Tre interessanti registrazioni Mp3 della tele-conferenza tra Italo Cillo, direttore del sito miglioriamo.it con il Dott. Marco Rho, Autore e fondatore di ecosalute.it sulle possibilità di autogestire la propria Salute.
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- Se le malattie sono innescate da tossine e sostanze inquinanti, cosa puoi fare concretamente per proteggere la tua salute?
- La tossiemia e le cause di intossicazione.
- Il ruolo completamente trascurato dei parassiti nella genesi di tutte le malattie.
- Acidosi: una condizione diffusissima e considerata “normale”, che può stare minando la tua salute in questo preciso momento.
- Il percorso della disintossicazione.
- Come prevenire il contatto e l’ingestione di sostanze inquinanti.
- Alcuni alleati potentissimi e virtualmente sconosciuti: integratori, chelanti, alcalinizzanti.
- La stupefacente scoperta della Dott.ssa Clark.
IL SUPERTEST ANTI TUMORE ALLA PROSTATA: DIAGNOSI RAPIDA E ADDIO ALLE BIOPSIE
Interessante articolo sul Corriere della Sera che presenta la nuova tecnica scoperta al San Raffaele di Milano.
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BrainFactor Journal rivista scientifica peer-review dedicata alle neuroscienze e alla ricerca sul cervello
Nata in occasione della Settimana del Cervello, 'BrainFactor Journal', è una rivista scientifica peer-review dedicata alle neuroscienze e alla ricerca sul cervello. Prima nel suo genere in Italia, la rivista pubblicherà studi scientifici in lingua italiana e in Open Access, con un particolare: sarà gratuita non solo la consultazione integrale degli studi da parte dei lettori, ma anche la stessa pubblicazione da parte dei ricercatori. I ricercatori italiani operanti in Italia e all'estero avranno a loro disposizione una rivista scientifica su cui poter dare visibilità ai risultati delle loro ricerche sperimentali, in lingua italiana per scelta, proprio per rendere sempre più disponibili anche nel nostro Paese studi neuroscientifici di qualità, nello spirito della libera condivisione del patrimonio di conoscenza frutto dell'impegno dei ricercatori dispersi nel mondo.
Le fantastiche proprietà dell'Equiseto
L' equiseto é una pianta di piccole dimensioni ben radicata in tutta la zona del Mediterraneo, facilmente reperibile anche in Italia in zone umide, vicino a corsi di acqua e piccoli ruscelli, in ogni caso dove vi sia ristagno di acqua permanente. Capita spesso di trovare colonie di equiseti nelle zone con le caratteristiche appena descritte.
L'aspetto dell' equiseto é caratteristico: ha fusto eretto e segmentato di un colore o tendente al verde o al marrone/beige, dal quale partono lateralmente filamenti verdi a loro volta segmentati. In Italia viene chiamata anche coda cavallina proprio per la forma che ricorda la coda del cavallo. L' equiseto é perenne, fondamentalmente da sotto bosco e, anche se sembra una pianticella anonima, la sua comparsa sulla terra é antichissima e risale probabilmente al devoniano con un massimo sviluppo avvenuto durante il carbonifero, lasciando poi, con una progressiva regressione, il posto a piante più complesse e moderne: é negli strati terreni del carbonifero che si trovano la maggior quantità di fossili di antichi equiseto.
La specie senza dubbio più diffusa in Europa è l'E. arvense. Le dimensioni variano da specie a specie: generalmente, la maggior parte di queste piante produce fusti di dimensioni comprese tra i 20 cm e il metro e mezzo, ma l’E. telmateia può raggiungere i 2,5 m, mentre le specie tropicali E. giganteum e E. myriochaetum rispettivamente i 5 m e gli 8 m.
Il silicio contenuto nell'equiseto contribuisce con calcio, magnesio ed altre sostanze al "metabolismo dell'osso” e favorisce l'accrescimento osseo.
Le principali azioni riconosciute all'equiseto sono:
- remineralizzante
- detossicante:
- coagulante
- diuretica
Remineralizzante: durante processo di calcificazione delle ossa, tra le varie sostanze chiamate in gioco, é indispensabile la presenza del silicio di cui l' equiseto é naturalmente ricco. Si è notato che la demineralizzazione ossea è legata proporzionalmente alla caduta del tasso di silicio.
Il silicio si localizza nell'osteoblasto, una cellula in grado di stimolare la costruzione dell'osso, e in questo modo favorisce il deposito del calcio nei siti attivi di calcificazione.
Detossicante: grazie alla presenza di silicio, l’equiseto è utile per eliminare le scorie metaboliche.
