google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0 SALUTIAMOCI google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0

Mappa delle strutture e delle associazioni dedicate ai Disturbi del Comportamento Alimentare in Italia

Pubblicata sul sito istituzionale http://www.disturbialimentarionline.gov.it/ la prima Mappa dei Servizi, sia pubblici che privati accreditati, per il trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), frutto di una ricognizione dell’esistente in termini di rete assistenziale al fine di offrire, a chiunque ne abbia bisogno, i riferimenti dell’offerta articolata a livello regionale.
La mappa, presentata il 9 giugno 2010 a Palazzo Chigi, in occasione della Conferenza Stampa congiunta tra il Ministero della Salute eil Dipartimento della Gioventù dal titolo "Disturbi dell’alimentazione: per un'azione di sistema", vuole essere uno strumento di informazione dinamica, suscettibile di costante aggiornamento, per dare conto della evoluzione nel numero e nelle caratteristiche della offerta di servizi, consentendo anche di fornire alle istituzioni indicazioni sulle necessità di potenziamento dell’offerta terapeutica.
Tale iniziativa si inserisce nell’ambito del Progetto "Le buone pratiche di cura nei Disturbi del Comportamento Alimentare", afferente al Programma "Guadagnare Salute", realizzato di concerto tra Ministero e Dipartimento e affidato alla Regione Umbria.
Il sito è consultabile dagli operatori e dagli utenti, che potranno così accedere ad un database ricco di informazioni dettagliate (denominazione, indirizzo, dati della struttura/servizio DCA, responsabile della struttura/servizio DCA, livello di trattamento erogato, orari di apertura/funzionamento, modalità e costo della prima visita, personale dedicato) ed effettuare ricerche mirate sulla base di diversi criteri (livello di trattamento, tipologia di struttura/servizio, ASL di appartenenza, posizione geografica, denominazione).
Sono, inoltre, disponibili le sezioni “Notizie” per trovare informazioni su eventi, corsi o novità dai Centri DCA e dalle Associazioni, e "Documenti" per scaricare risorse e pubblicazioni di interesse.


Relazione 2010 sull’applicazione della legge 194, che regola l’interruzione volontaria di gravidanza

Presentata al Parlamento dal Ministro della Salute Ferruccio Fazio, la relazione sull’applicazione della legge 194, che regola l’aborto, contenente i dati definitivi del 2008 e provvisori del 2009.
Dalla introduzione della Legge 194 si conferma il calo dell’IVG nel nostro Paese.

Nel 2009 sono state effettuate 116.933 IVG (dato provvisorio), con un decremento del 3.6% rispetto al dato definitivo del 2008 (121.301 casi) e un decremento del 50.2% rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all’IVG (234.801 casi).

In sintesi:

si conferma la tendenza storica alla diminuzione dell’IVG in Italia, che diventa ancor più evidente se si scorporano i dati relativi alle donne italiane rispetto a quelli delle straniere; va sottolineato come il tasso di abortività in Italia sia fra i più bassi tra i paesi occidentali; particolarmente basso è quello relativo alle minorenni, ed agli aborti ripetuti; si configura in questo ambito una specifica situazione italiana: il panorama dei comportamenti relativi alla procreazione responsabile e all’IVG in Italia presenta sostanziali differenze da quelli di altri paesi occidentali e in particolare europei, nei quali l’aborto è stato legalizzato. Siamo in un paese a bassa natalità ma anche basso ricorso all’IVG – dunque l’aborto non è utilizzato come metodo contraccettivo – e insieme un paese con limitata diffusione della contraccezione chimica. Altri paesi (come Francia, Gran Bretagna e Svezia, ad es.) hanno tassi di abortività più elevati a fronte di una contraccezione chimica più diffusa, e di un’attenzione accentuata verso l’educazione alla procreazione responsabile.

In generale, il tasso di abortività sembra collegarsi non soltanto ai classici fattori di prevenzione (educazione sessuale scolastica, educazione alla procreazione responsabile, diffusione dei metodi anticoncezionali, facilità di accesso alla contraccezione di emergenza), ma anche a fattori culturali più ampi: circa la metà degli aborti è richiesta da donne con un’occupazione lavorativa, sia fra le italiane che fra le straniere, così come le IVG sono richieste in percentuali poco differenti fra donne coniugate e nubili, sia fra italiane che fra straniere. Fra le italiane, inoltre, quasi la metà delle IVG è richiesto da donne senza altri figli, mentre fra le straniere un aborto su tre è di una donna senza figli. Un’analisi socio-demografica più approfondita potrebbe chiarire meglio i fattori socio-culturali, più che economici, che sembrano essere alla base di una gran parte delle scelte di IVG nel nostro Paese; rimane elevato, ed è comunque in aumento, il ricorso all’IVG da parte delle donne straniere, che seguono comportamenti differenti per nazionalità e cultura di provenienza, anche a causa dei diversi approcci ed accessi alla procreazione responsabile e all’IVG nei Paesi di origine.


Ectima contagioso ORF, una malattia trasmessa dalla pecora all'uomo

Etimologia: Il termine èctima deriva dal greco (èkthyma = pùstola). Il termine ORF deriva invece dal tedesco (schòrf = cròsta).
Sinonimi: stomatite pustolosa contagiosa degli ovini e caprini, sheep and goats scabby mouth (bocca crostosa degli ovini e caprini), vaiolo da stalla (barnyard pox).

Cenni storici: le prime notizie su questa malattia risalgono al 1520, ma solo nel novembre 1937 il Dermatologo scozzese Dr. Grant Peterkin, riuscì a dimostrare che il contagio nell'uomo, potesse avvenire da una pecora infetta. La denominazione di "ectima contagioso" (contagious ecthyma) risale invece agli anni '60 ad opera del Dermatologo inglese Dr. Robert Douglas Sweet. Finora tale patologia è stata descritta unicamente nella razza bianca.

