google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0 SALUTIAMOCI google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0

Alzheimer: in arrivo il rimedio alla perdita della memoria

A rubare la memoria ai malati di Alzheimer è uno strato di 'rugginè che si forma nel cervello. Secondo un gruppo di studiosi australiani dell'università di Melbourne, all'origine della grave forma di demenza senile che colpisce il 10% degli over 60, con numeri in crescita a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, c'è un accumulo di ferro nella materia grigia. Metallo che, a contatto con l'ossigeno, arrugginisce provocando i danni neurologici tipici della malattia degenerativa. La ricerca, in pubblicazione su 'Cell', è firmata dal team del patologo Ashley Bush. Lo scienziato è co-fondatore dell'azienda biotecnologica Prana che sta lavorando allo sviluppo di un nuovo farmaco anti-Alzheimer, per ora denominato con la sigla PBT2 e giunto ai test clinici sull'uomo. Il composto promette di spazzare via la ruggine dal cervello, riparando i tessuti danneggiati. Al momento una speranza per il futuro, perchè serviranno almeno altri tre anni prima che il medicinale possa affacciarsi sul mercato. Lo studio australiano punta il dito contro uno squilibrio tra i livelli di zinco e di ferro nel cervello. Un meccanismo biochimico che vede protagonisti i due metalli, la proteina beta-amiloide (ossia la sostanza che forma le placche responsabili dell'Alzheimer) e il suo precursore App.  In studi precedenti era stato osservato che, nelle placche di proteina beta-amiloide all'origine dell'Alzheimer, si ammucchiano grandi quantità di zinco. Questo metallo agisce sulla proteina App precursore dell'amiloide, una struttura che attraversa la membrana delle cellule cerebrali e ha il compito di espellere il ferro dai neuroni. Gli alti livelli di zinco bloccano questa funzione spazzina dell'App, con il risultato che il ferro 'ristagnà nella materia grigia. A sua volta, l'accumulo di ferro causa uno stress ossidativo che finisce per uccidere i neuroni. La rezione chimica che si verifica nel cervello, precisa Bush, è esattamente quella che porta alla formazione della ruggine sui ferri vecchi di una discarica a cielo aperto: a temperatura ambiente il ferro brucia, cioè si combina con l'ossigeno dell'aria formando il caratteristico strato rossastro. Nel cervello l'Alzheimer ha l'effetto di una catastrofe, afferma Bush. Una catena di eventi in cui è difficile capire quale sia il primo meccanismo a incepparsi. Ma per la prima volta, conclude lo scienziato, questa ricerca fa luce sui processi biochimici che alterano l'equilibrio tra zinco e ferro e portano ai danni neurologici della malattia.

fonte: leggo.it

Farmaco anti-diabete protegge dal cancro al polmone

Finora è stato usato come antidiabetico, ma ora una ricerca americana lo propone come protezione dal cancro al polmone, il più mortale dei tumori. E in più questo farmaco, la metformina, è disponibile come generico. L'annuncio della scoperta, finora verificata attraverso studi sui topi, viene da un articolo sull'ultimo numero della rivista Cancer Prevention Research, ripreso dal quotidiano francese Le Figaro. Secondo lo studio condotto dall'équipe del professor Philip Dennis, dell'Istituto Nazionale contro i tumori di Philadelphia, il 50 per cento dei topi (esposti a sostanze altamente cancerogene) che hanno ricevuto il farmaco per bocca non ha contratto il cancro, percentuale che sale al 72 per cento in caso di iniezioni. Tutti i roditori non trattati, invece, si sono ammalati. La metmorfina, ha ipotizzato Dennis, incide negativamente sul metabolismo delle cellule tumorali, impedendone lo sviluppo. In più il medicinale può essere tranquillamente assunto anche da pazienti non diabetici senza danni per la salute. Tutti questi dati, però, dovranno essere confermati da sperimentazioni su pazienti umani, fase che richiederà certamente degli anni. Se però il risultato dovesse essere positivo, la nuova cura avrebbe grandi vantaggi: il farmaco, infatti, ha pochissimi effetti collaterali, ed è ben conosciuto dai medici. E soprattutto, essendo già in commercio come molecola generica, ha un prezzo molto basso. Un'altra ricerca pubblicata da Cancer Prevention Research ed effettuata da studiosi giapponesi ipotizza che la stessa sostanza possa prevenire anche il tumore del colon, ma lo studio andrà verificato su un numero più ampio di pazienti rispetto ai 23 inizialmente coinvolti.