Coagulante: grazie all'alto contenuto di calcio presente.
Diuretico: la sua azione é notevole ed è dovuta alla complessa composizione ricca di sali di potassio, ai glucosidi flavonoidici e alle saponine.
È inoltre una pianta usata in erboristeria dai tempi più antichi proprio per la sua ricchezza di sali minerali. Queste sue proprietà si sono dimostrate utili e preziose anche in campo cosmetico: in particolare l’equiseto viene utilizzato nella preparazione di prodotti cosmetici indicati per il trattamento delle smagliature, della cellulite, della pelle a buccia d’arancia e per rassodare i punti critici.
L’applicazione di prodotti cosmetici contenenti questo principio infatti riduce le smagliature e ne impedisce la formazione di nuove, elimina gli accumuli di adipe, combatte l’antiestetica buccia d’arancia e il rilassamento cutaneo, donando alla cute elasticità e morbidezza, rendendola liscia e vellutata.
Pubblicato da: Imma Manna
di Giaden Cosmetici srl
Onicofagia e unghie finte, una buona soluzione
Alcune donne usano le unghie finte per semplice abitudine, altre anche solo perchè sono belle, richiedono poca manutenzione e sopportano facilmente l'usura delle azioni quotidiane.
Se applicate e rimosse correttamente, le unghie finte intaccheranno solo poco o nulla le unghie naturali e alla lunga le renderanno anche più forti e sane. Deborah Lippmann, esperta di unghie, dice: Applicarsi unghie finte è un pò come tingersi i capelli - una volta che hai cominciato puoi andare avanti per sempre. Quando ci si ferma le unghie ritornano le stesse di prima, così come i capelli finiscono col riprendere il loro colore naturale.
Le unghie finte non sono come una normale manicure che può essere fatta anche occasionalmente. Al contrario, come spiega la Lippmann, "c'è bisogno di ritoccare le unghie finte ogni due o tre settimane per evitare che si rovinino o si stacchino". Questo si verifica quando lo strato di colla si indebolisce e l'unghia finta si solleva dall'unghia naturale. C'è anche un altro motivo per cui diventa opportuno fare spesso la manicure: se dell'acqua dovesse restare intrappolata sotto le unghie finte, le unghie vere potrebbero sviluppare un'infezione fungina e diventare verdi.
Ci sarà anche bisogno di appuntamenti regolari di manicure per gestire e riaggiustare le unghie finte mentre quelle vere crescono sotto. Quando poi si vogliono rimuovere le unghie finte, il metodo più sicuro e semplice è recarsi in un salone, lasciare le unghie a bagno per un pò e poi rimuoverle delicatamente con una manicure.
Sebbene ci sia una vasta scelta per quanto concerne le unghie finte, non ce n'è un tipo "migliore". Consulta il tuo manicurista per trovare il tipo di unghia che più si adatta alle tue esigenze, oppure cerca un esperto che possa applicarti le unghie che preferisci.
Ecco i tipi di unghie più comunemente usati:
Unghie scolpite:
In questo processo, l'acrilico, il gel o la fibra di vetro vengono applicati sulle unghie naturali e il materiale è allungato o scolpito su piccoli pezzi di metallo o su di un foglio. In alternativa, un'unghia in materiale plastico può essere applicata con la colla, quindi gel, fibra di vetro, di seta, possono essere definiti sull'intera unghia. Via via che l'unghia naturale cresce sotto quella finta, questa viene aggiustata e rifinita fin quando non ci si trova semplicemente a sovrapporre l'unghia artificiale sopra quella vera.
Link: INDEPENDENT NAILS
Pubblicato da: Alessandro Mazzù
di QADRA.net
La Depressione e il dolore di vivere
La depressione è una malattia che condiziona fortemente la vita delle persone che ne soffrono, le loro relazioni interpersonali, il loro rendimento sul lavoro o sullo studio e il piacere di curare la propria persona o di godere appieno del tempo libero.
Il disturbo depressivo può colpire chiunque a qualunque età, ma è più frequente tra i 25 e i 44 anni di età ed più comune nelle donne adolescenti e adulte.
Può iniziare dopo un particolare periodo di stress, come ad esempio la morte di una persona cara, la perdita del lavoro.
Chi soffre di depressione si sente sempre giù, con umore e pensieri sempre negativi. Sembra che presentino un vero e proprio dolore di vivere, che li porta non riuscire a godersi più nulla.
