google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0 SALUTIAMOCI google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0

Le epatiti: Concetti generali

Quali sono i virus dell'epatite e quali tipi di malattia causano?

I più importanti agenti patogeni responsabili di un'epatite virale sono 5 virus. Questi presentano degli aspetti in comune, ma anche delle differenze importanti. Le seguenti caratteristiche sono comuni a tutti i virus dell'epatite:
Come tutti i virus, possono solo sopravvivere e replicarsi all'interno delle cellule dell'ospite: nel caso dei virus dell'epatite, ciò riguarda soprattutto gli epatociti.
Per lo più non danneggiano direttamente gli epatociti infettati.
Per distruggere il virus infettante, occorre distruggere tutto l'epatocita. Ciò avviene grazie alla risposta immunitaria dell'ospite, o attraverso cellule immuni specifiche, cellule dell'infiammazione e i loro mediatori.

La risposta immunitaria assume pertanto un ruolo critico:

- Se precoce ed efficace, tutte le cellule infettate (e pertanto il virus) saranno eliminate. La persona infettata può anche non accorgersi di nulla. Si formeranno, in questo caso, sostanze tipiche della risposta immunitaria, come gli anticorpi.

- Se la risposta immunitaria è tardiva, l’infiammazione che insorge con la risposta immunitaria può portare a dei sintomi e si può verificare epatite acuta. Questa può portare all’eradicazione dei virus e all’instaurarsi di un’immunità che dura tutta la vita.

Nel caso di almeno due virus dell'epatite, la risposta immunitaria non è sempre così efficace. Si viene a creare un delicato equilibrio tra la moltiplicazione virale e la risposta immunitaria. L'infezione virale può diventare cronica e portare alla deposizione di una cicatrice. Lo spazio disponibile per gli epatociti normali diminuisce, e ciò conduce a una riduzione del loro numero. Al termine di questo processo, si sviluppa la cirrosi epatica. L’infiammazione cronica può emettere segnali che possono portare in ultimo stadio a un tumore del fegato.

Esistono tuttavia delle significative differenze tra i vari virus dell'epatite. Tali differenze riguardano:

- La trasmissione.

- La tendenza a causare un'infezione cronica.

- La facilità diagnostica.

- L’efficacia della terapia medica.

- Le possibilità di produrre un vaccino efficace.

Epatite A

Il virus: L'agente patogeno è il virus dell'epatite A (hepatitis A virus, HAV), un virus a RNA non incapsulato, che appartiene alla famiglia dei Picornaviridae. Ne esistono diversi genotipi e il virus muta: entrambe queste caratteristiche sono di secondaria importanza per la diagnosi, il decorso e la terapia. La trasmissione del virus avviene per via oro-fecale attraverso acqua non trattata, cibo contaminato e persone infettate.

Decorso dell'infezione: Nei bambini, il decorso dell'infezione è per lo più asintomatico (meno del 5% sviluppa un’epatite acuta). Negli adulti, l'epatite acuta si verifica nel 50-70% degli individui infettati.

L'infezione è sempre autolimitante, in quanto non diviene mai cronica e conferisce sempre un'immunità che dura per tutta la vita.

Diagnosi: La determinazione degli anticorpi contro l'epatite A permette di distinguere un'infezione recente (anti-HAV della classe IgM) da una pregressa (solo anti-HAV della classe IgG).

Incidenza: Le dichiarazioni obbligatorie sull’epatite A (relazioni inviate dai medici e dai laboratori dell'Ufficio Federale della Sanità Pubblica, UFSP) mostrano una diminuzione dei nuovi casi per anno da 600-950 nel periodo 1988-1991 ai 250-350 durante il periodo 1996-1999.

Nel passato, la maggior parte delle persone che contraeva l’epatite A aveva un’età compresa tra i 15 e i 29 anni, mentre oggi l’età maggiormente interessata è compresa tra i 5 e i 14 anni.
La ragione di ciò è dovuta soprattutto alla diminuzione dei tossicomani per via endovenosa (che rappresentavano il principale gruppo negli anni 1990/91).
C'è stato un aumento temporaneo dei casi negli anni 1994/95 soprattutto tra i figli di immigrati di età compresa tra i 4 e i 15 anni (un aumento dovuto a viaggi nel Paese natale).
L'incidenza tra le persone che viaggiano nei Paesi ad alto rischio è diminuita di poco: per tale motivo si parla ancora oggi di epatite del viaggiatore.
Poiché solo una parte delle persone infettate sviluppa sintomi durante la fase acuta, si ritiene che il numero reale delle nuove infezioni per anno di epatite acuta A sia superiore di circa 2-4 volte a quello dei casi dichiarati.

Trattamento: Non esiste alcun trattamento medico o antivirale approvato.

Vaccinazione: La vaccinazione contro l'epatite A introdotta nel 1996 e quella combinata contro l'epatite A e B introdotta nel 1997 si sono dimostrate altamente efficaci e sicure. Chi risponde alla vaccinazione è protetto.

