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Epatite B: Cause, Conseguenze e Prevenzione

Opuscolo della Commissione Federale per le Vaccinazioni Svizzera, Ufficio Federale della Sanità Pubblica, sulle cause, le conseguenze e i rimedi, in particolare preventivi, dell'Epatite B.

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Biopsia epatica: Cosa occorre sapere per una buona preparazione

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Epatite C: domande più frequenti

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I segreti della Vitamina B3

La vitamina B3, solubile in acqua, è nota anche con il nome di niacina o vitamina PP per la sua azione contro la pellagra ("pellagra preventive factor"), una malattia un tempo molto diffusa causata dalla sua carenza.

È tra i componenti di due coenzimi (NAD e NADP) fondamentali nelle reazioni di ossidoriduzione che avvengono nel nostro metabolismo. La vitamina B3 è essenziale per il regolare funzionamento del sistema nervoso.

Fonti alimentari

Le maggiori fonti naturali di vitamina B3 sono le arachidi, la carne bianca (specie il tacchino), il vitello, il fegato di manzo, il salmone, il tonno, il pesce spada e il lievito di birra. È una delle vitamine più stabili: non teme infatti l'ossigeno, il calore e la luce.

Attività

La vitamina B3 è necessaria per la respirazione cellulare, aiuta nella liberazione di energia e il metabolismo dei carboidrati, grassi e proteine, una buona circolazione e la salute della pelle, il funzionamento del sistema nervoso, e la normale secrezione di fluidi biliari e dello stomaco.
Potenzia la memoria e sembra essere anche efficace nel trattamento di ansia. La niacina è anche efficace nel migliorare la circolazione e ridurre i livelli di colesterolo nel sangue.

Carenza

Numerosi i sintomi che possono indicare una carenza di vitamina B3, dalla perdita del tono muscolare alla cattiva digestione ai disturbi cutanei.
Anche problemi alle gengive e alla lingua, insieme con mal di testa ricorrente, nausea e irritabilità possono essere associati a un insufficiente apporto di vitamina B3.
La carenza grave di vitamina B3 (oggi molto rara nei paesi occidentali) provoca la pellagra, una malattia caratterizzata da lesioni all'apparato digerente (uno dei sintomi è la diarrea), lesioni alla cute e al sistema nervoso centrale.

Sovradosaggio

Ad alte dosi, può risultare tossica. I principali effetti collaterali che si possono verificare sono quelli vasodilatatori con comparsa di ipotensione e vampate, eritema, prurito, dolore epigastrico, nausea, mal di testa e diarrea.
Si sono anche avuti casi di alterazione delle transaminasi ed epatotossicità.

Dosi consigliate

Secondo gli esperti, il fabbisogno giornaliero di vitamina B3 che un adulto dovrebbe assumere è pari a 14 mg per le femmine (da 11 anni) e 18 mg per i maschi (da 14 anni).
Alcuni autori suggeriscono un maggiore apporto di vitamina B3 per chi soffre di disfunzioni del metabolismo o di ipotiroidismo, a chi deve affrontare pesanti attività fisiche e a chi è affetto da malattie croniche come cirrosi epatica, insufficienza del pancreas e diabete.