fonte: leggo.it

Libri Consigliati:
- Mangiare sano con il diabete di Szwillus Marlisa, Fritzsche Doris Ordina su Librisalus.it
- Curare il diabete in 21 giorni di Cousens Gabriel Ordina su Librisalus.it
- Cucina Rapida per chi ha il Diabete di Zanin Patrizia Ordina su Librisalus.it
- Crudo & Semplice (DVD) di Ortner Alex Ordina su Librisalus.it
- Diabete, Le risposte a tutte le vostre domande di Walker Rosemary, Rodgers Jill Ordina su Librisalus.it

Veronesi: virus e batteri contro il Tumore

Il cancro è sempre più una malattia curabile. E per vincerlo possiamo contare su un'inedita alleanza con virus e batteri «che ci aiuteranno in questa battaglia», mentre «saranno gradualmente eliminate le terapie tossiche per il paziente». Possibilità ormai dietro l'angolo. Parola dell'oncologo Umberto Veronesi che, alla vigilia della Conferenza mondiale di Venezia al via domenica prossima, dedicata al tema 'Virus, il nemico invisibile«, indica in una lunga intervista al 'Qn' anche 'la faccia buonà dei microrganismi che più spaventano l'uomo. «Il legame tra virus e alcuni tipi di cancro è sempre più evidente», dice Veronesi, sottolineando però la possibilità di utilizzare virus e batteri in «senso 'buonò, come veicoli delle terapie molecolari». L'oncologo ricorda per esempio le ricerche della sua collaboratrice, Maria Rescigno, arrivate «ad un passo dalla sperimentazione sull'uomo». «L'idea - si legge nell'intervista - è utilizzare il batterio della salmonella per attivare il sistema immunitario malato a reagire contro le cellule tumorali. Partirà a maggio-giugno una sperimentazione per i malati di melanoma allo stadio avanzato ».

fonte: leggo.it

Libri Consigliati:

- Cancro Spa di Pamio Marcello Ordina su Librisalus.it
- La rivoluzione silenziosa della medicina del cancro e dell'aids di Kremer Heinrich Ordina su Librisalus.it
- Guarire dal Cancro di Anderson Mike Ordina su Librisalus.it
- Cancro: l’alleanza terapeutica di Grandi Maurizio, Martinengo Giuseppina Ordina su Librisalus.it
- Come guarire dal cancro e come evitarlo di Belpomme Dominique Ordina su Librisalus.it
- I cibi antiossidanti anticancro di Coy Johannes F., Franz Maren Ordina su Librisalus.it
- Come proteggersi dal cancro con l'alimentazione di Stella Carmela Ordina su Librisalus.it
- Curare con il Calore: la Terapia Dolce dei Tumori di Pontiggia Paolo Ordina su Librisalus.it
- Infiammazioni. I Killer Nascosti di Döll Michaela Ordina su Librisalus.it
- Il Fattore Enzima di Shinya Hiromi Ordina su Librisalus.it
- Viscum Album e cura oncologica di Legnani Walter Ordina su Librisalus.it
- Si fa presto a dire chemio di Rossi Paola Ordina su Librisalus.it
- Introduzione alla Comprensione delle Cinque Leggi Biologiche scoperte dal Dr. Ryke Geerd Hamer di Associazione A.L.B.A. Ordina su Librisalus.it
- Guida alla Risoluzione dei Conflitti a partire dal metodo Hamer di Pizzi Marco, Spreafichi Alessandro Ordina su Librisalus.it