Misure di igiene: È necessario evitare il contatto con le feci infette. Il rischio esiste soprattutto all'estero, nei Paesi in via di sviluppo: occorre bere solo da bottiglie sigillate, evitare cubetti di ghiaccio e gelati, mangiare solo frutta sbucciata personalmente, e fare attenzione quando si mangiano insalate e frutti di mare. In linea generale, si applica il principio seguente: lavarsi le mani con il sapone più spesso di quanto non si farebbe a casa propria, soprattutto dopo ogni volta che si è fatto utilizzo dei servizi igienici.
Epatite B
Il virus: L'agente patogeno è il virus dell'epatite B (hepatitis B virus, HBV). Questo è un virus a DNA circolare a doppia elica incompleta, incapsulato. Appartiene alla famiglia degli Hepadnaviridae. Esistono differenti genotipi e il virus muta: entrambe queste caratteristiche sono di secondaria importanza per la diagnosi ma ne stanno assumendo una sempre più elevata nella gestione e nel trattamento della malattia. Dopo anni di infezione persistente, il genoma virale può integrarsi nel genoma dell'ospite, una tappa considerata critica per lo sviluppo di carcinoma del fegato.
La trasmissione del virus avviene prevalentemente attraverso il sangue infetto, con rapporti sessuali non protetti, l'uso in comune di aghi in caso di tossicomania endovenosa, e per via materno-fetale, eccezionalmente attraverso le trasfusioni di sangue.

Decorso dell'infezione: Il decorso dell'infezione è variabile, e dipende dall'età della persona infettata, sia per ciò che concerne i sintomi sia per ciò che riguarda la tendenza a produrre un'infezione cronica (con tutte le conseguenze che ciò implica):
L'infezione dei neonati (trasmessa dalla madre) e dei bambini conduce raramente a una epatite acuta sintomatica, ma diventa cronica nel 70-90% dei casi.
L'infezione dei giovani e degli adulti causa un'epatite acuta nel 20-50% dei casi ma diventa cronica solo nel 5-10% (a prescindere dal fatto che abbia avuto luogo o meno un episodio acuto sintomatico della malattia).
Dopo un'infezione cronica della durata di molti anni, nel 10-40% dei casi si può sviluppare cirrosi e, in un momento successivo della vita, anche il carcinoma del fegato.

Diagnosi: È possibile differenziare l'infezione acuta da quella cronica, così come lo stato di immunità.
Ci sono 7 test di laboratorio che rivelano la presenza di 3 anticorpi:

- Anti-HBs (immunità).

- Anti-HBe (decorso dell'infezione).

- Anti-HBc (tipo IgG, marcatore di infezione; tipo IgM, segno precoce di nuova infezione o di riattivazione nella fase di infezione cronica).

Così come la determinazione degli antigeni virali:

- Antigene HBs (infezione esistente).

- Antigene HBe (replicazione del virus).

E la determinazione del genoma virale:

- HBV DNA (replicazione del virus).

Incidenza: I rapporti dell’Ufficio Federale della Sanità Pubblica (UFSP) riguardo l’epatite B mostrano una diminuzione da 350-500 casi all'anno durante il periodo 1988-1995 a 200-250 casi durante gli anni 1996-1999. Poiché non tutte le infezioni sono accompagnate da sintomi, il numero dei nuovi casi annuali è sicuramente più elevato.
La maggior parte delle persone infettate ha un'età compresa tra 15 e 29 anni.
La diminuzione del numero di infezioni è dovuta essenzialmente alla diminuzione dei tossicomani per via endovenosa (in precedenza più del 50%, nel 1999 erano ancora il 16%).
Il gruppo a rischio più importante è oggi rappresentato dai soggetti che hanno rapporti sessuali non protetti con partner multipli (sia etero- che omosessuali).
Si calcola che in Svizzera circa 20.000 persone siano cronicamente infettate, di cui una larga maggioranza non presenta alcun sintomo. Tuttavia, molti presentano epatite cronica, cirrosi epatica e carcinoma del fegato.

Trattamento: Esiste un trattamento antivirale approvato a base di interferone alfa peghilato della durata di un anno, grazie al quale si ottiene una immunoclearance (sieroconversione di HbeAg/anti-Hbe) nel 40% circa dei casi e, conseguentemente, una “guarigione”. Di preferenza, il trattamento dovrebbe iniziare prima di arrivare alla fase di cirrosi. Come alternativa, si possono usare la lamivudina e la telbivudina, due analoghi nucleosidici inibitori della trascrittasi inversa. I rischi, incluso lo sviluppo di resistenza, devono essere attentamente valutati. In caso di resistenza, in Svizzera sono disponibili due ulteriori antivirali, l’adefovir dipivoxil e l’entecavir. Altri farmaci sono in fase sperimentale. In caso di cirrosi avanzata, si può procedere con successo al trapianto epatico, attuando successivamente per tutta la vita la prevenzione di recidive attraverso il trattamento farmacologico.