Invecchiare meglio con le Vitamine e i Minerali

Di fatto, una dieta equilibrata, ben bilanciata e varia aiuta a mantenersi in buona salute, favorendo così la prima e più importante condizione utile per contrastare la progressiva perdita dell’efficienza psicofisica.
Ma l’alimentazione da sola spesso non basta a coprire il fabbisogno vitaminico, in particolare relativo al complesso B. È infatti risaputo che già a partire dai 50-55 anni d’età possono instaurarsi condizioni di deficit di nutrienti importanti.
Le cause più comuni sono un’alimentazione scorretta che, specie nei più anziani, tende ad essere monotona o comunque sbilanciata (per esempio, pochi vegetali e molti latticini), la tendenza ad affrontare diete dimagranti “fai da te”, di norma non adeguate dal punto di vista nutrizionale, i problemi di dentatura e, quindi, di masticazione, la fisiologica diminuzione dell’olfatto, del gusto e della capacità di assorbimento dei principi nutritivi.
Inoltre è dimostrato che, comunque, nella terza età si verifica una carenza di vitamine B2, B3, B5 a livello cutaneo. Carenza che comporta la perdita dell’elasticità della pelle, con comparsa di ruvidità, associata a una maggiore vulnerabilità nei confronti delle dermatiti e più nello specifico di afte e stomatiti.
Nutrienti che non devono mancare, specie dopo i 50 anni sono:
  • la vitamina C, che svolge azione antiossidante e antinvecchiamento, ed è indispensabile nella formazione del collagene
  • il calcio, uno degli elementi indispensabili per prevenire l’osteoporosi, a cui sono più soggette le donne dopo la menopausa, e spesso non introdotto in quantitativi adeguati;
  • il magnesio, utile a contrastare crampi muscolari, mal di testa e irritabilità;
  • lo zinco, che gioca tra l’altro un ruolo sinergico al complesso B nell’ambito metabolico.
 La disponibilità di integratori che riuniscono tutti questi componenti può essere pertanto di notevole utilità nel prevenire eventuali deficit, con le relative implicazioni sul piano della salute e del benessere psicofisico.
 Le vitamine del gruppo B sotto la lente
A partire dai 50 anni di età può dunque rivelarsi utile assumere supplementi vitaminici, in particolare di vitamine B, perché eventuali carenze a carico di un organismo che sta andando incontro a fisiologiche alterazioni funzionali potrebbero rendere meno resistenti nei confronti delle malattie, minacciando così quel favorevole stato di salute che rallenta i processi d’invecchiamento.
 In generale, il supplemento di vitamine B è essenziale perché ciascuna di queste sostanze agisce come regolatore delle funzioni organiche, contribuendo anche alla sintesi enzimatica (in particolare la B1, la B2, la B3, la B5).
Ma non solo. Sono necessarie sia per i meccanismi di assimilazione, trasformazione, smaltimento di zuccheri, proteine e grassi, sia per il metabolismo speciale degli organi e degli apparati, a cui assicurano il buon funzionamento.
 Ecco una sintesi delle loro principali funzioni.
- B1 e B2 riequilibrano la flora batterica intestinale, risolvono i problemi digestivi, correggono il cattivo assorbimento delle sostanze nutritive. Con la B6 partecipano alla formazioni di enzimi, proteine e acidi nucleici, favorendo la rigenerazione epatica.
- B1, B2, B3, in caso di deficit, provocano edemi e disfunzioni gastrointestinali. La B2 stimola la biosintesi di coenzimi attivi nelle reazioni ossidoriduttive, che sono una difesa contro i radicali liberi.
- B1, B3, B6 sono indicate per la prevenzione delle polinevriti. partecipano alla sintesi dei neurotrasmettitori responsabili della memoria, dell’attenzione della concentrazione, del comportamento, della labilità emotiva.
- B3, B5, B6, sono utili per la prevenzione dell’invecchiamento vascolare, cardiovascolare e cerebrale, e quindi sono protettivi nei confronti di ictus e infarto?from_article=true">infarto.
Contribuiscono inoltre a proteggere da arteriosclerosi. Un’azione importantissima visto che è dimostrato che l’invecchiamento vascolare accelera sensibilmente tutti gli altri processi d’invecchiamento.
- PP (B3) riduce colesterolo e trigliceridi, che con il passare degli anni si depositano all’interno delle arterie. Possiede anche proprietà vasodilatatorie, quindi aumenta il flusso sanguigno e l’apporto di ossigeno in tutti i distretti del corpo, cuore e cervello compresi. Favorisce inoltre l’aspetto sano della pelle, sia perché ha un effetto vasodilatatore, sia perché interviene nella produzione di ormoni sessuali.
-  B2 e B5, infine, stimolano la riparazione cellulare, in particolare la B5 favorisce la cicatrizzazione delle ferite.
Il ruolo nelle difese immunitarie
Una delle tante ipotesi formulate per spiegare i processi di invecchiamento è quella immunitaria. Con il passare degli anni il sistema di difesa naturale dell’organismo perde gran parte della sua efficienza.
Ma c’è di più: dopo i 50 anni inizia a fabbricare anticorpi che agiscono danneggiando gli organi e i tessuti dell’organismo stesso: si instaura cioè una sorta di meccanismo di autodistruzione.
Le vitamine B5 e B6 sono utilissime per supportare il corretto lavoro del sistema immunitario. Le vitamine B1, B2, B6 e PABA partecipano alla sintesi e alla stabilità degli acidi nucleici (DNA e RNA) da cui dipende la buona salute e la duplice possibilità di prolungare la vita attiva e rallentare l’invecchiamento.
Fondamentale per il sistema immunitario è anche lo zinco.
Piercarlo Salari
 

Cos'è la crosta lattea?