Bisturi contro l'Infertilità maschile

Il bisturi può diventare la chiave che apre la porta alla cicogna: oggi oltre un uomo su tre con azoospermia ostruttiva riesce ad avere una paternità naturale attraverso un intervento in microchirurgia. Lo dice Edoardo Pescatori, coordinatore del Servizio di Andrologia all' Hesperia Hospital di Modena, che cita a supporto uno studio condotto a Ljubljana (Slovenia) su 34 uomini e pubblicato su Reproductive Biomedicine Online. L'azoospermia ostruttiva è la condizione (che riguarda il 15% delle infertilità maschili) secondo cui i testicoli producono spermatozoi di buona qualità, ma essi non riescono a raggiungere l'esterno a causa di ostruzioni. «Oggi sono disponibili diverse tecniche chirurgiche eseguite con microscopio operatore. Hanno tutte il medesimo obiettivo: la soluzione del problema ostruttivo - spiega Pescatori - . Certamente, non tutti i casi si possono risolvere, perchè diversi fattori remano contro, come la sede dell' ostruzione e da quanto tempo è presente. Lo studio però dimostra nero su bianco che con una diagnosi accurata, oggi è possibile nel 34,8% dei casi risolvere il problema con un percorso nobile che ha l'obiettivo di risolvere il motivo dell'infertilità anche in vista di futuri concepimenti spontanei». Ma le speranze di concepire - continua l'andrologo - non devono mancare neppure quando non è possibile risolvere chirurgicamente il problema ostruttivo. A provarlo sono molti lavori clinici. Vale per tutti lo studio appena pubblicato sull' International Journal of Andrology, i cui autori hanno dimostrato la possibilità, con varie tecniche, di recuperare spermatozoi attivi nel 100% dei casi e di effettuare quindi la fecondazione assistita. Non solo: una review uscita su Human Reproduction ha dimostrato che non tutto è perduto neppure in casi estremi come la Sindrome di Klinefelter, forma genetica di azoospermia. I dati, estrapolati dall'analisi di studi pubblicati dal 1980 al 2009, provano che è possibile il recupero di spermatozoi nel 55% dei casi.

fonte: leggo.it

Le donne sono più resistenti degli uomini

Addio al mito del «sesso debole». Le donne sono più resistenti degli uomini e recuperano più in fretta in caso di lesioni, infortuni o emorragie. E tutto grazie agli estrogeni, gli ormoni femminili, i cui recettori sui mitocondri delle cellule aiutano a proteggere il 'gentil sessò dalle lesioni. A sostenerlo è uno studio pubblicato sulla rivista Shock condotto da un gruppo di ricerca del Texas A&M Health Science Center. Ed Childs, coordinatore e prima firma dello studio, ipotizza che il corpo femminile è più capace di rigenerarsi, a fronte di lesioni traumatiche, rispetto a quello maschile, più lento nel recupero. La chiave del successo del recupero veloce nelle donne sarebbero gli estrogeni. Secondo il coordinatore della ricerca, questi ormoni hanno la capacità di proteggere le donne dalle lesioni «ma se si bloccano - afferma Childs - la capacità di recupero diventa come quella degli uomini». Finora, secondo il coordinatore della ricerca, specializzato nel trattamento degli shock emorragici, era nota la 'resistenza' delle donne rispetto agli uomini di fronte ad un trauma ma solo ora ne è stata chiarita la causa.