Vaccinazione: La vaccinazione contro l'epatite B è altamente efficace e sicura (sono necessarie 3 iniezioni).

Nel 1981 si iniziò a Zurigo – con un'iniziativa pionieristica a livello mondiale – la vaccinazione delle persone ad alto rischio (personale medico, tossicomani per via endovenosa, persone con attività sessuale a rischio, ecc.). Le persone così vaccinate risultarono protette. Poiché tuttavia – con l'eccezione del personale medico – si poté vaccinare solo una piccola percentuale dei soggetti a rischio, la vaccinazione ebbe un impatto epidemiologico marginale. Tale fenomeno è stato osservato in tutto il mondo. Pertanto, l'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandò nel 1991, e più recentemente nel 1997, di implementare la vaccinazione universale di tutti i neonati e dei bambini in età scolare.
A partire dal 1998 si raccomanda la vaccinazione contro l'epatite B a tutti gli adolescenti di 11-15 anni nonché a tutti i soggetti a rischio di infezione.
Di recente, è stato approvato un vaccino combinato che conferisce protezione contro l'epatite A e B, ma sono stati resi disponibili anche vaccini combinati contro l'epatite B con altri patogeni.

Screening dei donatori di sangue: A partire dal 1980 tutte le donazioni di sangue e i prodotti emoderivati sono testati per la presenza di HBsAg. Il rischio attuale di epatite B post-trasfusionale è teorico.

Screening durante la gravidanza: In Svizzera, a partire dal 1985 – su base limitata – e dal 1996 – in modo generalizzato – si raccomandano sia lo screening per l'HBsAg (in casi speciali anche per l'anti-HBc) di tutte le donne in gravidanza e l'immediata vaccinazione (e immunizzazione passiva) dei neonati nel caso in cui la madre risultasse infetta.

Misure di igiene: Si raccomanda di praticare il cosiddetto sesso sicuro (come per la prevenzione dell'infezione da HIV) e di evitare iniezioni potenzialmente pericolose come spesso avviene con le droghe illegali dove si utilizza uno stesso ago più volte. Evitare il contatto con strumenti taglienti o aghi che potrebbero non essere sterilizzati in modo appropriato, come quelli utilizzati per interventi di chirurgia estetica, tatuaggi, piercing e in particolare strumenti utilizzati per procedure in cui vengono iniettate varie sostanze nel corpo in condizioni igieniche dubbie.

Epatite D

Questo virus è un parassita. Si può moltiplicare soltanto se utilizza la membrana del virus dell’epatite B e conseguentemente può esistere solo in presenza del virus dell’epatite B. La vaccinazione contro l'epatite B protegge anche contro l'epatite D. Questa malattia è rara in Svizzera.

Epatite C

Il virus: Il virus dell'epatite C (hepatitis C virus, HCV) è un virus a RNA incapsulato, e appartiene al genere Flaviviridae. Esistono 6 genotipi di HCV e numerose decine di sottotipi. I genotipi non rivestono particolare importanza per ciò che concerne la progressione della malattia epatica, ma sono importanti per stabilire il tipo di trattamento e il successo del trattamento stesso.
La trasmissione del virus avviene per mezzo del sangue infetto, soprattutto attraverso l'uso in comune di aghi in caso di tossicomania per via endovenosa, più raramente per mezzo di rapporti sessuali e per via perinatale. La trasmissione in occasione di trasfusioni di sangue è divenuta eccezionale grazie all’introduzione obbligatoria del test di screening anti-HCV presso le banche del sangue svizzere nel 1990 e della tecnica PCR altamente sensibile nel 1999.

Decorso dell'infezione: L'infezione da HCV conduce raramente a un'epatite acuta sintomatica (nel 10-20% dei casi); ciò significa che per lo più non viene diagnosticata (in termini clinici è detta silente). Tuttavia, l'infezione da HCV diventa cronica nella maggior parte dei casi (70-80%). Questa infezione è accompagnata da un'epatite cronica, che può condurre, dopo molti anni o anche decenni (nel 5-30% dei casi) a cirrosi e carcinoma del fegato.

Diagnosi: Fino a poco tempo fa, la diagnosi era limitata alla misurazione degli anticorpi, senza poter distinguere tra un’infezione in atto e una guarita (immunità). Ora si può anche determinare il genoma virale (HCV RNA) nel sangue e misurarne la concentrazione, sebbene si tratti di una metodica complessa e costosa.