Come si presenta: si tratta di una malattia esantematica autolimitante che si trasmette dagli animali infetti (generalmente agnelli e capre) all’uomo (es: contadini, pastori, veterinari). Una volta contratta, essa conferisce immunità permanente. Essa è causata da un'infezione da parapoxvirus ovis (PPOV) e colpisce prevalentemente gli ovini giovani. Dopo circa 10 giorni di incubazione, il parapoxvirus ovis causa negli animali infetti una stomatite (bocca crostosa o scabby mouth) e nell'uomo delle macule rossastre sulla cute, che si trasformano rapidamente in pustole (rilievi cutanei contenente pus). Man mano che passano i giorni, la pustola diventa man mano un nodulo essudante (vedere foto) ricoperto da una crosta che cade dopo qualche giorno senza lasciare cicatrici. Nell'uomo il numero di noduli varia da 1 a 10, mentre forme più diffuse si possono riscontrare negli immunodepressi. Le lesioni cliniche sono abbastanza caratteristiche (foto) ma la diagnosi di certezza è di tipo istologico (degenerazione ballonizzante dei cheratinociti, nel cui citoplasma si riscontrano inclusioni eosinofili simili ai corpi del Guarnieri). Alla microscopia elettronica è possibile osservare il virus nel citoplasma dei cheratinociti. Gli esami del sangue sono generalmente normali. In alcuni casi può insorgere un'eritema polimorfo a distanza di circa 2 settimane dall'insorgenza della malattia. Febbre ed orticaria sono state descritte in pochissimi casi. Attualmente non esiste una terapia specifica e nella maggior parte dei casi, la guarigione avviene spontaneamente. Le terapie dermatologiche locali (es: acido fusidico, mupirocina, clorexidina, perossido di idrogeno, fucsina fenica, eosina, etc) per via orale servono per lo più a prevenire e trattare eventuali sovrinfezioni da Staphylococcus aureus o da Streptococco beta emolitico. Nell'animale si può praticare invece la vaccinazione. Sebbene questa patologia sia abbastanza diffusa negli agnelli, solo raramente attacca l'uomo.

I giovani animali (agnelli) sono più esposti alla malattia perché hanno le difese immunitarie meno efficienti rispetto agli adulti e cominciano a sviluppare noduli infiammatori vicino alla bocca. Spesso negli agnelli, vi si può associare la comparsa di papule marroni, intorno alla bocca, alla mammella e alla vulva. Nel periodo primaverile il personale agricolo che si occupa della stalla è più esposto alla malattia, mentre in autunno (periodo della tosatura) è proprio il pastore ad essere più a rischio di contagio. Anche il veterinario che viene a contatto con l'ovino infetto è a rischio di ectima contagioso ORF.
In molti casi, alcuni giorni dopo la comparsa dei noduli, può insorgere una sintomatologia intensamente dolorosa agli arti, dovuta alla linfangite (infiammazione transitoria e reversibile dei vasi linfatici). Più raramente si può osservare un rigonfiamento temporaneo dei linfonodi (linfoadenopatia regionale). La patologia si trasmette normalmente da animale infetto ad animale sano e solo raramente da animale infetto ad uomo. Normalmente non si trasmette da uomo ad uomo, sebbene in letteratura il Prof. James Buchan abbia segnalato nel 1995, gli unici 3 casi al mondo di sospetto contagio interumano. (James Buchan - Orf: An overview. Dermatol Pract November/December:9, 1995). La guarigione, sia per l'uomo che per l'animale, avviene mediamente in 4-6 settimane.
Il contatto con le pecore o i prodotti delle pecore è la causa più frequente di infezione agli esseri umani. Il parapoxvirus penetra infatti nella cute umana attraverso i tagli o le abrasioni. Attualmente, si sta sperimentando per gli animali un vaccino avente come subunità il gene F1L del parapoxvirus. E' importate praticare la vaccinazione ORF degli ovini, così come è importante evitare ai cani di mangiare le frattaglie degli ovini che muoiono nei cespugli.
L'ectima contagiosa ORF, come tutte le zoonosi, va segnalata al Servizio Veterinario della propria ASL. I veterinari dell’azienda sanitaria oltre a fornire informazioni sulla malattia eseguiranno delle indagini per stabilirne l’origine e la diffusione e metteranno in atto le misure sanitarie necessarie di prevenzione. Sia l'uomo che gli animali affetti da ORF, una volta guariti, difficilmente si reinfettano. Negli ambienti agricoli, il virus può rimanere attivo per anni, rappresentando un problema per i piccoli agnelli, in grado di infettare il gregge (raramente capre, conigli, camosci, renne, cammelli, scoiattoli) e solo in pochissimi casi interessa l'uomo come malattia professionale.

Il virus: il parapoxvirus ovis (detto anche ORF virus) è molto resistente e sopravvive per mesi sui recinti, sulle mangiatoie e nelle stalle (infatti la ORF era denominata un tempo “vaiolo da stalla”. Chiaramente la patologia è completamente benigna sia per l'uomo che per l'animale, e non ha niente in comune con il vaiolo. Date le sue grosse dimensioni (250 x 160 nm) il parapoxvirus ovis è tra i virus più voluminosi. Il parapoxvirus ovis ha un DNA a doppia elica (di circa 140 Kbp), è lievemente più piccolo degli ortopoxvirus e rispetto a questi contiene nel proprio DNA una percentuale molto alta di coppie di basi G-C (circail 64%). Si distingue dagli altri parapoxvirus perchè ha una forma ovoidale. Questo virus resiste al calore (es: a 58°C per 30 minuti), ai solventi, ai comuni disinfettanti e al cloroformio. Il parapovxirus ovis ha una predilezione per l'epidermide, causando un'iperplasia cellulare autolimitante. Il virione è ovoidale e circondato in modo regolare da tubuli di superficie. Nella foto in alto possiamo osservare un parapoxvirus ovis al microscopio elettronico a circa 600.000 ingrandimenti, colorato con acido fosfotungstico, in grado di evidenziare la struttura tubulare. I parapoxvirus ovis sono i più grandi virus animali e ciò permette l'osservazione in microscopia ottica a contrasto di fase o in preparati colorati. Le particelle virali (corpi elementari) hanno una struttura centrale, detta nucleoide, circondata da due strati membranosi. La superficie è ricoperta da creste che possono essere tubuli o filamenti. Il parapoxvirus ovis, esprime un antigene di membrana denominato VEGF-like, in quanto simile al fattore di crescita endoteliale. I cheratinociti esprimono sulla membrana un recettore VEGF receptor 2, in grado di legare l'antigene virale. A questo punto, il virus entra nel citoplasma del cheratinocita per fagocitosi, e vi libera il DNA, senza tuttavia provocare la lisi cellulare. Il virus produce una proteina che inibisce la produzione di interleuchina 2.

a cura del Dott. Del Sorbo Medico Chirurgo - Specialista in Dermatologia e Malattie Veneree
Sito web: http://www.ildermatologorisponde.it/