La crosta lattea o per meglio dire la dermatite seborroica, è un disturbo molto comune nei lattanti, dovuto ad un'eccessiva secrezione di sebo, cioè una sostanza grassa che viene emessa da alcune ghiandole della pelle.

E’ così chiamata perché si manifesta quando il bambino non è stato ancora svezzato ma è ancora nutrito unicamente con il latte. Può manifestarsi fin dalle prime settimane di vita, e di norma guarisce alla fine del terzo mese, ma può anche insorgere verso l’undicesimo anno di età.
Si presenta con un arrossamento della cute accompagnato da piccole squame unte e gialle:può presentarsi oltre che sul capo anche sulla fronte e sulle sopracciglia. In alcuni casi, le lesioni possono estendersi anche nella zona dietro i padiglioni auricolari, alle guance e alle zone intorno al naso. Spesso sono colpite le regioni ascellari, le pieghe inguinali ed il collo.
La causa dell’eccessiva stimolazione delle ghiandole sebacee non sono ancora del tutto chiare: si è parlato di alterazioni di tipo ormonale, ossia gli ormoni materni che passati nel sangue del bambino durante la vita fetale, persistono fino al terzo/quarto mese; secondo altri pareri, la causa sarebbe da ricercare in un fungo che si trova normalmente sulla pelle; infine secondo altri, la crosta lattea potrebbe essere correlata all’allattamento materno od a particolari alimenti assunti dalla mamma che allatta al seno.
Occorre ricordare che la crosta lattea non è una patologia grave, viene tollerata bene dal lattante e si risolve anche senza particolari trattamenti.
La guarigione viene facilitata con alcuni accorgimenti atti ad eliminare le squame presenti e prevenire la formazione di nuove. La prima cosa da fare è lavare la testa del bambino ogni due giorni con sostanze oleose in modo da non irritare ulteriormente la cute già delicata. Sul cuoio capelluto bisogna passare dei prodotti emollienti specifici per la crosta lattea in vendita in farmacia che, fluidificano il sebo e, ammorbidendo le croste, ne facilitano il distacco.
Si ricorda che, data la presenza della fontanella cranica non ancora chiusa, tutte queste operazioni vanno fatte con la dovuta cautela: si sconsiglia vivamente di evitare di esercitare pressioni sul capo del bambino e soprattutto di usare le unghie per sollevare le croste. Per rimuovere le croste è consigliabile, una volta applicato l'olio, passare delicatamente un pettinino a denti fitti tamponando poi con un panno. In casi molto gravi può essere consigliato anche il ricorso a pomate o creme cortisoniche, che devono essere, comunque, sempre prescritte dal pediatra.
E' necessario rivolgersi al medico se le squamette si diffondono o iniziano a produrre un siero giallo.

pubblicato da Imma Manna

Tumore: l'importanza di una corretta riabilitazione

In Italia vivono oltre un milione e 700 mila pazienti a cui è stato diagnosticato un tumore, con un incremento annuo di 250.000 nuovi casi (un numero in crescita visto che nel 1970 i nuovi casi di tumore erano meno di 120.000).

Fortunatamente, oltre al numero di malati nel tempo è cresciuto anche il numero di persone che riescono a guarire: il 50% dei pazienti, grazie ai tanti passi in avanti compiuti dalla ricerca, oggi può tornare alla propria vita, spesso anche senza conseguenze invalidanti.

Il tumore, proprio per il gran numero di persone che lo ha dovuto affrontare, rappresenta una patologia ad elevato impatto sociale: sono tantissimi i pazienti che convivono con la propria neoplasia, riportando importanti conseguenze di carattere psicologico e relazionale.