Incidenza: Le dichiarazioni obbligatorie inviate all'Ufficio Federale della Sanità Pubblica mostrano che, dal 1992, il numero di casi dichiarati di epatite acuta C è rimasto stazionario intorno ai 50-65 casi all'anno, perché l'epatite acuta C raramente viene diagnosticata soprattutto a causa della mancanza di sintomi. Il numero reale di nuovi casi è sicuramente più elevato.
A partire dagli anni Ottanta, le nuove infezioni riguardano in gran parte tossicomani per via endovenosa (circa il 60-80% dei casi). D'altro canto, vi sono numerosi casi di pazienti con epatite cronica C che si sono infettati molti anni or sono, per esempio a seguito di trasfusioni prima dell'introduzione dei test di screening. L'infezione da HCV rende conto della vasta maggioranza dei casi di quella che in precedenza veniva chiamata epatite non-A/non-B.

Infezione cronica: Poiché l’infezione da HCV è per lo più asintomatica, e poiché rimane tale per anni o decenni, solo una parte dei pazienti con tale infezione ne sono consapevoli: ciò significa circa la metà delle 50.000–70.000 persone infettate.

Trattamento: È stato approvato un trattamento antivirale, consistente nell'associazione di interferone peghilato (interferone PEG) e ribavirina per 6 mesi (genotipi 2 e 3) o 12 mesi (genotipi 1 e 4). Con questo trattamento si arrivano a curare il 50% circa dei pazienti con genotipo 1 e 4, e più del 80% dei casi con genotipo 2 e 3. Questi due farmaci presentano numerose controindicazioni ed effetti collaterali. Ancora una volta, è preferibile iniziare il trattamento tempestivamente, di preferenza prima di arrivare alla fase di cirrosi. Il polietilenglicole (PEG, da cui "peghilato") unito all'interferone ne rallenta l'eradicazione, per cui gli interferoni peghilati devono essere somministrati una volta alla settimana, pur mantenendo un'accresciuta attività antivirale rispetto all'interferone standard. In caso di cirrosi avanzata, è oggi possibile ricorrere con successo al trapianto epatico, nel qual caso è comunque necessaria la prevenzione di recidive attraverso un trattamento farmacologico per tutta la vita.

Vaccinazione: Per il momento non c'è alcun vaccino, e prima che ve ne sia uno disponibile dovranno passare diversi anni.

Misure di igiene: Poiché la maggior parte delle infezioni sono causate dall'uso in comune di oggetti contaminati da sangue, occorrerebbe evitare il contatto con aghi, strumenti acuminati e altri oggetti taglienti potenzialmente infetti. Ciò è valido soprattutto per i tossicomani per via endovenosa, e anche per coloro che si sottopongono a tatuaggi, piercing e procedure mediche invasive eseguite in maniera non professionale e/o in condizioni igieniche dubbie. Le misure di prevenzione più importanti sono i programmi di distribuzione di siringhe e tutte quelle misure per evitare l'utilizzo di strumenti già usati in precedenza per la preparazione di droghe, come avviene nelle comunità di tossicodipendenti. Tali programmi sono disponibili praticamente in tutta la Svizzera. Tuttavia, rimane molto lavoro da fare.

Epatite E

L'agente patogeno è il virus dell'epatite E, che si comporta come l'HAV e produce delle manifestazioni cliniche simili. È trasmesso per via oro-fecale e può causare un'epatite acuta. L'infezione, tuttavia, non diviene mai cronica. Negli ultimi anni ci sono state varie epidemie in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo che hanno interessato migliaia di persone. In Svizzera l'epatite E è molto rara.

Ulteriori informazioni

Circa l'80-90% dei casi dichiarati di epatite acuta e cronica sono attualmente causati dai virus conosciuti e descritti sopra. Pertanto, è in corso un considerevole sforzo da parte dei ricercatori di tutto il mondo per identificare nuovi virus dell'epatite. Ogni 1-2 anni si scopre un nuovo virus: tuttavia, nella maggior parte dei casi si tratta di falsi allarmi. Alcuni di questi virus, che sono stati scoperti di recente ma che sono di poca importanza, sono:

GBV-C: isolato in un chirurgo, tale virus infetta soprattutto gli epatociti ma non causa alcuna malattia o una malattia molto lieve.

TT-virus, SANBAN-virus, TTV-like minivirus, SEN virus, Sentinel virus (tutti appartenenti alla stessa famiglia di virus). Essi colpiscono anche gli epatociti ma non causano alcuna malattia o ne causano una molto lieve.

A chi posso rivolgermi per ottenere delle informazioni utili alla mia professione?