fonte: leggo.it

Prevenire il Cancro alla prostata con un semplice esame del sangue

Un semplice esame del sangue, eseguibile a basso costo su tutti gli uomini di più di 60 anni potrebbe salvare decine di migliaia di vite identificando chi è più a rischio di contrarre il cancro alla prostata. L'esame, che in Gran Bretagna costerebbe soltanto 10 sterline, aiuterebbe i medici a concentrare le loro già scarse risorse su chi ha le probabilità più alte di contrarre la malattia. L'esame ha già tuttavia incontrato resistenze da parte di chi sostiene che è impossibile fissare una soglia di età certa oltre la quale gli uomini dovrebbero sottoporvisi ed ha sollevato polemiche da parte di chi ritiene che alcuni soggetti, preoccupati senza motivo, potrebbero optare per operazioni chirurgiche prima del tempo. Secondo un nuovo rapporto tuttavia, i 60 anni sarebbero l'età limite oltre la quale sottoporsi al test può eliminare il rischio di contrarre la malattia in forma grave nel 50% dei casi. «La domanda da porsi - ha dichiarato Mark Emberton,esperto di cancro alla prostata dell'University College di Londra - non è »hai il cancro alla prostata« perchè la maggior parte degli uomini ne verranno colpiti. La domanda chiave è »hai un cancro alla prostata grave dal punto di vista clinico. un cancro che avrà un impatto negativo sulla tua vita?«. L'esame misura il livello nel sangue di Psa, una proteina che viene prodotta dalle ghiandole della prostata e dalle cellule tumorali. Il 90% dei decessi per cancro alla prostata si verificano in uomini con un alto tasso di Psa.

fonte: leggo.it

Libri Consigliati:Guarire la Prostata in 90 giorni, senza farmaci o operazioni chirurgiche di Clapp Larry Ordina su Librisalus.it

Cucina Macrobiotica: più che una dieta una filosofia di vita

Macrobiotica deriva da makros e bios, letteralmente lunga, grande vita. Come la quasi totalità delle grandi filosofie proviene dall'oriente, dove è radicata da almeno 5000 anni. Niente di nuovo sotto il sole, ma per noi europei ed il resto del mondo questo tipo di alimentazione è nota dai primi del ‘900 quando George Ohsawa la portò alla ribalta del grande pubblico.
Alimenti base nella cucina macrobiotica sono i cereali, che devono essere non raffinati ed integrali, i grassi, tra i quali sono consentiti il burro di sesamo e l'olio extravergine di oliva (no a burro e margarina), i legumi, la cui acqua di cottura è consigliata come bevanda e le alghe.
Gli alimenti sono classificati in base alla loro componente Yin e Yang. Immaginiamo una scala graduata da 0 a 7, da una parte Yang positivo (da 0 a +7) dall'altra Yin negativo (da 0 a -7), ogni alimento avrà una sua classificazione in base al contenuto Yin e Yang. Sono Yin i cibi a componente acida, ad esempio latte, yogurt, frutta, tè, spezie. Sono invece Yang gli alimenti con componente alcalina, come la carne, il pesce, pollo, uova, sale. Tutto ciò che è agli estremi è dannoso ma può essere utilizzato come "medicina" quando è necessario curare uno squilibrio nella componente opposta. Il concetto è un po' difficile e non facilmente illustrabile in poche righe, per cui si rimanda alle centinaia di pubblicazioni specifiche per un approfondimento più completo.
Occorre evitare tutti i tipi di cibo pesantemente trattati e conservati a livello industriale e le ricette di cucina a base di prodotti troppo lavorati, è necessario utlizzare prodotti quanto più possibile non lavorati e naturali, soprattutto biologici. E' da eliminare tutto quanto dolcificato con zucchero e miele (crostate, torte, ecc), sono da evitare patate, pomodori, melanzane, latte e latticini in genere. E' da preferire il consumo di pesce alla carne ed è sconsigliato l'utilizzo di sale comune e/o spezie a favore del solo sale marino naturale. Un pasto sarà armonico se conterra conterrà il 50% di cereali integrali, il 25% di proteine di cui il 10% di origine animale e il 15% di origine vegetale, il 25% tra verdure (cotte e crude) e frutta. Per gli utensili da cucina sono consigliati il legno per i mestoli ed il bambù per i cestelli per cottura a vapore. Per le pentole e tegami è da utilizzare l'acciaio inossidabile o la terracotta. Da evitare gli utensili in alluminio perché andrebbero a modificare le proprietà ed il gusto dei cibi. Le cotture più indicate sono quella a pressione per cereali e legumi, e quella al vapore per i vegetali, pesce e carne, quelle sconsigliate sono quelle maggiormente elaborate quali sformati, torte salate, sughi grassi ed intingoli vari.