Le associazioni di volontariato oncologico chiedono un impegno maggiore nella riabilitazione dei pazienti, perché la mancanza di corretti percorsi riabilitativi va ritenuta come un diritto negato.

La riabilitazione oncologica deve aiutare le tante persone che hanno vissuto l’esperienza di un tumore a recuperare la propri autonomia fisica e psicologica, migliorando il più possibile la qualità della vita.

Diagnosi, terapia (chirurgia, radioterapia, chemioterapia, farmaci biologici), ricaduta e progressione, cure palliative: ognuna di queste fasi della malattia comporta delle specifiche problematiche che vanno riconosciute e analizzate.

Durante la fase di riabilitazione il paziente fa i conti con nuovi bisogni legati all’immagine corporea, alla nutrizione, alla sessualità, alla possibilità di procreare, di contrastare il deterioramento cognitivo legato a certe terapie e di progettare il proprio futuro.

Questa è la sfida che si gioca oggi nel campo della riabilitazione oncologica. La FAVO (federazione delle associazioni di volontariato oncologico) sta premendo perché la «riabilitazione oncologica» venga inserita nei livelli essenziali di assistenza da garantire a tutti i cittadini, ed ha presentato il primo “Libro bianco sulla riabilitazione oncologica” che contiene i risultati di un’indagine condotta in molte strutture ospedaliere esistenti in Italia (è possibile richiederlo gratuitamente via mail a info@favo.it)

Anche i medici concordano con questo nuovo approccio: «l' efficacia di buona parte della ginecologia oncologica, che riguarda patologie dell' utero, della vagina e dell' ovaio - sottolinea il Presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia Giorgio Vittori - è spesso legata alla radicalità dell' intervento che può compromettere la funzione dell' organo. Questo fa sì che l' aspetto riabilitativo sia fondamentale per consentire alla paziente la miglior qualità di vita possibile. Da ginecologo inoltre auspico che si possa presto arrivare a considerare una riabilitazione di genere considerando la peculiarità biologica e sociale delle donne».

Inoltre ai pazienti oncologici va fornita un’informazione più mirata perché sono in pochi a conoscere e sfruttare tutti i benefici previsti dalle leggi in vigore (per informazioni: visitare la sezione dedicata ai diritti dei malati presenti sul sito web: http://www.aimac.it/).
pubblicato da:

di Farman & C. snc

Come Sbiancare i Denti ?

Sia la nicotina che il caffè sono i peggiori nemici dei nostri denti. Entrambi infatti contengono dei componenti in grado di rendere gialli i nostri denti. Questi componenti si attaccano ai denti e l’unica soluzione è quella di effettuare uno sbiancamento dei denti che il Vostro Dentista di fiducia è in grado di fare con una semplice operazione.

Come soluzione fai da te potete trovare nei centri commerciali o in farmacia dei dentifrici sbiancanti che hanno come scopo il prevenire l’ingiallimento e allo stesso sono in grado di eliminare in parte il giallo già presente. Unica pecca è la loro azione, limitata solo agli strati più esterni dei denti. In uno studio dentistico invece vengono applicate delle tecniche molto più approfondite e definitive. Eccole:

Power bleaching: basata sull’uso di perossidi ad alta percentuale, li applica direttamente sullo smalto dei denti, il quale viene penetrato grazie all’uso del laser. Normalmente i risultati si vedono già dopo il primo trattamento.

Mascherine: questo tipo di sbiancamento viene effettuato grazie a delle mascherine che riproducono esattamente la forma delle arcate dei pazienti. Il paziente le applica in maniera autonoma a casa e grazie alle sostanze presenti all’interno ottiene uno sbiancamento ottimale. All’interno della mascherina dentale è sempre presente del perossido. In questo caso sarà il paziente a decidere i vari livelli di sbiancamento applicando più o meno volte le mascherine.

In caso di dubbi potete prendere un appuntamento presso uno dei nostri centri convenzionati a Bergamo, Milano, Torino, Ivrea, dove il dentista vi indicherà con precisione il vostro problema.
fonte: DentiPerfetti .com