificare l’alimentazione in modo da guarire l’intestino e ridurre l’esposizione a tossine esterne;

2. Fornire supporto nutrizionale in modo da aumentare le difese anti-ossidanti;

3. Fornire supporto nutrizionale in modo da aumentare la capacità di detossificazione;

4. Eliminare sostanze tossiche come il mercurio.

L’alimentazione

E’ provato da numerose ricerche che la maggior parte dei bambini affetto da autismo ha una funzionalità gastrointestinale compromessa. Il sistema gastrointestinale è fondamentale perchè neutralizza microbi, permette la digestione degli alimenti e l’assorbimento dei nutrienti. Ma esso funge anche da barriera selettiva, capace di filtrare sostanze tossiche impedendo il loro ingresso nella circolazione. Molte di queste funzioni sembrano essere compromesse nei bambini autistici.

Un primo passo fondamentale nel percorso di guarigione dell’intestino è quello di eliminare gli zuccheri semplici di cui purtroppo l’alimentazione dei bambini continua ad essere molto ricca e che contribuiscono pesantemente alla crescita di batteri nocivi nel tratto gastrointestinale. Allo stesso modo l’eliminazione di cibi raffinati e contenenti addittivi riduce la quantità di tossine introdotte nell’organismo. Questi alimenti dovrebbero essere sostituti da proteine ad alto valore biologico e cibi ricchi di fibra e anti-ossidanti come la frutta e la verdura. Anche alimenti frequentemente allergenici come pomodori, uova, soia e noccioline dovrebbero essere esclusi.
Altro alimento sfortunatamente ancora troppo spesso consigliato ai bambini soprattutto dai pediatri è il latte. Occorre ricordarsi che l’uomo è in grado di digerire ed assobire in modo ottimale solo il latte materno. Il latte vaccino è ricco di proteine non digeribili ed allergeniche, contiene lattosio a cui moltissime persone sono intolleranti e contiene una lunga serie di sostanze nocive derivate dall’alimentazione dell’animale che fornisce il latte. I bambini autistici inoltre traggono spesso giovamento dal seguire un dieta priva di glutine. Questi accorgimenti se ben seguiti possono permettere all’intestino di guarire.

Il supporto alimentare

Diversi supplementi nutrizionali utilizzati sotto controllo medico possono essere utili per i bambini affetti da autismo. Va sempre considerato che non si tratta di farmaci in grado di contenere direttamente i sintomi e le manifestazioni dell’autismo ma di sostanze biologiche che possono favorire un processo di auto-guarigione e detossificazione.

1. Enzimi digestivi: L’incompleta digestione proteica, in particolare di proteine come la caseina e il glutine induce la formazione di piccole molecole peptidiche che molti ricercatori ritengono essere una concausa dell’autismo. Queste molecole infatti sarebbero in grado di passare la barriera emato-encefalica e creare danni irritativi nel sistema nervoso centrale. Possono essere assunti enzimi digesitivi come tripsina, pepsina, chimotripsina e amilasi. Enzimi vegetali come la bromelina (derivata dall’ananas) hanno una potente azione anti-infiammatoria e contribuiscono a ridurre i sintomi gastrointestinali frequentemente riscontrati nei bambini autistici tra cui gonfiore, flatulenza, crampi addominali e diarrea.

2. Probiotici: L’equilibrio tra le varie popolazioni batteriche residenti nell’intestino è fondamentale per la salute dell’intero organismo. Nei bambini autistici in particolare ma anche nei tanti bambini a cui vengono prescritti con troppa leggerezza antibiotici, ci possono essere gravi squilibri della flora batterica intestinale. I batteri patologici che crescono incontrastati generano tossine pro-ossidanti ma possono essere contrastati efficacemente da probiotici e prebiotici ad alto dosaggio (100 miliardi di colonie batteriche attive).

3. Vitamine: i bambini affetti da autismo possono essere carenti di molte vitamine a cause della loro ridotta capacità di assorbimento a livello gastrointestinale e dei frequenti episodi di diarrea. Le vitimane del gruppo B sono spesso carenti e sono fondamentali in innumerevoli processi biochimici. La vitamina B6 in particolare è necessaria per la sintesi di diversi neurotrasmettitori e una sua integrazione è stata messa in relazione con miglioramenti dell’attenzione, del sonno e del linguaggio. La vitamina A è importante per i tessuti a rapida crescita come l’epitelio intestinale e i nervi e la vitamina C è un potente anti-ossidante ma serve anche per la sintesi di neurotrasmettitori.