Per maggiori informazioni Dieta-Dimagrante.com

Vaccino anti Aids: a Firenze due importanti ricerche

Intervista col Professor Francesco Mazzotta
Viaggio in uno dei modelli della sanità toscana. Ospedale di Ponte a Niccheri, reparto di Malattie Infettive, dove fra il silenzio dei media si portano avanti due importanti ricerche per sconfiggere il virus dell'hiv.

Professor Mazzotta, abbiamo letto su dei flash d’agenzia che state reclutando persone per sperimentare un candidato vaccino anti-Aids. Detto così sembrava quasi un casting, ma siccome il tema è molto serio ed oggi di Aids se ne parla poco volevamo approfondire…

Eccoci. Partiamo proprio da qui. Ci terrei molto a dire proprio che oggi, l’hiv è una malattia dimenticata!

Ma come se n’è parlato così tanto in passato e anche a sproposito e poco adesso?

Ribadisco che oggi l’hiv è una malattia dimenticata perché passa l’idea che si guarisca, ma non è così. Anzi, sta succedendo che proprio per la scarsità d’informazione oggi ci siano più persone che s’infettano rispetto a qualche anno fa e il fatto più grave è che tante di queste persone nemmeno hanno coscienza di essere sieropositivi. Oggi una persona su due si presenta in ospedale quando ormai è in Aids ed allora è più difficile tamponare.
Prima si facevano più controlli, da noi in ospedale venivano molte più persone a fare i test. C’era più paura è vero, ma c’era anche più consapevolezza quando ad esempio, si azzardava un rapporto a rischio non protetto, almeno le persone si ponevano il problema!
Oggi non è più così. Badi bene che questo è anche un grosso costo sociale perché i farmaci anti hiv in Italia sono garantiti dal sistema sanitario, per cui facendo più prevenzione si può abbattere anche questa voce di spesa. Anche fra di voi della stampa non si trovano più tante persone che si pongano il problema di informare su questa malattia.

Parliamo di vaccini. In questi anni ne saranno stati provati moltissimi immagino?

Sì, ma purtroppo ancora non abbiamo individuato quello giusto. Nessuno si è dimostrato fin’oggi in grado di prevenire o curare l’infezione.

Voi vi state occupando direttamente di vaccini?

Sì, stiamo lavorando su due candidati vaccini. Uno è quello che parte da uno studio nostro e si basa sull’osservazione di un gruppo numeroso di soggetti che si sono esposti per propria volontà all’hiv, sia in Italia che in Africa. Abbiamo osservato alla fine che alcuni di questi soggetti non si sono contagiati. E’stato allora interessante studiare e cercare di capire perché queste persone, pur essendo entrate in contatto diretto col virus, non si fossero infettate.
Quale la loro caratteristica di difesa naturale che gli differenzia dagli altri soggetti? Da questa domanda è partita la nostra ricerca, che è stata finanziata dalla Regione Toscana e siamo arrivati alla deduzione che in questi soggetti c’è una particolare risposta al virus a livello delle vie genitali: nelle donne a livello della vagina e negli uomini a livello dell’uretra. Qui ci sono degli anticorpi, detti di mucosa, che bloccano il virus.
Allora ci siamo chiesti perché questo avvenisse in alcune persone ed in altre no? Così siamo andati avanti cercando di capire se ci fosse qualche gene particolare a determinare questa cosa. Del resto, per assonanza una cosa analoga era capitata in una sperimentazione su dei topolini e lì si era scoperto il gene responsabile del fenomeno. Così la nostra clinica ha operato insieme agli immunologi del professor Clerici di Milano che hanno individuato questa particolare risposta e poi ci siamo appoggiati agli scienziati di genetica dell’Università di Osaka e alla fine siamo riusciti a trovare sull’uomo quel gene che, come sul topo, caratterizza questa risposta immunitaria. Se questo verrà accertato dalla comunità internazionale è chiaro che da quel momento potrà partire una ricerca più mirata per capire come utilizzare questa scoperta. Come creare un vaccino, che attraverso dei preparati da iniettare ad esempio localmente nelle persone che si espongo al rischio d’infezione, si possa stimolare la produzione di quegli anticorpi.
Non è una corsa facile. Ad oggi la nostra scoperta è già stata accertata da una rivista di un certo valore e adesso siamo in attesa della risposta di Nature Medicine. Speriamo vada bene, per noi sarebbe un conforto importante ai nostri studi ed uno stimolo ad andare avanti. Gli scienziati sono entusiasti, ma noi medici siamo sempre più prudenti.
Siamo ad una svolta perché poi da lì , potremmo partire con una sperimentazione che come sa passa attraverso più fasi.