La Salute dal punto di vista delle cellule

La salute del sistema immunitario e il benessere fisico partono da quella che ci piace chiamare la Teoria delle Cellule Sane, o "the Healthy Cell Concept".
Elaborata da Al Carter, la Teoria delle Cellule Sane è nota ormai in tutto il mondo da 14 anni, durante i quali è stata studiata, seguita, raccomandata da medici ed esperti della salute, nonché da clienti di ogni tipo e misura.
In realtà è molto semplice. Chiedete a citologi, fisiologi e biologi di scoprire con esattezza cosa utilizzano, necessitano e vogliono le cellule, quali sono i veri problemi che affliggono le cellule, come "pensa" e come si comporta una cellula. Poi prendete nota. Una volta che avrete capito le basi della "Citologia" (un argomento che ci affascina tutti) sarete motivati a modificare quattro (4) ambiti della vostra vita su cui avete il controllo. Sì, siete VOI che contribuite al buon funzionamento (...o meno) delle vostre cellule. Le cellule, svolgendo la loro funzione come dovuto, fanno sì che il corpo guarisca più in fretta, ritardano l'invecchiamento ("l'invecchiamento è un mito" dice Al), determinano la salute generale del corpo, prevengono malattie e dolori... per non parlare della sensazione di energia di giorno e la capacità di conciliare un sonno profondo di notte. Il vostro corpo è composto da 3 trilioni (milione più milione meno) di queste piccole canaglie, impegnate a svolgere il loro lavoro 24 ore al giorno per 365 giorni l'anno; anche mentre dormite! ..E voi cosa avete fatto per loro ultimamente? Occupandoci della salute e del benessere cellulare, dal punto di vista di una cellula, possiamo imparare una quantità di cose sorprendenti e preziose sul nostro corpo.

Concetto numero uno: Perché le vostre cellule siano sane, ci sono quattro fattori concomitanti che potete controllare con le vostre decisioni e abitudini:
Se trascurate anche uno solo di questi quadranti, le conseguenze potrebbero essere malattie, disturbi, dolori… insomma, avete capito. Non c'è bisogno di sottolineare che conoscere questi quattro ambiti equivale a potere:

Cell Food = Cibo per le Cellule

Le nostre cellule, per poter funzionare, riprodursi, crescere e ripararsi, hanno bisogno dei meravigliosi ingredienti contenuti nei vegetali organici che ci fornisce Madre Natura. Ma quale cibo mangiamo? Che aria respiriamo, che acqua beviamo?

Cell Environment = Ambiente Cellulare

Le nostre cellule sono circondate da fluido (il cosiddetto fluido interstiziale). Dato che per la maggior parte è composto di acqua, è giusto dire che la purezza dell'acqua che assumiamo e una corretta quantità di minerali in tracce disciolti nell'acqua sono fondamentali all'ambiente cellulare. Anche la quantità di acqua che beviamo è importante. Secondo il dott. A.C. Guyton: "Una diminuzione dal 4 al 5% di acqua nel corpo può provocare una riduzione di capacità di prestazione fisica generale fino ad un massimo del 20%" .
Con l'avanzare dell'età sentiamo meno lo stimolo della sete; la minore assunzione di acqua provoca una riduzione della quantità di sangue in circolazione, causando vertigini, emicranie, problemi alla vista o addirittura scarsa chiarezza mentale.
E' possibile migliorare l'ambiente cellulare bevendo abbondante acqua pura e integrando la propria dieta con un Cibo per le Cellule perfettamente mineralizzato.

Cell Communication = Comunicazione Cellulare

Le nostre cellule comunicano e agiscono all'unisono anche in conseguenza della trasmissione che intercorre tra loro e il cervello. Se la trasmissione non è chiara, le cellule e gli organi non funzionano in maniera ottimale. Un altro tipo di comunicazione tra le cellule è l'affascinante orchestrazione di scambio di elementi intorno alle membrane cellulari. Possiamo fare alcuni esempi: le sedi dei ricettori, i neurotrasmettitori, la 'pompa sodio-potassio', tutto il sistema endocrino (che stimola o inibisce la produzione ormonale) lo scambio di cibo, ossigeno, eliminazione delle scorie e dei prodotti di scarto da combustione delle calorie (scomposizione del cibo per la produzione di ATP, e quindi i sottoprodotti della scomposizione dell'energia chimica immagazzinata all'interno delle molecule di ATP per realizzare l'attività cellulare). E' possibile migliorare e agevolare la comunicazione cellulare grazie alla nutrizione. Possiamo fare molto per la salute delle cellule. Oltre al nutrimento e all'attività fisica, la scienza sta scoprendo l'influenza positiva che la meditazione, la preghiera, l'amore, il rilassamento, la pace, i massaggi, etc. hanno sulla comunicazione con le nostre cellule e sul coordinamento in tutto il corpo tra organi e tessuti. Alcuni lo chiamano il rapporto mente-corpo, un aspetto della psicosomatica. Per altri si tratta di spiritualità. Comunque le vogliate definire, si tratta di pratiche sperimentate nel tempo, abitudini e decisioni che possono influenzare fino alla più piccola delle vostre cellule. E sono tutte consigliabili. Fa piacere vedere confermato ciò che intuitivamente abbiamo sempre saputo!

"La pompa linfatica funziona a pieno regime durante l'attività fisica, spesso aumentando il flusso linfatico da 10 a 20 volte". Dott. C. Guyton

Cell Exercise = Esercizio Cellulare

No, le cellule non hanno muscoli! Però i muscoli sono fatti di cellule specializzate. I benefici che si ottengono con una regolare attività fisica dipendono dal miglioramento sia delle cellule sia dell'ambiente che le circonda. (Ovvero: un aumento del numero di mitocondri in conseguenza di una maggiore esigenza cardiovascolare). Non migliorano solo le cellule muscolari, ma praticamente tutti i tipi di cellule presenti nel corpo. Ad esempio, anche i meravigliosi meccanismi che sovrintendono all'equilibrio e la coordinazione dei movimenti del corpo (cervelletto, sistema nervoso centrale, propriocettori delle articolazioni, orecchio interno) sono costituiti da gruppi interconnessi di cellule specializzate.. Proprio come quelle che costituiscono i muscoli, queste cellule rispondono alle esigenze provocate dall'allenamento. Quando Rimbalziamo o pratichiamo i rimbalzi aerobici (ReboundAIReducation), a differenza di quando camminiamo, mettiamo le cellule di fronte a una condizione sconosciuta che provoca le cellule in maniera più efficace, facendo sì che le cellule stesse siano obbligate a migliorare la loro funzionalità. Questo comporta la creazione di una memoria specializzata e una serie di adattamenti ai nuovi movimenti per prepararsi a quando lo stesso tipo di attività fisica verrà ripetuto. E' a questo processo che ci riferiamo quando descriviamo il fenomeno di un miglioramento di coordinamento, ritmo, agilità e consapevolezza cinestetica. O, detto in parole semplici, "Adesso mi sento più a mio agio."