Presso il medico curante

Presso gli ospedali specializzati in malattie del fegato. Questi sono gli Ospedali Universitari di Basilea (Divisione di Gastroenterologia), Berna (Istituto di Clinica Farmacologica), Ginevra (Servizio di Gastroenterologia e di Epatologia), Losanna (Divisione di Gastroenterologia) e Zurigo (Divisione di Gastroenterologia e di Epatologia) e inoltre alcuni ospedali locali come l’Ospedale Cantonale di San Gallo, la Clinica Moncucco di Lugano e l'Hôpital Pourtalès di Neuchâtel

Ulteriori informazioni possono essere ottenute presso:

Segreteria del SEVHep (Swiss Experts in Viral Hepatitis),

Servizio di Gastroenterologia e di Epatologia, Ospedale Cantonale, Ginevra, tel. 022.3729340, fax 022.3729366, e-mail: Francesco.Negro@hcuge.ch

Questa stessa home page: http://www.sevhep.ch/

Homepage della SASL (Associazione Svizzera per lo Studio del Fegato, Swiss Association for the Study of the Liver): http://www.sasl.ch/

Organizzazioni di pazienti

Help C (per la Svizzera germanofona), Casella Postale 24, 8956

Killwangen, tel. 056.4011379, fax 056.4011342, e-mail zutter.helpcdch@swissonline.ch  oppure sul sito internet http://www.hepatitis-info.ch/helpcframe.html

SOS Hépatites (Svizzera francofona), La Maison des Associations, 15 rue des Savoises, 1205 Ginevra, tel. 022.7313021, fax 022.7313271, e-mail soshepatites-ge@bluewin.ch  oppure sul sito internet http://www.soshepatites.ch/

o La brochure «Epatite C – 50 domande e risposte» che può essere richiesta tramite HepInfo (Postfach 4018 Basel, tel +41 61 338 92 02, fax 41 61 338 92 01, e-mail hepinfo@lyssy.ch  oppure http://www.hepatitis-info.ch/ ) o l’ufficio SEVHep

Cosa devono sapere le persone infettate?

È importante essere informati e ascoltare i consigli. La decisione di seguire un trattamento è strettamente personale e deve essere presa dopo aver parlato col proprio medico.

Ecco alcuni punti importanti:

Se la malattia non è a uno stadio avanzato, si può condurre una vita normale.

Alimentazione: Si può mangiare di tutto, ma si deve limitare al massimo il consumo di alcolici e lo si deve assolutamente evitare in caso di epatite cronica C.

Attività fisica: Non esistono praticamente limitazioni per attività sportive e professionali.

Si può viaggiare, baciare e avere rapporti sessuali, purché si rispettino alcune regole.

La gravidanza è possibile, dopo avere preso alcune misure.

Cosa deve sapere chi è a contatto con le persone affette da epatite?

Le persone con epatite meritano amore e assistenza. Si può vivere assieme a loro una vita normale senza limitazioni.

L’epatite non è contagiosa purché si prendano alcune precauzioni:

Pazienti con epatite A: Ci si devono lavare le mani dopo aver prestato loro assistenza e dopo uno stretto contatto fisico.

Pazienti con epatite B: Chi vive nella stessa casa o ha contatti sessuali con loro deve vaccinarsi contro l’epatite B.

Pazienti o persone infettate con epatite B e C: Si deve prestare molta attenzione quando si fasciano ferite sanguinanti o si pratica sesso sicuro (specialmente con l’epatite B).

Come possono evitare l’epatite le persone sane?

Evitare situazioni a rischio:

Non usare droghe da iniettare; se non lo si può evitare, utilizzare solo aghi puliti (non scambiarsi gli aghi).

Praticare sesso sicuro (questo vale in qualsiasi caso per l’HIV), specialmente se si hanno diversi partner.

Non rivolgersi a centri con pratiche igieniche discutibili per iniezioni, tatuaggi, piercing, ecc...

Vaccinazioni:

Contro l’epatite A: se si fanno viaggi nei Paesi in via di sviluppo.

Contro l’epatite B:

Neonati con madri infettate.

Ragazzini/e dagli 11 ai 15 anni.

Persone ad alto rischio.

Contro l’epatite A e B: In caso di frequenti viaggi nei Paesi in via di sviluppo o viaggi della durata superiore a un mese.

Fino a che punto le vaccinazioni sono efficaci?

Le vaccinazioni contro l’epatite A e B sono tra le più efficaci e sicure. Con ciascuna di esse si possono verificare effetti collaterali come arrossamento e gonfiore cutaneo. Per la vaccinazione contro l’epatite B sono necessarie 3 iniezioni, 2 per la vaccinazione contro l’epatite A e 3 per l’associazione dell’epatite A e B.

Queste vaccinazioni conferiscono una protezione che dura decine di anni. L’affermazione che esse possano scatenare la sclerosi multipla e altre malattie è stata irrefutabilmente comprovata come falsa.

La vaccinazione non può essere sostituita da prodotti che richiamano l’immunità, indipendentemente dal tipo di prodotti.


Epatite B: Cause, Conseguenze e Prevenzione

Opuscolo della Commissione Federale per le Vaccinazioni Svizzera, Ufficio Federale della Sanità Pubblica, sulle cause, le conseguenze e i rimedi, in particolare preventivi, dell'Epatite B.

guarda l'Opuscolo

Biopsia epatica: Cosa occorre sapere per una buona preparazione

Opuscolo con tutte le informazioni per una buona preparazione all'esecuzione della biopsia del fegato.