Quanti anni ci vorranno?

Dal momento in cui siamo adesso si può dire dieci/quindici anni, però tutto dipenderà dall’entità dei finanziamenti. Del resto deve sapere che nell’hiv è successa una cosa mai successa prima in medicina. Gli investimenti fatti sui farmaci e la diagnostica hanno portato in tempi brevi a scoperte enormi che hanno avuto grosse ripercussioni su tutta la medicina. Oggi per qualsiasi ricerca ci si rifà sempre ai cosidetti metodi indiretti generati dalla ricerca sull’hiv.
L’hiv in medicina corrisponde più o meno allo sbarco dell’uomo sulla Luna. Un’avvenimento epocale che ha avuto ampie ripercussioni. Se a questo si aggiunge l’entità degli investimenti si può affermare che è stato possibile in pochi anni, portare avanti ricerche che in altri tempi avrebbero richiesto molti più anni.

E l’altro vaccino? Quello di cui state cercando candidati volontari alla sperimentazione?

In questo caso siamo in una fase più avanzata dei lavori. E’ questo il vaccino dell’Istituto Superiore di Sanità della dottoressa Barbara Ensoli che si basa su una proteina che inibisce la replicazione virale. Per questo candidato vaccino è stata già brillantemente superata la fase I (non è tossica) e la fase II (cercare il dosaggio giusto). Ora siamo ad una fase che si chiama II b, ovvero di allargamento di sperimentazione a tre a dieci italiani in tutto. Praticamente si cercano le conferme dei grandi numeri.
Adesso stiamo cercando di individuare chi ha determinati anticorpi per stimolarli. Può sembrare una contraddizione il cercare soggetti che abbiamo già questi anticorpi, detti neutralizzanti, ma se questi sono presenti in persone sieropositive vuol dire che non stanno funzionando.
Probabilmente ne hanno una quantità non sufficiente ed ecco così che il vaccino sarà utilizzato nei sieropositivi per stimolare la produzione di questi anticorpi. In questo caso quindi, il vaccino sarà quindi teraupetico.
Dopo questa prima fase di screening, fra due/tre mesi circa, partiremo con la sperimentazione vera e propria.

Come reclutate queste persone?

Con un numero telefonico dedicato che abbiamo attivato insieme all’Istituto Superiore di Sanità, dove personale specializzato risponderà ai sieropisitivi che vogliono informazioni e prendere poi magari un appuntamento.

Non sarà un vaccino anche preventivo allora?

In questo momenti sono due gli studi in atto. Quello che si svilupperà qui da noi in Italia che gli ha appena illustrato.
Un altro parte invece in Africa e arriverà qui da noi solo in un secondo momento. Si tratterà di stimolare anche su soggetti sieronegativi questa risposta immunitaria per dimostrare che con questa protezione naturale, quando s’incontra il virus hiv non ci s’infetta.
Ecco perché lo studio adesso viene fatto solo in Africa dove, ahimè non c’è accesso ai farmaci e l’unica possibile forma di prevenzione è questa. Anzi, ci tengo a dire che il mio gruppo è stato richiesto dall’Istituto Superiore di Sanità anche per operare in Africa perché qui da noi ci sono molti medici che oltre ad essere bravi sono abituati a gestire, avendoci lavorato anni, anche le relazioni in quel continente.

Professore ci credete molto a questo candidato vaccino?

Come saprete questo progetto della Ensoli è ed è stato molto contestato culturalmente sia adesso che in passato, ma noi ci crediamo molto. Concettualmente l’approccio ci piace. Non so se segneremo il gol, ma sono certo che non sarà aria fritta.

Responsabile della pubblicazione: Nadia Fondelli