E' divertente chiedere: "Sapevi che rimbalzare su e giù può migliorare il flusso di liquido interstiziale tra le cellule?" La risposta a questa domanda vi aiuterà a capire come fare ad aiutare i vostri globuli bianchi a vincere le loro battaglie. Il movimento del fluido interstiziale fa diminuire i gonfiori localizzati (stimolazione del sistema linfatico), mentre mette in circolo le difese del corpo (risposta blanda del sistema immunitario), permettendo a formidabili cellule bio-specializzate di difendere le zone affette del vostro corpo.. Certo. Bisogna schierare le truppe in prima linea, là dove infuria la battaglia. Prevenire le malattie. La capacità del vostro sistema immunitario di combattere gli intrusi, le malattie, i virus, il cancro, e i batteri, associata alla capacità del sistema linfatico di prevenire le infiammazioni (edemi) è fondamentale per la vostra salute. Secondo la teoria sulle cellule sane, l'attività aerobica favorisce una migliore circolazione, che a sua volta incide su tutto il resto,. Praticare i rimbalzi (Rebounding) è uno dei modi migliori per esercitare le cellule.

Esercizi di rimbalzo sul ReboundAIR: l'attività di rimbalzare su e giù contro la forza di gravità stimola in maniera efficace il sistema linfatico senza traumi al sistema muscolo-scheletrico. Questa scoperta eccezionale ha fatto sì che il Rebounding sia diventata una delle forme di esercizio fisico più benefico scoperte fin ora..

prof. Cristiano Verducci
 

Bisogno di cibo compulsivo e psiche umana

La gola è quel desiderio d’appagamento immediato e compulsivo che affonda negli elementi più arcaici della psiche umana: il bisogno di cibo. Come tale, esso parla della condizione dell’essere umano, della sua eterna dipendenza, del suo vincolo originario e, di conseguenza, dell’umana fragilità. Ma se apparentemente il peccato di gola parla esclusivamente di elementi materiali, come il cibo e la sopravvivenza, in realtà esso è un’importante allegoria di tematiche esistenziali. Parlare di gola, infatti, conduce inevitabilmente alla radice dell’autostima, e diventa una verifica ed una riprova dell’accettazione di sé o dell’odio per se stessi. Il rapporto degli adulti con il cibo è il corrispettivo (e il risultato) del rapporto che quell’adulto ha avuto con il seno materno, prima fonte d’alimentazione, e quindi con la madre. Le più recenti scoperte di Neonatologia hanno dimostrato che l’allattamento al seno è un’esperienza psicologica profonda, incisiva e gratificante sia per la mamma che per il bambino, i cui effetti si imprimono profondamente nella psiche. Il rito dell’allattamento non è soltanto fonte di nutrimento ma soprattutto è il veicolo fondamentale della speciale relazione che si crea tra entrambi. Esso è composto non solo da latte, ma anche da sguardi intensi, da odori, da sensazioni forti e profonde: protezione, sicurezza, dolcezza. Una complessa alchimia, una sorta di proto-relazione che farà da calco per molte relazioni future. La suzione del latte è quindi il pattern simbolico del rifugio, del dono, dell’introdurre e della capacità di affidarsi totalmente. Ma è anche la fonte della speranza nella vita, della capacità di costruire certezze nella propria esistenza, la radice dell’ottimismo.

Si comprende quindi facilmente che il rapporto primigenio con il cibo svilupperà propaggini psicologiche nelle relazioni affettive e nelle relazioni di coppia e in generale condizionerà, nel bene e nel male, la propria visione del mondo. Per il neonato che affronta lo sgomento provocato dalle misteriose contrazioni della fame, il cibo rappresenta la salvezza, la pacificazione, la protezione di fronte all’abisso dell’angoscia. Il cibo diventa così, nelle migliori condizioni, il simbolo del Bene, il baluardo difensivo contro le orde del buio e della morte. Ma quale sarà il rapporto con l’introiezione quando l’allattamento non è perfettamente sincronizzato con le fasi della fame? Che cosa accade, per esempio, quando il seno è assente? Un seno assente, o irregolare e discontinuo, stabilisce una precisa modalità psicologica di privazione, infonde un senso di bassa autostima, di negazione e – più spesso di quello che si pensa – di vero e proprio rifiuto. E poiché il seno perfetto non esiste, è anche grazie a queste frustrazioni che l’individuo può costruire una più realistica immagine del mondo, evitando il rischio di idealizzare la relazione con l’Altro ed evitando il pericolo di rinchiudersi in una pretesa di soddisfacimento a tutti i costi. Pur tenendo conto di un’ampia variabilità individuale, una madre ‘sufficientemente buona’ – secondo le scoperte di D. Winnicott – rappresenta quel giusto mix tra gratificazione e frustrazione, il quale può aiutare il bambino ad essere realmente equilibrato.

Ma per giungere a riflettere sul peccato di Gola, parlando di cibo, è inevitabile soffermarci su altri due aspetti fondamentali: il tema del bisogno e il tema del controllo. Si tratta di due temi che vanno ben di là della cornice delle condotte alimentari, espandendosi nell’ambito del rapporto con se stessi, della gestione dei propri limiti, del rischio dell’ideale di perfezione assoluta, di un bisogno di certezze nella vita che spesso può diventare ossessivo. Quando la gestione del maternage (gestazione, parto, allattamento, ecc.) è stata complessa, instabile o difficile, l’adulto può sviluppare problematiche relative alle dipendenze e alle condotte alimentari. Alcune madri danno da mangiare al figlio ogni volta che vogliono manifestargli affetto oppure riempire vuoti emotivi (e assenze), consolidando l’idea che cibarsi, ingerire qualcosa per calmarsi, sia la soluzione alla tristezza o al senso di vuoto. Al contrario, in altri casi, il bambino può percepire un senso ambivalente di amore e di invadenza materna. In entrambi i casi, spesso l’obiettivo inconscio dell’adulto diventa quello di realizzare un controllo dei bisogni, ritenuti minacciosi, e di affermare la completa assenza di dipendenza. Il cibo – e in generale le condotte legate all’oralità (tabagismo, alcolismo, droga, ecc.) – rappresentano invece l’emblema della dipendenza, l’effige del bisogno e della fragilità umana.