Oltre a questi sintomi primari, le persone che soffrono di questo disturbo ne presentano altri, come:
- mancanza di energie, affaticamento, stanchezza;
- aumento o diminuzione significative dell'appetito e quindi del peso corporeo;
- disturbi del sonno (dorme di più o di meno o si sveglia spesso durante la notte);
- rallentamento o agitazione;
- difficoltà a concentrarsi;
- sensazione di essere inutile, negativo o continuamente colpevole;
- pensieri di morte o di suicidio.
Chi soffre di depressione può soffrirne in modo acuto, presentando delle fasi di depressione violente ed improvvise, che magari tendono a scomparire da sole o con una terapia, oppure soffrirne costantemente, anche se in forma leggera, con alcuni improvvisi momenti di peggioramento.
Spesso le persone che stanno vicino a chi ne soffre, lo invitano a reagire, a sforzarsi.
Questo comportamento induce la persona depressa ancora di più a colpevolizzarsi.
L’atteggiamento migliore da tenere è quello di aiutare gradatamente chi ne soffre a riprendere le proprie attività, assumere un'adeguata terapia farmacologica ed intraprendere una psicoterapia cognitivo comportamentale: solo la combinazione di tutto ciò può portare il depresso sulla via della guarigione e ridurre il rischio, abbastanza elevato, di ricadute.
Pubblicato da: Imma Manna
di Giaden Cosmetici srl
L'attività medica condizionata dalla paura dei tribunali
Camici bianchi troppo zelanti nelle prescrizioni di farmaci, visite specialistiche e, addirittura, ricoveri (la cosiddetta medicina difensiva positiva); oppure pronti a lavarsene le mani, evitando pazienti e procedure difficili (medicina difensiva negativa).
Sono i due 'sintomi' di una vera e propria 'patologia' che colpisce i medici e che scaturisce dalla paura delle sempre più numerose cause legali, circa 30mila all'anno, intentate contro di loro dai pazienti per 'malpractice'.
LA PAURA SOTTO IL CAMICE. Ad ammetterlo sono gli stessi camici bianchi: l'87.6 per cento di quelli romani confessa, infatti, di sentirsi, oggi, più esposto a denunce da parte dei propri assistiti. E' quanto emerge dallo studio, realizzato dall’Ordine provinciale di Roma dei medici chirurghi e degli odontoiatri, "La medicina difensiva in Italia in un quadro comparato: problemi, evidenze e conseguenze", condotto dal professore Aldo Piperno, ordinario di Scienze dell'Organizzazione dell'Università Federico II di Napoli, su un campione di 800 medici. Incide e non poco anche la percezione dell’errore medico da parte della popolazione. Un'indagine europea del 2006 rivela proprio come l'Italia sia al primo posto della graduatoria: per il 97 per cento degli italiani quella degli errori medici è una questione importante. Non solo: anche la percentuale dei preoccupati (64 per cento) è superiore alla media (del 40 per cento) degli altri paesi.
LE DIAGNOSI. Ed ecco che sono sempre meno i medici capitolini che dichiarano di non fare diagnosi di tipo difensivo e di non farsi vincere dalla paura delle denunce. Per l'esattezza, il 39.3 non eccede nelle prescrizioni di ricette farmaceutiche, il 14.3 di visite specialistiche, il 27.1 di analisi in laboratorio e il 42 di ricoveri. Così, il 59.7 per cento prescrive più ricette farmaceutiche, l'89.3 più accertamenti diagnostici, il 72.9 più analisi di laboratorio e il 58.1 più ricoveri.
DA 12 A 20 MILIARDI DI SPESA. La pratica della medicina difensiva comporta ripercussioni economiche sull'intero Sistema sanitario nazionale con una spesa tra i 12 e i 20 miliardi di euro all'anno: "I costi stimati - spiega Piperno - oscillano dai 12.3 (ipotesi minima) ai 19.5 (ipotesi massima) miliardi di euro". Un dato su tutti quello fornito dall'Associazione nazionale imprese assicurative (Ania): le denunce dei pazienti sono passate da circa 17 mila, nel '96, a 28 mila, nel 2006.
Ma basta solo guardare le percentuali di farmaci prescritti dai medici 'sulla difensiva': dallo studio del Lazio emerge come, tra le prescrizioni farmaceutiche, in testa ci siano quelle per l'apparato cardio-circolatorio (il 33.8 per cento), seguite dai farmaci per l'apparato digerente (28.3) e da quelli per l'apparato respiratorio (27.9). Non c'è dubbio che "le condizioni in cui operano oggi i medici non sono di serenità - sottolinea Mario Falconi, presidente dell'Ordine provinciale di Roma dei medici chirurghi e odontoiatri - e questa ricerca evidenzia proprio quanto oggi i camici bianchi vivano con disagio e paura la professione. C’è solo una terapia d’urto per affrontare il problema: puntare su meritocrazia e formazione". "Ma sarebbe importante, ed è quello a cui noi puntiamo, - conclude - poter disporre di un'Authority sulla tutela della salute, un organismo terzo, snello e di rapida decisione in grado di valutare chi si muove nel settore, inclusi i pazienti, e a cui potersi rivolgere".