4. Supporto per la detossificazione: i bambini autistici hanno spesso una capacità di smaltimento delle tossine ridotta e scarse concentrazioni di composti contenenti zolfo come glutatione, metionina, cistationina e cisteina. L’assunzione di glutatione, N-acetilcisteina, glicina e acido alfa-lipoico può servire a ottimizzare i processi di detossificazione.

5. Acidi grassi essenziali: gli acidi grassi eicosapentanoico e docosapentanoico sono componenti delle membrane cellulari e numerosi studi hanno messo in evidenza la loro carenza in bambini affetti da autismo. Inoltre questi acidi grassi omega 3 sono potenti anti-infiammatori in grado di ridurre la risposta infiammatoria eccessiva spesso presente nei bambini autistici.

Conclusione

Gli approcci farmacologici nella cura dell’autismo sono stati sostanzialmente fallimentari. L’autismo non è una malattia a singola eziologia facilmente aggredibile con un farmaco specifico bensì una complessa manifestazione multi-fattoriale che può essere più efficacemente contenuta con un approccio multi-modale che prenda in considerazione la nutrizione e la supplementazione naturale.


Articolo del Dr. Filippo Ongaro edito dalla Salus Infirmorum e disponibile sul sito www.edizionisalus.it. Il Dott. Filippo Ongaro è stato per anni medico degli astronauti presso l’Agenzia Spaziale Europea ed ha lavorato alla NASA e all’Agenzia Spaziale Russa. Oggi è Direttore Scientifico dell’Istituto di Medicina Rigenerativa e Anti-Aging di Treviso e collabora con enti di ricerca tra cui l’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa e l’Institute for Biomedical problems di Mosca.

Prevenzione e diagnosi del Melanoma cutaneo

Il melanoma cutaneo o melanoma maligno, è soltanto uno dei tumori che colpiscono la pelle, ma è decisamente il più aggressivo e pericoloso e con purtroppo alto tasso di mortalità .

Risulta dalle statistiche degli ultimi anni in costante aumento ed è per questo che è importante una prevenzione ed una diagnosi precoce.
Il melanoma prende origine da particolari cellule della pelle chiamati melanociti che si trovano nello strato cutaneo superficiale chiamato ‘epidermide.
Tuttavia non esistono soltanto melanomi cutanei: per esempio la forma di tumore oculare più diffusa è proprio il melanoma. Se non viene precocemente diagnosticato trattato, il melanoma cutaneo si rivela mortale in un’altissima percentuale di casi, a differenza di altri tumori cutanei, che hanno origine da tipi di cellule diversi come le basali o le squamose. È una patologia che colpisce prevalentemente i soggetti adulti, e le popolazioni di pelle chiara, ma occasionalmente può manifestarsi anche in bambini e adolescenti.

COME SI RICONOSCE UN MELANOMA ?
Il melanoma si presenta come una zona della cute di colore più scuro che, all’inizio nel tipo più comune chiamato melanoma a diffusione superficiale, può avere fino fino a 2-3 centimetri di diametro.
Il melanoma nodulare, invece, si sviluppa più in profondità che in superficie ed è di norma di colore blu scuro: qualsiasi cambiamento di colore o forma in un neo o in una verruca, secondo quanto stabilito già da tempo dall’American Cancer Society, vanno considerati come segno di una possibile lesione maligna, da sottoporre all’attenzione del dermatologo o del chirurgo ed eventualmente a biopsia (prelievo del tessuto) e a esame istologico,in grado di darci conferma della possibile malignità della lesione.
A volte, il tumore si manifesta anche come un nuovo neo che viene a formarsi in una zona di cute normale.
Il melanoma può presentarsi in qualsiasi regione anatomica della cute, anche se negli uomini compare più spesso sulla cute di torace, schiena, collo e testa, mentre nelle donne sono prevalenti i melanomi su braccia e gambe. A uno stadio più avanzato della malattia possono formarsi altri melanomi cutanei vicini alla lesione primitiva, denominati “satelliti”.
La lesione primitiva può dare luogo a metastasi sia regionali, cioè vicine, sia lontane. A questi due tipi di metastasi corrispondono due diverse vie di diffusione. La diffusione delle cellule tumorali lungo i vasi linfatici e ai linfonodi più vicini alla sede del tumore danno luogo alle metastasi regionali, mentre quelle in organi lontani sono dovute anche alla diffusione attraverso i vasi sanguigni e vengono denominate metastasi a distanza.