Quando la dipendenza è ritenuta minacciosa, il bisogno di cibo va ossessivamente tenuto controllo, sviluppando condotte anoressiche oppure bulimiche (attraverso le privazioni, il vomiting, l’abuso di lassativi, diuretici, clisteri, ecc.). In entrambi i casi, l’alimentazione diviene un’area qualitativamente alterata e l’assunzione di un alimento assume significati simbolici e psicologici diversi, ma sempre legati all’inconscia illusione di gestire l’angoscia, il senso di vuoto, il bisogno compulsivo di controllo. In altre parole, il cibo – da fonte originaria di consolazione e rassicurazione – diventa un campo di battaglia epica e onnipotente.

I dati più recenti osservano in Europa e in Italia, non solo uno sviluppo esponenziale dell’obesità ma anche che anoressia e bulimia, che si pensava fossero esclusivamente riservate all'universo femminile, sono in continua crescita anche nella popolazione maschile. La stima è complessivamente di oltre cinque milioni di persone con disturbi delle condotte alimentari, mentre sarebbe in sovrappeso il 60.5% degli adulti italiani, obeso il 23.9%, e il 3.0% estremamente obeso. Anche se continua a prevalere una maggiore morbilità relativa alle donne, negli ultimi cinque anni, è duplicato il numero di uomini colpiti da anoressia e bulimia, fino a raggiungere una quota del 10% sul totale dei casi diagnosticati. A questi vanno poi aggiunti tutti i casi subclinici, che presentano crisi ancora non cronicizzate e tutti i casi invisibili perchè non rilevati e non diagnosticati. Sono un numero imprecisato di individui che non hanno ancora una piena consapevolezza del proprio problema, che lo percepiscono con vergogna e con un senso di umiliazione e fallimento personale.

Fino a pochi decenni fa, si considerava i disturbi delle condotte alimentari come il risultato casuale di un’indesiderata variazione di peso originata dalla probabile scarsa volontà dell’individuo nel controllo del cibo e alla ricerca di gratificazioni orali. Oggi si ha la certezza che i disturbi alimentari si sviluppano sempre in seguito ad un ampio ventaglio di vicende psicologiche. Come ad esempio un lutto, una separazione, l’ingresso nel mondo degli adulti, maltrattamenti, il cambiamento o la perdita del lavoro, ecc.. In generale tuttavia le cause sono sempre facilmente riconducibili alla rimozione della propria angoscia. L’angoscia in questi casi è infatti spesso originata proprio dalle minacce che tutte queste vicende possono causare al senso di identità personale. Un individuo che ha vissuto un maternage difficile può infatti sviluppare una falsa personalità, o Falso Sé. Questa falsa personalità può installarsi con l’aspetto di una maschera sociale di pseudo-indipendenza, un abito collettivamente accettabile fondato sul successo nel lavoro o nella scuola, su rapporti apparentemente integrati ed efficienti. Soltanto nei momenti di segreta intimità, nel privato, la maschera crolla e l’individuo in preda all’angoscia si abbandona alle pratiche di vomito procurato, ai clisteri, all’abuso di farmaci anoressizzanti. Dietro questa maschera infatti possono trovarsi facilmente sentimenti di bisogno, di dipendenza che appaiono inconfessabili insieme ad un senso di disprezzo per se stessi e per la natura ipocrita delle relazioni che si attribuiscono agli altri.

L’orgia alimentare e le pratiche di svuotamento coatto riconducono sul corpo quel vissuto intimo e psicologico di devastazione. Ma è anche un grido di aiuto incapace di essere verbalizzato, che talvolta l’adulto percepisce, ma non sempre comprende, accetta o elabora. Il percorso di cura non è quindi indirizzato all’appetito o ad una migliore gestione delle diete, ma è sempre di natura psicologica. Esso deve necessariamente attraversare quel cortocircuito emotivo fatto di paure, rabbia, preoccupazioni, senso di colpa e solitudine. L’intervento deve essere fondato sull’ascolto delle dinamiche familiari ed orientato a sciogliere i meccanismi non verbali di ricatto affettivo, colpevolizzanti e collusivi.

Quando poi il problema investe un adolescente, è importante che i genitori si sforzino di spostare il focus della loro attenzione dalla nutrizione, che inevitabilmente diventa un tema familiare ossessivo, alla reale sofferenza del figlio o della figlia. Sofferenza che, per un motivo o per l’altro, spesso rimane negata, rimossa e nascosta da un meccanismo di reciproca complicità tra figlio e genitore. L’intervento psicoterapeutico è quindi, prima di tutto, un processo di ricostruzione interiore e non un tampone occasionale di natura cognitiva o intellettuale. Esso deve concentrarsi sul fornire all’individuo gli strumenti per imparare a gestire da sé un controllo ragionevole sulla realtà esterna, che non sia ingenuo ma dall’altra neppure paranoico o compulsivo. La psicoterapia deve inoltre saper fornire le competenze per gestire concretamente e in modo autentico le crisi di vuoto, imparando ad inserirle in oscillazioni umorali del tutto fisiologiche. Ma oltre a sviluppare nuove abilità, questo percorso è infine soprattutto una ricerca di senso, di elaborazione del dolore che non sia esclusivamente legato alla cancellazione del sintomo. Ma che preveda anche l’elaborazione di un significato esistenziale di quell’angoscia e che per questo, sappia fornire reali strumenti per trasformare la propria visione del mondo, consentendo una migliore conoscenza di sé e del proprio universo.

Giampiero Ciappina di Solaris.it

Libri Consigliati:

- Cibo, peso e psiche di Dahlke Rudiger Ordina su Librisalus.it

Carboidrati: Tipi, Funzioni e Digestione

Il nome scientifico di quelli che impropriamente chiamiamo "carboidrati" è glucidi. Si tratta di sostanze formate essenzialmente da carbonio ed acqua e contenuti principalmente negli alimenti di origine vegetale. Il valore energetico è abbastanza alto: i carboidrati infatti forniscono in media 4 Kcal per grammo (è il caso dell'amido, contenuto nei cereali) costituendo uno degli elementi più importanti della dieta umana. Vari sono i tipi di carboidrati, classificati in base alla loro struttura chimica. Abbiamo perciò i carboidrati semplici e complessi.

I VARI TIPI DI CARBOIDRATI

I glucidi semplici sono le sostanze che comunemente chiamiamo zuccheri e comprendono monosaccaridi e polisaccaridi. Dal punto di vista nutrizionale, i più importanti sono glucosio, galattosio e fruttosio. Esaminiamoli nel dettaglio.

I monosaccaridi

Glucosio - costituisce la forma in cui deve essere trasformato qualsiasi altro zucchero per poter essere utilizzato dall'organismo umano. Solo il 5% della totalità di carboidrati è rappresentato dal glucosio che circola nel sangue.
Galattosio - è contenuto nel latte ma non vi si trova in forma libera, bensì legato al glucosio.
Fruttosio - è molto abbondante nel miele e nella frutta. Viene metabolizzato dal fegato, che lo trasforma in glucosio.