SONNI AGITATI. Lo spettro del tribunale, insomma, non fa dormire sonni tranquilli ai camici bianchi. E il comportamento diagnostico difensivo che ne deriva, nel 54.2 per cento dei casi è influenzato proprio dalle iniziative della magistratura. Anche se il 74 per cento dei medici romani ammette di essere condizionato dal nuovo clima dell’opinione pubblica e dei media nei confronti della categoria. Ma la pratica della medicina difensiva deriva pure dall'influenza dell’esperienza di colleghi (lo ammette il 56.2 del campione) o dalla paura di valutazioni negative sul luogo di lavoro (la pensa così il 36.6 per cento dei medici). D'altronde solo il 6.7 per cento dei professionisti della Capitale esclude la possibilità di incorrere in un esposto o denuncia da parte dei pazienti, mentre per il 68.9 c'è una probabilità di rischio fino al 30 per cento, per il 15.1 tra il 31 e il 50 per cento e per il 9.3 addirittura oltre il 50 per cento.
Pubblicato da: Pier Giuseppe Nanni
di Nanni Editore
Anestesia epidurale per il Parto indolore
Il desiderio della donna di poter vivere il travaglio del parto come un evento sereno e non traumatico ha contribuito alla diffusione ed all’applicazione delle tecniche di analgesia di parto.
Durante i nove mesi della gestazione, la futura mamma si pone la domanda se sia giusto ricorrere all’analgesia epidurale oppure se si debba partorire naturalmente senza aiuti. E molto spesso non ha a disposizione tutte le informazioni necessarie per fare una scelta serena non sapendo, sovente, neppure in cosa consiste di preciso questo tipo di anestesia.
Per anestesia epidurale ci si riferisce a un’iniezione di farmaci anestetici, effettuata da un'anestesista, nella parte bassa della schiena, tra l'osso vertebrale e la membrana che ricopre il midollo spinale, la cosidetta "dura madre".
Posto che il dolore del parto supera, come intensità, perfino quello dovuto a frattura e a tumore, esistono comunque dei fattori che condizionano la percezione del dolore:
- peso ed età della partoriente
- dimensioni e presentazione del bambino;
- durata, intensità e frequenza delle contrazioni;
- primo parto.
E L’epidurale eliminerà solamente la componente dolorosa della “contrazione” ma non la contrazione stessa. La forza espulsiva, rimanendo inalterata, permette un parto del tutto naturale ma sereno; il benessere della madre si trasmette al figlio, riducendo significativamente le complicazioni legate al parto.
A questo punto ci si potrebbe chiedere perchè non tutte le donne optano per l'analgesia epidurale.
A parte le donne che desiderano vivere intensamente il parto e preferiscono non avere alcun aiuto, ci sono altri fattori che incidono sulla scelta o meno dell'epidurale.
Innanzitutto bisogna tener presente che non tutti gli ospedali offrono questo tipo di aiuto alla futura mamma; l’anestesista non è poi a disposizione 24 su 24; in alcune strutture il ricorso all’epidurale è a pagamento e va concordato in anticipo.
Inoltre va tenuto presente che come tutti gli interventi medici, anche questa forma di analgesia può avere controindicazioni. Non viene quindi praticata a donne affette da disturbi della coagulazione del sangue e che hanno assunto farmaci anticoagulanti, da chi ha infezioni localizzate nella regione della schiena o patologie della colonna vertebrale o ancora da rare patologie muscolari.
Normalmente non ci sono effetti collaterali:gli inconvenienti sono trascurabili ma una minima percentuale di donne può andare incontro a forte mal di testa per due o tre giorni dopo il parto.
In casi rari è possibile l’accidentale iniezione di farmaci non nello spazio epidurale, come previsto, bensì nel canale spinale. Ciò porta problemi alla respirazione spontanea.
Se eseguita correttamente però ha molti vantaggi: innanzitutto il sollievo del dolore è efficace fin dalle prime fasi del travaglio, riduce il consumo di ossigeno materno, protegge gli scambi placentari tra madre e figlio.
Da segnalare, in conclusione, che una maggiore attenzione al dolore del travaglio favorisce in modo determinante l’evolversi della medicina perinatale.
Pubblicato da: Imma Manna
di Giaden Cosmetici srl
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