EPIDEMIOLOGIA DEL MELANOMA

Il melanoma una delle malattie tumorali in aumento quasi esponenziale.
Essenzialmente il melanoma è una malattia delle popolazioni bianche, e l’incidenza varia notevolmente, fino a 100 volte, da paese a paese. In assoluto il maggior numero di casi si registra in Australia, in particolare nel Queensland, una zona vicina all’equatore dove la popolazione è di origine nord-europea. Qui il numero di nuovi casi ogni anno è pari a 40 per 100.000 abitanti.
Tra i bianchi statunitensi di età compresa tra 35 e 44 anni è il tumore più diffuso, e anche nelle aree dove l’incidenza è più bassa (per esempio l’Europa o il Giappone) sono stati registrati aumenti rapidi e significativi.
Alcuni studi hanno dimostrato che esiste una differenza tra i sessi per quanto riguarda la mortalità per melanoma in alcune aree d’Europa, disparità che vedono sfavoriti gli uomini, tuttavia non si tratta di un dato biologico, in quanto è emerso che gli uomini sono meno informati sulla malattia e sui diversi mezzi di prevenzione e diagnosi precoce e tendono a presentarsi più tardi al medico.
In prima approssimazione, si può concludere che negli ultimi 30 anni la frequenza di questa malattia è raddoppiata ogni dieci anni. Tuttavia non si può ancora indicare una causa di questo fenomeno e, comunque, una buona parte di questo incremento è dovuta alla possibilità delle diagnosi precoci, e al fatto che si organizzano con più frequenza screening sulla popolazione.

Quali sono i fattori di rischio del melanoma?

Come per moltissimi altri tipi di tumore, anche per il melanoma sono state ipotizzate condizioni che favoriscono il sorgere della malattia, alcune di tipo ambientale (l’occupazione svolta, l’esposizione al sole) e altre di tipo individuale o ereditarie . Infatti in casi che vanno dal 5 al 10 per cento di melanoma si presenta in un contesto famigliare, cioè in persone che hanno parenti di I grado a loro volta colpiti dalla malattia.
Questo melanoma famigliare è stato studiato in diverse aree geografiche, e l’analisi dei casi ha portato a risultati differenti; il riesame di alcuni studi condotti alle diverse latitudini (quindi con condizioni ambientali differenti) ha mostrato che di norma le persone che hanno tra i loro consanguinei di primo grado almeno un caso di melanoma presentano un rischio 2,24 volte superiore Sono altresì state individuate anomalie genetiche che potrebbero essere alla base del melanoma famigliare, ma si tratta di una conoscenza che per ora ha ben poche ricadute per la cura o la diagnosi.
Le caratteristiche individuali che sembrano accompagnarsi più spesso al melanoma sono, oltre alla pelle chiara, i capelli rossi, la difficoltà ad abbronzarsi e la presenza sulla cute di nevi o lentiggini.
Recentemente gli studi si sono concentrati soprattutto sul rapporto tra la malattia e la presenza di nevi displasici, cioè nei anomali. Ultimo in ordine di tempo, uno studio statunitense ha definito come fattore di rischio centrale il numero di nevi displasici presenti sulla cute della persona.
Secondo alcuni studi in persone affette da melanoma non famigliare, comparate con un campione di persone sane, la presenza di un elevato numero di nevi normali può raddoppiare il rischio di melanoma. Molto più pesante, invece, è la presenza dei nevi displasici: ne basta uno per raddoppiare il rischio, mentre se sono 10 o più il rischio aumenta di 14 volte.
L’altro grande fattore di rischio, ambientale questa volta, è l’esposizione alla luce solare.
Attorno all’effetto delle radiazioni solari, e pèiù precisamente della loro componente ultravioletta (UVA e UVB), c’è stato molto clamore, ma anche qualche confusione. In primo luogo, esiste un nesso tra esposizione ai raggi solari e cancro della pelle, ma questo riguarda soprattutto tumori diversi dal melanoma. Per quest’ultimo oggi le principali istituzioni scientifiche, come il National Cancer Institute statunitense ritengono si possa affermare con certezza che sono le ustioni solari, soprattutto in età pediatrica, ad aumentare il rischio di sviluppare il tumore piuttosto che l’effetto di accumulo nel tempo dell’esposizione.
In effetti secondo alcuni studi recenti ,limitando l’esposizione ai raggi solari nel periodo dell’infanzia, si ridurrebbe il rischio di melanoma.