I polisaccaridi

I polisaccaridi sono formati dall'unione di più monosaccaridi (da 10 unità fino alle migliaia) mediante legami glicosidici. Hanno origine animale (glicogeno) o origine vegetale (amidi e fibre). Analizziamone i più importanti.
Fibre - la più importante è la cellulosa. Il nostro organismo non può trasformarle direttamente in energia ma le fibre sono fondamentali per il nostro benessere poiché regolano l'assorbimento dei nutrienti e difendono l'organismo da diverse patologie. Le fibre sono divisibili in fibre idrosolubili (quando possono essere disciolte in acqua) e non idrosolubili. Le prime riducono la quantità di colesterolo nel sangue, mentre le seconde richiamano liquidi, favorendo l'eliminazione di sostanze dannose.
Glicogeno - è immagazzinato nel fegato e nei muscoli in quanto riserva d'energia. È però presente in quantità molto ridotta negli alimenti, poiché viene quasi totalmente degradato nelle fasi di macellazione degli animali.
Amido - contenuto nei vegetali (principalmente semi e cereali) e nei loro derivati (come la pasta) ma si trova anche in patate dolci, piselli e fagioli. È possibile trovarlo in natura in due forme distinte: amilosio e amilopectina, la quale rende estremamente digeribili gli alimenti.

FUNZIONE DEI CARBOIDRATI

La funzione precipua dei carboidrati è quella energetica. Essi rappresentano infatti la principale fonte energetica, in particolar modo quando sottoponiamo il nostro organismo ad un intenso sforzo fisico. Tuttavia, assolutamente da non trascurare è la loro funzione plastica nella formazione di strutture nervose e acidi nucleici. Una volta trasformati in glucosio, i carboidrati possono prendere tre strade:
Possono essere utilizzati direttamente dalle cellule al fine di produrre energia.
Possono essere trasformati in glicogeno e immagazzinati come riserva energetica in muscoli e nelle riserve epatiche.
Possono essere trasformati in grasso e depositati come tale, se le scorte di glicogeno sono sature.
Qualsiasi componente del nostro organismo necessita di una certa quantità di glucosio. È facile pertanto dedurne l'importanza che i carboidrati svolgono per il benessere del corpo. Persino alcune cellule del sangue utilizzano glucosio come fonte energetica primaria.

ECCESSO DI CARBOIDRATI

Abbiamo visto quanto sia importante assumere regolarmente una certa quantità giornaliera di carboidrati. Ma cosa accade quando tali sostanze sono in eccesso? La dieta dei paesi industrializzati risulta sempre più ricca di grassi (basti pensare alla grande diffusione dei fast food in quasi tutti i Paesi del mondo). Una dieta troppo ricca di grassi può provocare patologie come diabete, carie dentale o persino obesità in forme più o meno gravi.

CARENZA DI CARBOIDRATI

Ma anche una scarsa assunzione di carboidrati è causa di patologie gravi. Recenti studi hanno dimostrato che alla base di varie forme tumorali c'è anche una scarsa assunzione di carboidrati. Lo stesso vale per alcuni casi di ipercolesterolemia, di malattie renali e epatiche. Nei casi più gravi, l'assenza di carboidrati porta il sangue ad acidificarsi (come avviene nel diabetico non curato), cui consegue il coma. Ecco perché è estremamente importante seguire una dieta equilibrata, che preveda un'assunzione bilanciata di carboidrati.

IL PROCESSO DI DIGESTIONE DEI CARBOIDRATI

Il processo di assimilazione dei carboidrati inizia nella bocca, dove diversi enzimi presenti nella saluta inizia a scindere i carboidrati complessi. La digestione prosegue nello stomaco e nel pancreas, ove i succhi pancreatici riducono i polisaccaridi in monosaccaridi.


Dermatologia: Il trattamento dei cheloidi

I cheloidi sono cicatrici abnormi che possono far seguito a un trauma cutaneo, come piercing, ferite chirurgiche, lesioni acneiche e ustioni. Di questa patologia vi sono ampie descrizioni già nei papiri egiziani, ma il termine “cheloide” (dal greco = simile alle chele del granchio) fu coniato nel 1806 dal dermatologo francese Jean Louis Alibert. Inizialmente il cheloide si presenta come una normale cicatrice, ma in seguito si rileva e si estende, superando i limiti della lesione iniziale. Questa patologia è causata da un’eccessiva proliferazione di fibroblasti nel derma profondo, con produzione di grosse quantità di collagene, che gli conferiscono una consistenza dura.
I cheloidi presentano una superficie liscia, traslucida e priva di peli. Nella fase iniziale sono molto vascolarizzati (colorito rosso intenso), poi diventano rosa pallido. Le forme più frequenti in dermatologia, sono quelli da piercing all'orecchio, quelli che fanno seguito al parto chirurgico (taglio cesareo) e quelli sovrasternali multipli, spesso causati da manifestazioni acneiche localizzate in queste aree (cheloidosi).
Una variante rara è l'acne cheloidea della nuca, nella quale le normali pustole dell'acne causano in questa zona dei cheloidi più o meno grandi. Alcune persone hanno una naturale predisposizione a sviluppare cheloidi dopo un intervento chirurgico (es: tiroide, mammella, etc) e questo non dipende dal medico o dalla qualità dell'intervento, ma dal tipo di pelle. Ciò si verifica perché il trauma cutaneo induce in quel soggetto predisposto, una cicatrizzazione abnorme.
L'asportazione di tale lesione, con buona probabilità indurrebbe un nuovo trauma, innescando un nuovo ed abnorme processo cicatriziale, con formazione di un cheloide più grande di prima. Per questo motivo la gestione del paziente affetto da cheloidi è prevalentemente di tipo conservativo. Il medico presuntuoso che attribuisce il cheloide alle errate tecniche chirurgiche utilizzate dal suo predecessore spesso produce con un nuovo intervento un cheloide più grande di prima.
L'impatto estetico e soprattutto psicologico del paziente è enorme, davanti ai risultati deludenti della maggior parte dei trattamenti disponibili. Non vi sono al momento tecniche in grado di “cancellare” per sempre i cheloidi, ma ciò nonostante vi è la possibilità, sotto la guida del proprio dermatologo di migliorarne l'aspetto (es: riduzione del volume, appiattimento e schiarimento della lesione e raramente anche scomparsa della placca).
E' più facile ottenere un miglioramento su un cheloide di recente insorgenza piuttosto che su uno di vecchia data. Tra le tecniche utilizzate vi sono la crioterapia con azoto liquido e l'applicazione domiciliare di lamine autoadesive di poliuretano. Il Dermatologo al momento della visita può suggerire a seconda dei casi l'applicazione di prodotti specifici (es: creme a base di allantoina, cerotti medicati al cortisone, spray, medicazioni e gel di silicone).
Le infiltrazioni intralesionali di triamcinolone praticate dal dermatologo con la tecnica della microtunnelizzazione, possono talora ridurre le dimensioni del cheloide, soprattutto se precedute da crioterapia. L'impiego di farmaci topici come tacrolimus, pimecrolimus, ginpent e imiquimod è ancora in fase sperimentale. La luce pulsata a 560 nm, può avere un'azione solo sulla componente vascolare (parziale schiarimento della placca). La semplice asportazione chirurgica può essere seguita invece da recidive di maggiori dimensioni e sono allo studio protocolli che fanno seguire al trattamento ablativo, la radioterapia. Rischi, benefici ed alternative ad ogni trattamento vanno chiariti con il proprio medico al momento della visita specialistica.