Consulta l'opuscolo

Epatite C: domande più frequenti

Ebook del Dr. Beat Helbling con tutte le domande e le risposte riguardanti l'Epatite C redatte dai migliori specialisti nel campo delle malattie epatiche di origine virale


I segreti della Vitamina B3

La vitamina B3, solubile in acqua, è nota anche con il nome di niacina o vitamina PP per la sua azione contro la pellagra ("pellagra preventive factor"), una malattia un tempo molto diffusa causata dalla sua carenza.

È tra i componenti di due coenzimi (NAD e NADP) fondamentali nelle reazioni di ossidoriduzione che avvengono nel nostro metabolismo. La vitamina B3 è essenziale per il regolare funzionamento del sistema nervoso.

Fonti alimentari

Le maggiori fonti naturali di vitamina B3 sono le arachidi, la carne bianca (specie il tacchino), il vitello, il fegato di manzo, il salmone, il tonno, il pesce spada e il lievito di birra. È una delle vitamine più stabili: non teme infatti l'ossigeno, il calore e la luce.

Attività

La vitamina B3 è necessaria per la respirazione cellulare, aiuta nella liberazione di energia e il metabolismo dei carboidrati, grassi e proteine, una buona circolazione e la salute della pelle, il funzionamento del sistema nervoso, e la normale secrezione di fluidi biliari e dello stomaco.
Potenzia la memoria e sembra essere anche efficace nel trattamento di ansia. La niacina è anche efficace nel migliorare la circolazione e ridurre i livelli di colesterolo nel sangue.

Carenza

Numerosi i sintomi che possono indicare una carenza di vitamina B3, dalla perdita del tono muscolare alla cattiva digestione ai disturbi cutanei.
Anche problemi alle gengive e alla lingua, insieme con mal di testa ricorrente, nausea e irritabilità possono essere associati a un insufficiente apporto di vitamina B3.
La carenza grave di vitamina B3 (oggi molto rara nei paesi occidentali) provoca la pellagra, una malattia caratterizzata da lesioni all'apparato digerente (uno dei sintomi è la diarrea), lesioni alla cute e al sistema nervoso centrale.

Sovradosaggio

Ad alte dosi, può risultare tossica. I principali effetti collaterali che si possono verificare sono quelli vasodilatatori con comparsa di ipotensione e vampate, eritema, prurito, dolore epigastrico, nausea, mal di testa e diarrea.
Si sono anche avuti casi di alterazione delle transaminasi ed epatotossicità.

Dosi consigliate

Secondo gli esperti, il fabbisogno giornaliero di vitamina B3 che un adulto dovrebbe assumere è pari a 14 mg per le femmine (da 11 anni) e 18 mg per i maschi (da 14 anni).
Alcuni autori suggeriscono un maggiore apporto di vitamina B3 per chi soffre di disfunzioni del metabolismo o di ipotiroidismo, a chi deve affrontare pesanti attività fisiche e a chi è affetto da malattie croniche come cirrosi epatica, insufficienza del pancreas e diabete.