La diagnosi del melanoma

Indispensabile nella diagnosi del melanoma è l’esame obiettivo di tutte le lesioni pigmentate.
Esaminando la cute del paziente, il medico identifica una lesione cutanea sospetta.
Eventualmente ci si può affidare in caso di lesioni sospette al videodermatoscopio in epiluminescenza .
Se l’esito dell’esame è positivo, vale a dire se viene confermato il carattere maligno della lesione, si deve procedere alla biopsia della lesione per poter procedere all’esame istologico.
La diagnosi precoce del melanoma è fondamentale, come è stato confermato anche dall’ultima edizione del Codice Europeo contro il Cancro, in quanto tanto prima il melanoma viene curato, tanto maggiori sono le probabilità di sopravvivenza e guarigione. Per esempio, per le lesioni iniziali, fino a 1,5 mm di spessore massimo, la sopravvivenza a 5 dopo l’asportazione è del 92%, mentre per lesioni più progredite (di spessore superiore a 3,5 mm) il dato scende al 32 per cento.

DIAGNOSI PRECOCE DEL MELANOMA

Per ora non esistono servizi di screening di massa per la ricerca del melanoma cutaneo. L’auto-esame, cioè il controllo della cute alla ricerca di anomalie, è però abbastanza semplice ed efficace.
È sufficiente, quando si esamina la propria pelle, tenere presenti alcune regole banali ma efficacissime sintetizzate nel cosiddetto ABCD del melanoma.

Asimmetria

Le lesioni sospette non hanno una forma regolare, i contorni di una parte destra non seguono lo stesso andamento di quella opposta.

Bordi

Le lesioni sospette hanno bordi frastagliati, dentellati o comunque irregolari.

Colore
La colorazione non è uniforme, si notano zone più chiare o più scure: marroni, nere, brune o anche bianche.

Diametro

Deve insospettire qualsiasi cambiamento di dimensione. Anche se fino a non molto tempo fa non si riscontravano melanomi al disotto dei 6mm. Negli ultimi anni vi sono state diagnosi di melanoma anche sotto i 6mm.
Una particolare attenzione va posta a quelle zone della cute in cui le anomalie possono passare inosservate: per esempio il cuoio capelluto, o le unghie, dove è più difficile osservare e valutare cambiamenti di colore o forma delle macchie presenti sulla pelle.
Qualsiasi segno di anomalia deve consigliare il ricorso immediato al medico di famiglia o comunque allo specialista. Procedure come la biopsia o l’escissione della lesione non devono spaventare: asportare un neo normale per eccesso di prudenza può al massimo essere una perdita di tempo, ma non ha conseguenze di sorta al contrario operare tempestivamente un melanoma significa nella stragrande maggioranza dei casi guarire completamente dalla malattia.
Attualmente si distinguono quattro tipi principali di melanoma cutaneo:

I. Melanoma in situ o lentigo maligna

Appare sul volto o altre parti esposte al sole nei pazienti anziani. Non dà sintomi e il suo aspetto è quello di macchia larga da 2 a 6 cm, piatta, di colore bruno o marrone con chiazze più scure o più chiare del fondo. È confinata nell’epidermide, ma dopo un periodo variabile, circa un terzo dei melanomi in situ tende a invadere il derma.

II. Melanoma a diffusione superficiale

Rappresenta circa i due terzi di tutti i melanomi. Di norma non dà sintomi e inizialmente è molto più piccolo del melanoma in situ. Si presenta soprattutto sulle gambe, nelle donne, e sul tronco, negli uomini. La lesione normalmente si presenta di norma come una placca con bordi sollevati e induriti che, spesso, presenta punti rossi, bianchi e blu oppure piccoli noduli sporgenti di colore nero-bluastro.

III. Melanoma nodulare

Costituisce il 10-15 per cento di tutti i melanomi. Può presentarsi dovunque sul corpo e si manifesta sotto forma di papule scure o di placca il cui colore varia dal perla al grigio e al nero.
A meno che non sia ulcerato non dà sintomi, ma tende ad accrescersi rapidamente, più in profondità che in estensione.

IV. Melanoma acrale lentigginoso

È poco comune. Ha caratteristiche simili a quelle del melanoma in situ ma si presenta nella zona palmare, plantare e sublinguale. È la forma più comune di melanoma nelle popolazioni di pelle nera.