a cura del Dott. Antonio Del Sorbo

Medico Chirurgo - Specialista in Dermatologia e Venereologia
Sito web: http://www.ildermatologorisponde.it/

Il rischio dell'esposizione ai campi elettromagnetici sui luoghi di lavoro

In data 19 novembre 2007 il legislatore italiano ha recepito la direttiva CE 2004/40 per mezzo del D.Lgs n. 257 “Attuazione della direttiva 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici)”. Le disposizioni che esso prescrive entrano in vigore il 30 aprile 2008.
Il D.Lgs 257/07, com’è prassi per i provvedimenti che disciplinano specifici rischi sui luoghi di lavoro, rappresenta in realtà un’integrazione al D.Lgs 626/94, introducendovi il titolo V-ter "Protezione da agenti fisici: campi elettromagnetici".

SOGLIE DI ESPOSIZIONE

Il campo elettromagnetico cui può risultare esposta una persona risulta comunemente composto da differenti contributi, distinti in frequenza e di intensità differente. In virtù di questo aspetto fisico, la comunità scientifica, per voce di ICNIRP (International Commission on Non Ionising Radiation Protection), ha pronunciato il proprio parere nel documento “Linee guida per la limitazione dell’esposizione a campi elettrici e magnetici variabili nel tempo ed a campi elettromagnetici (fino a 300 Ghz)”, dove fissa il limite di esposizione umana ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, proponendo una suddivisione dello spettro elettromagnetico in numerose bande di frequenza, all’interno delle quali il valore limite è fissato secondo diversi criteri; in alcuni casi è costante per ogni frequenza compresa nella banda, in altri cambia al variare della frequenza secondo una determinata legge.
A livello di Unione Europea il legislatore, con la direttiva 2004/40/CE "Direttiva sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici)", ha recepito la stessa suddivisione in bande proposta dalla comunità scientifica.
Il Legislatore italiano ha recepito la direttiva europea in data 19 novembre 2007, all’interno del provvedimento oggetto di questi commenti, il D.Lgs n. 257/07, senza modificare la suddivisione in bande originale.
I risultati di un monitoraggio strumentale dei livelli di esposizione dei lavoratori sono da confrontare con la tabella dei “valori di azione”.
I valori di azione sono definiti al comma 2 dell’art. 49-quindecies e rappresentano l’entità dei parametri direttamente misurabili, espressi in termini di intensità di campo elettrico (E), intensità di campo magnetico (H), induzione magnetica (B) e densità di potenza (S). Il superamento dei valori di azione determina l’obbligo di adottare una o più delle misure specificate nel provvedimento.
In CeSNIR riteniamo pertanto che la valutazione dell’esposizione professionale a campi elettromagnetici debba prevedere una prima fase di individuazione delle sorgenti potenzialmente in grado di emettere contributi al campo elettromagnetico di intensità non trascurabile per l’esposizione umana; una seconda fase volta a determinare le bande di frequenza all’interno delle quali sono attesi i contributi di cui sopra; un terzo momento dove, sulla base delle valutazioni precedenti, si opera la scelta della strumentazione più idonea per discriminare i distinti contributi in frequenza durante la misurazione dei livelli di esposizione.
Allo scopo di determinare l’esposizione complessiva a partire da quella misurata a frequenze diverse, ci si troverà, infine, a dover procedere con una corposa post-analisi dei dati raccolti.
Misurazioni ed analisi dati devono essere condotte secondo le norme di buona tecnica che si identificano nelle:

* CEI 211-6 “Guida per la misura e per la valutazione dei campi elettrici e magnetici nell’intervallo di frequenza 0 Hz – 10 kHz, con riferimento all’esposizione umana”.

* CEI 211-7 “Guida per la misura e per la valutazione dei campi elettromagnetici nell’intervallo di frequenza 10 kHz – 300 kHz, con riferimento all’esposizione umana”.

CeSNIR illustra come ha scelto di organizzare il proprio servizio di monitoraggio sul proprio sito Internet (www.cesnir.com) alla sezione "Campi EM" del menù "Luoghi di lavoro".

In merito alla periodicità delle revisioni della valutazioni, il decreto impone che la valutazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici sia programmata ed effettuata con cadenza almeno quinquennale e questa rappresenta l’unica novità rispetto alla direttiva europea ,che prescrive semplicemente che le valutazioni siano cadenzate ad "intervalli idonei". CeSNIR, in considerazione della veloce evoluzione delle conoscenze in ambito tecnico, medico e scientifico, consiglia che, laddove siano stati riscontrati livelli di esposizione "importanti" ancorché inferiori ai "valori di azione", la valutazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici sia ripetuta ogni 3 anni, nell’ottica di una politica della sicurezza che si spinga oltre la mera verifica del rispetto delle prescrizioni minime di legge. Fatta salva, ovviamente, la necessità di provvedervi prima nei casi come quelli di importanti modificazioni del parco macchine, del loro layout e/o delle procedure di lavoro, e tali da far supporre che i livelli di esposizione dei lavoratori siano potuti cambiare in modo rilevante.

LA CLASSIFICAZIONE E LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Il D.Lgs 257/07, introduce l’obbligo per il datore di lavoro di determinare/calcolare e valutare i vari rischi derivanti dall’esposizione a campi elettromagnetici, con la precisazione che i risultati di tale attività di valutazione sono parte integrante del Documento di Valutazione dei Rischi.