Invecchiare meglio con le Vitamine e i Minerali

Di fatto, una dieta equilibrata, ben bilanciata e varia aiuta a mantenersi in buona salute, favorendo così la prima e più importante condizione utile per contrastare la progressiva perdita dell’efficienza psicofisica.
Ma l’alimentazione da sola spesso non basta a coprire il fabbisogno vitaminico, in particolare relativo al complesso B. È infatti risaputo che già a partire dai 50-55 anni d’età possono instaurarsi condizioni di deficit di nutrienti importanti.
Le cause più comuni sono un’alimentazione scorretta che, specie nei più anziani, tende ad essere monotona o comunque sbilanciata (per esempio, pochi vegetali e molti latticini), la tendenza ad affrontare diete dimagranti “fai da te”, di norma non adeguate dal punto di vista nutrizionale, i problemi di dentatura e, quindi, di masticazione, la fisiologica diminuzione dell’olfatto, del gusto e della capacità di assorbimento dei principi nutritivi.
Inoltre è dimostrato che, comunque, nella terza età si verifica una carenza di vitamine B2, B3, B5 a livello cutaneo. Carenza che comporta la perdita dell’elasticità della pelle, con comparsa di ruvidità, associata a una maggiore vulnerabilità nei confronti delle dermatiti e più nello specifico di afte e stomatiti.
Nutrienti che non devono mancare, specie dopo i 50 anni sono:
  • la vitamina C, che svolge azione antiossidante e antinvecchiamento, ed è indispensabile nella formazione del collagene
  • il calcio, uno degli elementi indispensabili per prevenire l’osteoporosi, a cui sono più soggette le donne dopo la menopausa, e spesso non introdotto in quantitativi adeguati;
  • il magnesio, utile a contrastare crampi muscolari, mal di testa e irritabilità;
  • lo zinco, che gioca tra l’altro un ruolo sinergico al complesso B nell’ambito metabolico.
 La disponibilità di integratori che riuniscono tutti questi componenti può essere pertanto di notevole utilità nel prevenire eventuali deficit, con le relative implicazioni sul piano della salute e del benessere psicofisico.
 Le vitamine del gruppo B sotto la lente
A partire dai 50 anni di età può dunque rivelarsi utile assumere supplementi vitaminici, in particolare di vitamine B, perché eventuali carenze a carico di un organismo che sta andando incontro a fisiologiche alterazioni funzionali potrebbero rendere meno resistenti nei confronti delle malattie, minacciando così quel favorevole stato di salute che rallenta i processi d’invecchiamento.
 In generale, il supplemento di vitamine B è essenziale perché ciascuna di queste sostanze agisce come regolatore delle funzioni organiche, contribuendo anche alla sintesi enzimatica (in particolare la B1, la B2, la B3, la B5).
Ma non solo. Sono necessarie sia per i meccanismi di assimilazione, trasformazione, smaltimento di zuccheri, proteine e grassi, sia per il metabolismo speciale degli organi e degli apparati, a cui assicurano il buon funzionamento.
 Ecco una sintesi delle loro principali funzioni.
- B1 e B2 riequilibrano la flora batterica intestinale, risolvono i problemi digestivi, correggono il cattivo assorbimento delle sostanze nutritive. Con la B6 partecipano alla formazioni di enzimi, proteine e acidi nucleici, favorendo la rigenerazione epatica.
- B1, B2, B3, in caso di deficit, provocano edemi e disfunzioni gastrointestinali. La B2 stimola la biosintesi di coenzimi attivi nelle reazioni ossidoriduttive, che sono una difesa contro i radicali liberi.
- B1, B3, B6 sono indicate per la prevenzione delle polinevriti. partecipano alla sintesi dei neurotrasmettitori responsabili della memoria, dell’attenzione della concentrazione, del comportamento, della labilità emotiva.
- B3, B5, B6, sono utili per la prevenzione dell’invecchiamento vascolare, cardiovascolare e cerebrale, e quindi sono protettivi nei confronti di ictus e infarto?from_article=true">infarto.
Contribuiscono inoltre a proteggere da arteriosclerosi. Un’azione importantissima visto che è dimostrato che l’invecchiamento vascolare accelera sensibilmente tutti gli altri processi d’invecchiamento.
- PP (B3) riduce colesterolo e trigliceridi, che con il passare degli anni si depositano all’interno delle arterie. Possiede anche proprietà vasodilatatorie, quindi aumenta il flusso sanguigno e l’apporto di ossigeno in tutti i distretti del corpo, cuore e cervello compresi. Favorisce inoltre l’aspetto sano della pelle, sia perché ha un effetto vasodilatatore, sia perché interviene nella produzione di ormoni sessuali.
-  B2 e B5, infine, stimolano la riparazione cellulare, in particolare la B5 favorisce la cicatrizzazione delle ferite.
Il ruolo nelle difese immunitarie
Una delle tante ipotesi formulate per spiegare i processi di invecchiamento è quella immunitaria. Con il passare degli anni il sistema di difesa naturale dell’organismo perde gran parte della sua efficienza.
Ma c’è di più: dopo i 50 anni inizia a fabbricare anticorpi che agiscono danneggiando gli organi e i tessuti dell’organismo stesso: si instaura cioè una sorta di meccanismo di autodistruzione.
Le vitamine B5 e B6 sono utilissime per supportare il corretto lavoro del sistema immunitario. Le vitamine B1, B2, B6 e PABA partecipano alla sintesi e alla stabilità degli acidi nucleici (DNA e RNA) da cui dipende la buona salute e la duplice possibilità di prolungare la vita attiva e rallentare l’invecchiamento.
Fondamentale per il sistema immunitario è anche lo zinco.
Piercarlo Salari
 

Cos'è la crosta lattea?

La crosta lattea o per meglio dire la dermatite seborroica, è un disturbo molto comune nei lattanti, dovuto ad un'eccessiva secrezione di sebo, cioè una sostanza grassa che viene emessa da alcune ghiandole della pelle.