TRATTAMENTO CHIRURGICO DEL MELANOMA

L’intervento chirurgico lo strumento più efficace nel trattamento dei pazienti affetti da melanoma: L’atto operatorio va sempre condotto secondo linee guida in grado di garantire la radicalità oncologica in modo di ridurre la ripresa di malattia localizzata nel punto dell’asportazione.
L’asportazione chirurgica viene di solito eseguita in anestesia locale in regime ambulatoriale.
L’approccio chirurgicodeve sempre essere orientato verso un escissione completa della lesione cutanea tenendosi almeno 2mm all’esterno di questa e arrivando in profondità al piano sottocutaneo.
Il pezzo asportato viene quindi inviato in anatomia patologica per l’esame definitivo.
Qualora sia posta diagnosi di melanoma va rivalutata la possibilità dell’escissione allargata a livello della sede della lesione che va da 0,5 mm. Minimo per i melanomi in situ, fino ai 2 cm per i melanomi con spessore maggiore di 4 mm.
In alcuni casi di lesioni estese e soprattutto in particolari aree anatomiche è importate valutare la possibilità di praticare dei lembi di scorrimenti per ricostruire le aree demolite.
BIOPSIA DEL LINFONODO SENTINELLA

Secondo i nuovi protocolli clinici tutti i pazienti che presentano un melanome con spessore >1mm secondo Breslow.
Per individuare il linfonodo sentinella si fa precedere alla fase bioptica se vi e certezza che la lesione sia un melanoma o nell’are della lesione asportata e diagnosticata come melanoma una iniezione di soluzione marcata radioattiva. Il presupposto sul quale si basa la tecnica è quello che quella particolare area anatomica che interessa la lesione, drena la linfa sempre e costantemente verso una stazione linfonodale, e in particolar modo in un linfonodo che verrà raggiunto per primo e per questo denominato “sentinella”.
Con la linfoscintigrafia ed una sonda munita di gamma camera si individua tale linfonodo e si procede alla sua asportazione ed invio all’anatomo patologo per la lettura istologica.
Qualora il linfonodo sia colpito da metastasi bisogna procedere alla linfectomia locoregionale con lettura istologica di tutti i linfonodi asportati.
Su tali linfonodi verranno fatti anche degli studi immunoistochimici in grado di dare all’oncologo informazioni utili per impostare eventuale chemioterapia o radioterapia.

La stadiazione del melanoma

La stadiazione è la determinazione del livello di gravità raggiunto dalla malattia. La gravità della lesione primitiva in sé viene determinata in base a due scale, lo spessore di Breslow e il livello di invasione di Clarck, che spesso vengono indicati assieme.
Per esempio, un melanoma può essere definito come “livello III, 1,5 mm di spessore”.; In base a questi due elementi, la prognosi dopo un adeguato intervento chirurgico, in linea generale, può essere riassunta così:

• Pazienti con melanomi di livello I, II o III con spessore inferiore a 1 millimetro hanno un’eccellente sopravvivenza a 5 e 10 anni. La possibilità di diffusione del male ai linfonodi o ad altri organi è rara, così come la possibilità di ricadute.

• Pazienti con melanomi di livello III e IV con spessore da 1 a 3,99 mm hanno un rischio intermedio di metastasi, soprattutto ai linfonodi regionali.

• Pazienti con melanomi di livello V o di spessore superiore a 4 millimetri- pur ancora trattabili - hanno un rischio elevato di metastasi e ricadute.

In pratica, è lo spessore il fattore più importante non soltanto per stabilire come dovrà operare il chirurgo successivamente alla biopsia, ma anche per valutare la probabilità che si siano verificate metastasi regionali o distanti. Quanto più sottile è la lesione, dunque, tanto più precoce è stata la diagnosi e tanto maggiori sono le probabilità di guarigione anche con un intervento chirurgico il meno invasivo possibile.
Più complessa e comprensiva la stadiazione clinica, che si basa sulla definizione del tumore primitivo (pT), della diffusione ai linfonodi locali (N) e delle metastasi a distanza (M), e prevede una suddivisione in 5 stadi (da 0 a IV).

Per maggiori informazioni

Prof. Massimo Vergine

Docente in Chirurgia Generale e Ricostruttiva

Dipartimento di Scienze Chirurgiche

Policlinico Umberto I-Roma

Ambularorio di Chirurgia Plastica

tel.06/49973164

cell. 339.6166430

numero verde: 800984377

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Non si tratta di manuali, né di linee guida per i servizi sanitari, ma di fogli informativi orientati a segnalare accorgimenti per la sicurezza dei pazienti.

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