L’informazione e la formazione per i lavoratori, inoltre, dovranno essere specifiche e riguardare, in modo particolare, le misure di sicurezza adottate ed il significato dei rischi associati alla esposizione ai campi elettromagnetici. Dovrà essere garantita, infine, una adeguata sorveglianza sanitaria per i lavoratori esposti (art. 14 dir. 391/89/CEE).

Si osservi che il D.Lgs 257/07 riguarda i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori dovuti agli effetti nocivi a breve termine conosciuti nel corpo umano derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici; all’interno dello stesso provvedimento è sottolineato che esso non riguarda gli effetti a lungo termine, inclusi eventuali effetti cancerogeni dell’esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo, per i quali il legislatore ritiene che manchino dati scientifici conclusivi che comprovino un nesso di causalità.

La valutazione del rischio da esposizione ai campi elettromagnetici deve fondarsi innanzitutto su una sua corretta classificazione e su questo aspetto CeSNIR si augura che si giunga quanto prima ad un’idea largamente condivisa. A questo scopo richiamiamo i concetti di rischio generico, rischio generico aggravato e rischio specifico come li definisce la medicina legale (cfr. “Medicina legale e delle assicurazioni”, di Giorgio Canuto, Sergio Tovo, 1996, PICCIN).
- Il rischio generico si riferisce a quelle eventualità che incombono in egual grado su tutti i cittadini.
- Il rischio generico aggravato quando, pur potendo investire tutti i cittadini, è quantitativamente più elevato nell’espletamento di una determinata attività.
- Il rischio specifico è strettamente legato ad una specifica attività e solo i soggetti che svolgono tale attività ne sono esposti.
- Il rischio professionale, per essere tale, deve essere un rischio specifico o un rischio generico aggravato, non essendo sufficiente la semplice esposizione ad un rischio generico per configurare il rischio professionale.

Si profila quindi, senza dubbio, un rischio di tipo generico per i lavoratori che utilizzano macchine assimilabili ad un tipico elettrodomestico, come computer e fotocopiatrici, o nei casi in cui il luogo di lavoro si trova in prossimità di antenne per le telecomunicazioni (radiodiffusione sonora, televisiva e telefonia mobile) o di elettrodotti.
Si configura un rischio specifico per i lavoratori che si occupano della manutenzione delle antenne, delle linee elettriche, i saldatori e le altre mansioni di cui all’elenco più sotto.
In CeSNIR riteniamo invece più controversa e soggetta a specifica valutazione della fattispecie in esame l’individuazione dei lavoratori soggetti a rischio generico aggravato. A nostro avviso, tale incertezza si applica, ad esempio, all’esposizione al campo magnetico prodotto dalla cabina di trasformazione MT/BT (media/bassa tensione) a servizio dell’azienda cui presta la propria opera il lavoratore.

CLASSIFICAZIONE DELLE SORGENTI

Le sorgenti di campo elettromagnetico sono usualmente identificate in due tipi: sorgenti di tipo intenzionale e di tipo non intenzionale. Le prime sono quelle per cui l’irradiazione del campo elettromagnetico è funzionale all’attività che l’apparato deve svolgere; le seconde sono invece tutte le sorgenti che emettono campo elettromagnetico nell’ambiente come effetto secondario del proprio funzionamento.
Fra le sorgenti di tipo intenzionale si citano innanzitutto i sistemi per le trasmissioni via aria; fra quelle di tipo non intenzionale troviamo in primo luogo la totalità degli apparati che impiegano l’energia elettrica e che sono caratterizzati da assorbimenti importanti di potenza.
In ambito industriale e medicale esistono inoltre una serie di apparati che agiscono tramite l’irradiazione di un campo elettromagnetico e si tratta, ad esempio di: riscaldatori a induzione e a radiofrequenza, forni a microonde, macchine per terapia a onde corte o a microonde, apparati per la risonanza magnetica nucleare. Il CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano) annovera anche questo tipo di sorgenti fra quelle non intenzionali, dal momento che l’irradiazione del campo elettromagnetico nell’ambiente non è funzionale al loro scopo, per il quale serve invece irradiare un preciso bersaglio con la minima dispersione possibile. La valutazione di CeSNIR è che queste sorgenti si debbano distinguere anche dagli apparati che emettono campo elettromagnetico solo come conseguenza dell’energia che assorbono per mezzo della corrente elettrica e che non sono dotati di un irradiatore di campo elettromagnetico vero e proprio. A titolo di esempio si consideri che sia un forno elettrico a resistenza che uno a microonde possono essere considerati irradiatori non intenzionali, non essendo funzionale a nessuno dei due apparecchi l’immissione di campo elettromagnetico nell’ambiente, ma è da sottolineare che, mentre entrambi producono un campo elettromagnetico alla frequenza di rete in virtù dell’energia elettrica che consumano, solo il secondo emette anche un campo elettromagnetico a radiofrequenza quale dispersione del fascio che produce per cuocere i cibi. Vi è qundi una marcata differenza tra questi due tipi di sorgente.

In CeSNIR abbiamo stilato un primo elenco delle sorgenti di campo elettromagnetico che, a livello industriale e medicale, sono da monitorare ed è il seguente.

* Sorgenti che impiegano l’irradiazione elettromagnetica in modo funzionale alla propria attività e che espongono gli addetti a un rischio di tipo specifico o generico aggravato

APPLICAZIONI INDUSTRIALI

- saldatrici ad arco o ad alta frequenza;

- forni a induzione per la fusione dei metalli;

- sistemi a induzione per la tempra dei metalli;

- sistemi a radiofrequenza per l’innesco dei plasmi;

- presse a dispersione dielettrica per l’incollaggio dei legni e delle plastiche;

- sistemi a radiofrequenza per l’indurimento delle colle;

- altri sistemi a dispersione dielettrica per l’essiccazione o la vulcanizzazione di tessuti, carta, legni;

- forni a microonde per la sterilizzazione o la cottura di alimenti;

- sistemi a microonde per il riscaldamenti dei plasmi;

- impiantistica delle telecomunicazioni e della telefonia cellulare.

APPLICAZIONI DEL SETTORE MEDICALE

- marconiterapia (diatermia);

- ipertermia;

- NMR (risonanza magnetica nucleare);

- chirurgia con elettrobisturi ed elettrocauterizzatori.

* Sorgenti che irradiano campo elettromagnetico come effetto secondario della propria attività e che espongono pertanto gli addetti a un rischio di tipo generico o generico aggravato:

- cabine di trasformazione MT/BT (media/bassa tensione);

- dispositivi in genere ad alto assorbimento di energia elettrica;

- forni elettrici per fusione di metalli e cottura ceramiche.