E’ così chiamata perché si manifesta quando il bambino non è stato ancora svezzato ma è ancora nutrito unicamente con il latte. Può manifestarsi fin dalle prime settimane di vita, e di norma guarisce alla fine del terzo mese, ma può anche insorgere verso l’undicesimo anno di età.
Si presenta con un arrossamento della cute accompagnato da piccole squame unte e gialle:può presentarsi oltre che sul capo anche sulla fronte e sulle sopracciglia. In alcuni casi, le lesioni possono estendersi anche nella zona dietro i padiglioni auricolari, alle guance e alle zone intorno al naso. Spesso sono colpite le regioni ascellari, le pieghe inguinali ed il collo.
La causa dell’eccessiva stimolazione delle ghiandole sebacee non sono ancora del tutto chiare: si è parlato di alterazioni di tipo ormonale, ossia gli ormoni materni che passati nel sangue del bambino durante la vita fetale, persistono fino al terzo/quarto mese; secondo altri pareri, la causa sarebbe da ricercare in un fungo che si trova normalmente sulla pelle; infine secondo altri, la crosta lattea potrebbe essere correlata all’allattamento materno od a particolari alimenti assunti dalla mamma che allatta al seno.
Occorre ricordare che la crosta lattea non è una patologia grave, viene tollerata bene dal lattante e si risolve anche senza particolari trattamenti.
La guarigione viene facilitata con alcuni accorgimenti atti ad eliminare le squame presenti e prevenire la formazione di nuove. La prima cosa da fare è lavare la testa del bambino ogni due giorni con sostanze oleose in modo da non irritare ulteriormente la cute già delicata. Sul cuoio capelluto bisogna passare dei prodotti emollienti specifici per la crosta lattea in vendita in farmacia che, fluidificano il sebo e, ammorbidendo le croste, ne facilitano il distacco.
Si ricorda che, data la presenza della fontanella cranica non ancora chiusa, tutte queste operazioni vanno fatte con la dovuta cautela: si sconsiglia vivamente di evitare di esercitare pressioni sul capo del bambino e soprattutto di usare le unghie per sollevare le croste. Per rimuovere le croste è consigliabile, una volta applicato l'olio, passare delicatamente un pettinino a denti fitti tamponando poi con un panno. In casi molto gravi può essere consigliato anche il ricorso a pomate o creme cortisoniche, che devono essere, comunque, sempre prescritte dal pediatra.
E' necessario rivolgersi al medico se le squamette si diffondono o iniziano a produrre un siero giallo.

pubblicato da Imma Manna

Tumore: l'importanza di una corretta riabilitazione

In Italia vivono oltre un milione e 700 mila pazienti a cui è stato diagnosticato un tumore, con un incremento annuo di 250.000 nuovi casi (un numero in crescita visto che nel 1970 i nuovi casi di tumore erano meno di 120.000).

Fortunatamente, oltre al numero di malati nel tempo è cresciuto anche il numero di persone che riescono a guarire: il 50% dei pazienti, grazie ai tanti passi in avanti compiuti dalla ricerca, oggi può tornare alla propria vita, spesso anche senza conseguenze invalidanti.

Il tumore, proprio per il gran numero di persone che lo ha dovuto affrontare, rappresenta una patologia ad elevato impatto sociale: sono tantissimi i pazienti che convivono con la propria neoplasia, riportando importanti conseguenze di carattere psicologico e relazionale.

Le associazioni di volontariato oncologico chiedono un impegno maggiore nella riabilitazione dei pazienti, perché la mancanza di corretti percorsi riabilitativi va ritenuta come un diritto negato.

La riabilitazione oncologica deve aiutare le tante persone che hanno vissuto l’esperienza di un tumore a recuperare la propri autonomia fisica e psicologica, migliorando il più possibile la qualità della vita.

Diagnosi, terapia (chirurgia, radioterapia, chemioterapia, farmaci biologici), ricaduta e progressione, cure palliative: ognuna di queste fasi della malattia comporta delle specifiche problematiche che vanno riconosciute e analizzate.

Durante la fase di riabilitazione il paziente fa i conti con nuovi bisogni legati all’immagine corporea, alla nutrizione, alla sessualità, alla possibilità di procreare, di contrastare il deterioramento cognitivo legato a certe terapie e di progettare il proprio futuro.

Questa è la sfida che si gioca oggi nel campo della riabilitazione oncologica. La FAVO (federazione delle associazioni di volontariato oncologico) sta premendo perché la «riabilitazione oncologica» venga inserita nei livelli essenziali di assistenza da garantire a tutti i cittadini, ed ha presentato il primo “Libro bianco sulla riabilitazione oncologica” che contiene i risultati di un’indagine condotta in molte strutture ospedaliere esistenti in Italia (è possibile richiederlo gratuitamente via mail a info@favo.it)

Anche i medici concordano con questo nuovo approccio: «l' efficacia di buona parte della ginecologia oncologica, che riguarda patologie dell' utero, della vagina e dell' ovaio - sottolinea il Presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia Giorgio Vittori - è spesso legata alla radicalità dell' intervento che può compromettere la funzione dell' organo. Questo fa sì che l' aspetto riabilitativo sia fondamentale per consentire alla paziente la miglior qualità di vita possibile. Da ginecologo inoltre auspico che si possa presto arrivare a considerare una riabilitazione di genere considerando la peculiarità biologica e sociale delle donne».

Inoltre ai pazienti oncologici va fornita un’informazione più mirata perché sono in pochi a conoscere e sfruttare tutti i benefici previsti dalle leggi in vigore (per informazioni: visitare la sezione dedicata ai diritti dei malati presenti sul sito web: http://www.aimac.it/).
pubblicato da:

di Farman & C. snc